Misure sostenibili per i ristoranti Hotel tiepidi: siamo senza ospiti
Il vicepresidente di Fipe Aldo Cursano commenta il decreto, che ha accolto tante rischieste del settore, ma il 18 la maggior parte dei locali resterà chiusa almeno per una settimana ancora . Giuseppe Roscioli (Federalberghi): «Abbiamo investito tanto, ma con pochi clienti aprire ora non conviene»
16 maggio 2020 | 16:48
I ristoratori tirano un sospiro di sollievo: sono misure tutto sommato sostenibili, di buonsenso, quelle contenute nell'ultimo decreto, che in gran parte ha accolto le richieste del settore, anche per quel che riguarda la riapertura degli esercizi pubblici il 18 maggio. Una data che però si è fatta fin troppo vicina, tanto che la maggior parte dei locali lunedì mattina resterà chiusa.
Ne è convinto il vicepresidente di Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Aldo Cursano: «Non si può pensare che con una direttiva emessa nel weekend, le strutture siano pronte il lunedì – dice – Serve tempo per organizzare l’attività, ordinare le materie prime, rifare la linea; insomma, ci vorrà almeno un’altra settimana di lavoro».
Dallo spauracchio dei 4 metri di distanza tra un cliente e l’altro, al metro tra due tavoli, come Fipe ha sempre chiesto nel suo protocollo (raccogliendo, dice Cursano, le indicazioni dei protocolli dell’Oms), la differenza è enorme, e per questo i ristoratori tirano un sospiro di sollievo: «Diciamo la verità – aggiunge Cursano – 70-80 centimetri c’erano già tra un tavolo e l’altro. Così perderemo solo il 20-30% di spazio, non il 50-60% com’era stato ipotizzato. Siamo consapevoli che ognuno debba fare dei sacrifici, ma era necessario trovare un equilibrio tra la tutela della salute e la sostenibilità della nostra attività di ristorazione. Pensare di distanziare le persone di 4 metri avrebbe voluto dire far morire molti locali».
I cambiamenti saranno comunque parecchi, a partire dal ruolo del personale: «Passi la mascherina – dice ancora Cursano – è positivo il fatto di aver previsto la possibilità di igienizzare spesso le mani, piuttosto che introdurre l’obbligo dei guanti, una pratica che per certi versi avrebbe potuto essere meno igienica. Lo stesso vale per le carte plastificate e per gli oggetti presenti sul tavolo. Dopodiché, sappiamo che piatti e menu andranno rivisti e così i metodi di pagamento». Cambierà poco o nulla anche con l’obbligo di dover conservare i nominativi dei clienti per 14 giorni: «Molti di noi sono attrezzati e già lo fanno, anche per motivi di fidelizzazione – assicura Cursano – Piuttosto, il nostro compito sarà quello di riacquisire il rapporto di fiducia con i clienti. Dobbiamo far passare il messaggio che i nostri locali e il nostro personale sono perfettamente sicuri, in linea con le disposizioni e pronti a tornare al servizio delle persone».
Insomma, ora c’è solo da rimboccarsi le maniche: «Certo non si potrà recuperare il danno provocato da due mesi di chiusura, che purtroppo lasceranno la parte più fragile del settore fuori mercato – conclude Cursano – Con una prospettiva di un calo del lavoro, poi, è più che mai necessario continuare a lavorare per chiedere nuove misure a sostegno del settore. Con il 30% delle entrate, non si può pensare di sostenere il 100% delle spese, per questo sarà fondamentale poter riparametrare i costi a seconda del fatturato, almeno fino a quando la situazione non tornerà alla normalità».
Chi invece ha reagito in maniera più tiepida al decreto, sono i rappresentanti del settore alberghiero: «Per noi una vera e propria riapertura non è, in quanto alcuni alberghi, seppure vuoti, sono stati sempre aperti nel periodo del lockdown e l'autodisciplina interna che c'è stata fino ad oggi è più o meno la stessa contenuta nel nuovo decreto», che rinvia alle linee di indirizzo stabilite dalle Regioni, spiega Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma, all’Adnkronos.
«Mentre dai parrucchieri da lunedì ci sarà la fila, negli alberghi della Capitale questo non avverrà – dice – quelli che avevano chiuso probabilmente non riapriranno: a fronte di investimenti importanti sanificazione ed altro - vedi per esempio l'eliminazione del buffet che richiede maggiore personale impegnato nella ristorazione - non ci sono clienti sufficienti per coprire i costi. Non conviene».
«La dinamica turistica nelle grandi città - aggiunge Roscioli - è diversa ed è condizionata anche dall'attività delle compagnie aeree (in particolare, ci interessa il lungo raggio) e non prevediamo ripresa prima di marzo 2021. Il nostro settore è stato il primo ad essere colpito quando è stato deciso il blocco dei voli da e per la Cina e saremo tra gli ultimi a ripartire quando tutto finirà, quindi con il vaccino. Prima - sottolinea - non prevediamo grossi flussi di turismo. Tutto questo tradotto in numeri significa una perdita secca di oltre 1 miliardo di Pil. Con gli alberghi chiusi, finita la cassa integrazione saremo costretti a licenziare il personale. Probabilmente c'è stata una sottovalutazione del settore: bisognava guardare oltre, lanciare sostegni a medio-lungo termine, perché di questo abbiamo bisogno».
Ne è convinto il vicepresidente di Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Aldo Cursano: «Non si può pensare che con una direttiva emessa nel weekend, le strutture siano pronte il lunedì – dice – Serve tempo per organizzare l’attività, ordinare le materie prime, rifare la linea; insomma, ci vorrà almeno un’altra settimana di lavoro».
Un metro di distanza tra un tavolo e l'altro
Dallo spauracchio dei 4 metri di distanza tra un cliente e l’altro, al metro tra due tavoli, come Fipe ha sempre chiesto nel suo protocollo (raccogliendo, dice Cursano, le indicazioni dei protocolli dell’Oms), la differenza è enorme, e per questo i ristoratori tirano un sospiro di sollievo: «Diciamo la verità – aggiunge Cursano – 70-80 centimetri c’erano già tra un tavolo e l’altro. Così perderemo solo il 20-30% di spazio, non il 50-60% com’era stato ipotizzato. Siamo consapevoli che ognuno debba fare dei sacrifici, ma era necessario trovare un equilibrio tra la tutela della salute e la sostenibilità della nostra attività di ristorazione. Pensare di distanziare le persone di 4 metri avrebbe voluto dire far morire molti locali».
Aldo Cursano
I cambiamenti saranno comunque parecchi, a partire dal ruolo del personale: «Passi la mascherina – dice ancora Cursano – è positivo il fatto di aver previsto la possibilità di igienizzare spesso le mani, piuttosto che introdurre l’obbligo dei guanti, una pratica che per certi versi avrebbe potuto essere meno igienica. Lo stesso vale per le carte plastificate e per gli oggetti presenti sul tavolo. Dopodiché, sappiamo che piatti e menu andranno rivisti e così i metodi di pagamento». Cambierà poco o nulla anche con l’obbligo di dover conservare i nominativi dei clienti per 14 giorni: «Molti di noi sono attrezzati e già lo fanno, anche per motivi di fidelizzazione – assicura Cursano – Piuttosto, il nostro compito sarà quello di riacquisire il rapporto di fiducia con i clienti. Dobbiamo far passare il messaggio che i nostri locali e il nostro personale sono perfettamente sicuri, in linea con le disposizioni e pronti a tornare al servizio delle persone».
Per i camerieri obbligatorie le mascherine, non i guanti
Insomma, ora c’è solo da rimboccarsi le maniche: «Certo non si potrà recuperare il danno provocato da due mesi di chiusura, che purtroppo lasceranno la parte più fragile del settore fuori mercato – conclude Cursano – Con una prospettiva di un calo del lavoro, poi, è più che mai necessario continuare a lavorare per chiedere nuove misure a sostegno del settore. Con il 30% delle entrate, non si può pensare di sostenere il 100% delle spese, per questo sarà fondamentale poter riparametrare i costi a seconda del fatturato, almeno fino a quando la situazione non tornerà alla normalità».
Chi invece ha reagito in maniera più tiepida al decreto, sono i rappresentanti del settore alberghiero: «Per noi una vera e propria riapertura non è, in quanto alcuni alberghi, seppure vuoti, sono stati sempre aperti nel periodo del lockdown e l'autodisciplina interna che c'è stata fino ad oggi è più o meno la stessa contenuta nel nuovo decreto», che rinvia alle linee di indirizzo stabilite dalle Regioni, spiega Giuseppe Roscioli, presidente di Federalberghi Roma, all’Adnkronos.
Giuseppe Roscioli
«Mentre dai parrucchieri da lunedì ci sarà la fila, negli alberghi della Capitale questo non avverrà – dice – quelli che avevano chiuso probabilmente non riapriranno: a fronte di investimenti importanti sanificazione ed altro - vedi per esempio l'eliminazione del buffet che richiede maggiore personale impegnato nella ristorazione - non ci sono clienti sufficienti per coprire i costi. Non conviene».
«La dinamica turistica nelle grandi città - aggiunge Roscioli - è diversa ed è condizionata anche dall'attività delle compagnie aeree (in particolare, ci interessa il lungo raggio) e non prevediamo ripresa prima di marzo 2021. Il nostro settore è stato il primo ad essere colpito quando è stato deciso il blocco dei voli da e per la Cina e saremo tra gli ultimi a ripartire quando tutto finirà, quindi con il vaccino. Prima - sottolinea - non prevediamo grossi flussi di turismo. Tutto questo tradotto in numeri significa una perdita secca di oltre 1 miliardo di Pil. Con gli alberghi chiusi, finita la cassa integrazione saremo costretti a licenziare il personale. Probabilmente c'è stata una sottovalutazione del settore: bisognava guardare oltre, lanciare sostegni a medio-lungo termine, perché di questo abbiamo bisogno».
© Riproduzione riservata
• Leggi CHECK-IN: Ristoranti, Hotel e Viaggi
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini
Edizioni Contatto Surl | via Piatti 51 24030 Mozzo (BG) | P.IVA 02990040160 | Mail & Policy
| Reg. Tribunale di Bergamo n. 8 del 25/02/2009 - Roc n. 10548
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024