Leonardo e la tavola I magnifici banchetti degli Sforza

Non ci sono prove concrete sulle preferenze alimentari di Leonardo, ad eccezione della sua simpatia per la cucina vegetariana e per il vino

15 giugno 2019 | 10:15
di Toni Sarcina
Questo è quanto dicevo nell'articolo pubblicato il mese scorso. Risulta invece evidente l'attenzione dimostrata per tutto ciò che si muoveva intorno ai piatti, vale a dire scenografia del banchetto, coreografia del servizio e attrezzature per le cucine. Infatti, da perfetto scenografo, fu impiegato spesso da Ludovico il Moro per l'organizzazione delle sue feste per le quali il ducato di Milano primeggiava fra le corti italiane ed europee, per i sontuosi ed esclusivi allestimenti ed anche per la ricchezza delle portate. Nelle cucine sforzesche si alternavano ai fuochi i migliori cuochi dell'epoca, provenienti molto spesso da altre corti.


Leonardo da Vinci

A titolo di esempio vorrei citare i festeggiamenti per il celebre matrimonio tra il giovane duca Gian Galeazzo Sforza II e Isabella D'Aragona, celebrato nel gennaio 1489 a Tortona e fortemente voluto dal tutore Ludovico Il Moro, per cementare il legame del ducato con il Regno di Napoli ed aumentare così, in modo significativo, il potere degli Sforza. Naturalmente, la supervisione dell'evento fu affidata a Leonardo che ne fece una sceneggiatura così particolareggiata che, se volessimo riportarla ai giorni nostri, si potrebbe affermare che sarebbe stata gradita in egual misura, sia da Luchino Visconti, sia da Federico Fellini per i loro capolavori cinematografici.

I festeggiamenti durarono, con varie riprese e in luoghi diversi, per circa un anno ed ogni volta Leonardo apportava modifiche di cibi e di allestimenti, in sintonia con le stagioni e i luoghi. L'apoteosi delle feste fu quella conclusiva, del 1490, detta “Del Paradiso” per la quale scrisse una sceneggiatura nella quale ogni dettaglio, dalle tavole ai tovagliati, dal vasellame ai piatti, dal modo di servire alle danze di intermezzo tra le diverse portate, era indicato perfettamente con scritti e disegni. Essa fu realizzata senza alcuna modifica da parte degli sposi e dallo zio mecenate tanto era perfetta.

Un solo accenno alle vivande servite può dare un'idea di come si potesse accostare il banchetto a qualcosa di paradisiaco: “Furono serviti agnelli dorati e vitelli inargentati ripieni di pernici e fagiani”. Il menu era costituito da un poemetto, in lingua volgare, nel quale i piatti erano indicati solo per titolo di ingredienti senza altre aggiunte, mentre tutta l'opera era un susseguirsi di riferimenti alla bellezza e alle virtù degli sposi.

Nel 1499, quasi alla fine della sua collaborazione con il duca, al termine del lavoro triennale per il celeberrimo affresco “L'ultima cena”, Ludovico il Moro, grato per il lavoro, donò a Leonardo una vigna, quasi accanto alla Basilica di S. Maria Delle Grazie che testimonia una certa propensione del Maestro alla coltivazione della vite e a qualche libagione. La vigna è stata riscoperta in tempi recenti ed è visitabile in corso Magenta, presso la Casa degli Atellani.

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