I Maestri raccontano Il futuro è... croccante

Il “Premio Follia Creativa” quest’anno è stato assegnato a tutta la ristorazione. Il premio simbolicamente è stato consegnato al pizzaiolo Errico Porzio, che si è impegnato molto nell’attività di divulgazione

11 dicembre 2020 | 07:38
di Fabio Di Pietro
È passato un anno dalla prima volta che il Team 5-Hats ha scritto per Italia a Tavola, inaugurando una rubrica che ora vede la compartecipazione editoriale di ben due magazine, grazie all’inserimento di The Whynery Journal. L’occasione era la stessa: il “Premio Follia Creativa” che assegna ogni anno un riconoscimento a produttori, professionisti, ristoratori e albergatori che si distinguono nel settore Horeca per proposta, innovazione o sentimento imprenditoriale. L’obiettivo del Team è dare il giusto risalto alle Maestrie italiane e alla loro attività. Questo concetto è stato sviluppato per dare continuità a Mestieri le cui origini risalgono all’alba della società e della necessità espressiva umana.


Errico Porzio

Scriviamo ora in occasione del medesimo appuntamento e, in questa particolare edizione, non si è pensato di premiare un singolo, bensì l’intera categoria della ristorazione, della produzione e dell’ospitalità: questo pensiero ha raccolto il consenso all’unanimità della Giuria, che ha consegnato simbolicamente il Premio Follia Creativa a un professionista come ambasciatore di questo gruppo.

La “Rappresentanza della parte virtuosa della categoria” è andata a chi, in seguito al lockdown e in questo anno di crisi, si è distinto per delle attività inconsuete: la Giuria ha quindi individuato in Errico Porzio il simbolo di un settore perché, in un mondo dove i segreti delle Maestrie vengono ancora “nascosti”, lui ha invece condiviso e utilizzato i social per svelare tecniche e ricette, incentrando così in modo folle e non banale la comunicazione sulla divulgazione e sulle persone con le quali interagisce invece che su se stesso, in totale controtendenza al trend dei social. Assegnando questo riconoscimento, abbiamo raggiunto telefonicamente il Maestro Porzio che, contento dell’iniziativa, con disponibilità ha anche risposto ad alcune nostre domande.

Perché ha voluto mettere in piazza i suoi segreti?
Questa opportunità è nata per gioco: la prima settimana di lockdown abbiamo pensato che il “pizza day” del sabato, tradizione immancabile napoletana, dovesse essere vissuto ugualmente e soprattutto dovesse essere in qualche modo fatto insieme, anche se virtualmente: ho trasportato tutte le mie attenzioni sulla pagina Facebook per non avere delle limitazioni inerenti alle persone che potessero seguire i contenuti, ed ho avviato una diretta con mia moglie. L’obiettivo di questa nostra iniziativa era non far sentire soli coloro che erano accigliati e preoccupati per l’inedita situazione collettiva, regalando qualche minuto di serenità attraverso quello che so fare meglio.

Che feedback ha avuto da questa esperienza?
Già dalla prima diretta avevamo un grosso seguito, che ci ha spinto poi a presentarci con frequenza sui social, quasi fosse un appuntamento fisso. La cosa bella era che, essendo una diretta, avevamo un botta e risposta in tempo reale con chi ci seguiva, ed oltre alle nozioni tecniche si veniva a creare anche una sorta di contatto umano che andava nella direzione che io e mia moglie speravamo, ovvero quello di condividere energia positiva e serenità con queste persone. È stato difficile rispondere a tutti ma lo abbiamo fatto con piacere ed ora questo modo di interagire è diventato un “rito” che ha costruito una vera e propria community non solo campana, ma nazionale. Addirittura, dopo la riapertura parziale, ci siamo trovati al Pizza Village @ Home di Milano con altri sette colleghi pizzaioli napoletani; la grande soddisfazione è stata l’enorme richiesta anche in una città molto esigente come quella milanese, che mi ha conosciuto grazie al mio format comunicativo!


Errico Porzio

Il confronto stimola la sua creatività?
È impossibile che questo non avvenga, come credo che la creatività venga tanto dal confronto quanto dall’ascolto. Io cerco l’effetto “wow” e questo lo raggiungo ascoltando e tentando di capire come stupire chi assaggia i miei prodotti: sforniamo pizze di diverse forme, con abbinamenti speciali, con specifici percorsi di degustazione, ma credo che una cosa che non sia da sottovalutare nella pizza sia il fattore estetico. Se è vero che un prodotto va prima mangiato con gli occhi, voglio sempre che le mie pizze siano ammirate prima ancora di essere mangiate. Per esempio, la mia “Partenope” è una margherita attraverso la quale ho giocato con gli ingredienti, proponendo una base di Piennolo giallo passato, fiordilatte, in uscita poi crema di Piennolo rosso, crema di basilico e chips di parmigiano: in questo modo posso conferire una tridimensionalità anche alla farcitura. Se non ascolti e non ti ascolti, non puoi liberare la creatività.

Questo secondo lei ha permesso di coltivare l’amore per quest’arte anche alle nuove generazioni?
Io da diversi anni insegno in un’importante Accademia l’arte della pizza; attraverso i social riusciamo ad attirare ogni anno un centinaio di ragazzi ai quali faccio da mentore e maestro, quindi ben vengano i sistemi come questi per far conoscere ai più giovani un mondo che deve rispettare la tradizione, senza mai dimenticarsi l’importanza dell’innovazione. I social, tra l’altro, sposano a pieno questo concetto!

Quale pensa debba essere il ruolo della Maestria Pizzaiuola, in questo momento, nel panorama della ristorazione italiana?
La base di tutto è la comunicazione, non solo verso il mondo esterno, ma anche verso i propri allievi: una volta i ragazzi più scapestrati erano mandati dalle famiglie a fare i pizzaioli, infliggendo loro una “punizione” perché i ragazzi si sarebbero avvicinati ad una vita fatta di sacrifici e rinunce. Oggi invece, l’Arte del Pizzaiuolo (Patrimonio Unesco) ha tutt’altro fascino, pur non nascondendo i sacrifici di un lavoro artigiano. Ci sono stati Maestri che hanno invogliato i giovani ad esprimersi, a sperimentare e ad amare questo mestiere che può dare tanto. Io mi sento ambasciatore di questa filosofia per i miei ragazzi: l’importante è che loro vedano quest’arte non come l’ultima spiaggia professionale o come un lavoro da fare per arrivare a fine giornata, ma come uno strumento di crescita per vivere con dignità, passione ed amore.


Errico Porzio

Secondo una recente indagine, i Made in Italy più richiesti nel mondo sono i prodotti da forno: quale evoluzione vedrebbe lei per lo sviluppo di nuovi business sui lievitati?
In un mercato in cui la pizza classica divide (chi la preferisce più alta, chi più sottile, chi più farcita o meno farcita...), ho sempre creduto che il futuro avrebbe portato a concentrarsi sull’aspetto sensoriale: una consistenza che è universalmente amata è la croccantezza. A questo pro, il prodotto che più incontra questa specifica è la pizza in teglia. Nel 2019 applicavo già questa convinzione con l’apertura del primo punto vendita di pizza in teglia, rafforzata dall’apertura del secondo punto durante il lockdown e dal lancio del terzo che avverrà a breve. Mi piace dire, scherzando, che il futuro deve essere per forza croccante, perché farà “crick” oppure farà “crock”!

Parlare con un Maestro di questa caratura e con questo entusiasmo non è facile. In particolare, nell’ultima parte della chiacchierata assieme, oltre ad immaginare il profumo dei suoi gioielli croccanti, mi ha colpito una sua riflessione verso chi in questo periodo di difficoltà sta attraversando le pene dell’inferno per portare a casa un piatto caldo, per se stesso, la sua famiglia o i propri collaboratori. Questo perché oggi esistono molti imprenditori del settore in difficoltà, che si sentono mancare la terra sotto i piedi. A loro Errico augura l’energia per poter ripartire, magari questa volta da un modello di business famigliare che possa essere l’incipit per una nuova economia valoriale, oltre che finanziaria, per non abbandonare mai le proprie passioni e i propri talenti.

Grazie Maestro, un pensiero degno di un Ambasciatore della Categoria.



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Alberto Lupini


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