I cuochi rilanciano: Il nostro lavoro sia considerato "usurante"

Quattro associazioni di cuochi scrivono a ministri e Commissione sui lavori gravosi chiedendo di inserire il proprio mestiere in lista. Manca la firma della Fic, che però è già attiva da tempo su questo fronte

10 novembre 2021 | 16:25

Anche nell'ultimo aggiornamento la Commissione sui lavori gravosi non ha inserito i cuochi nella sua lista. Una delusione, un'altra, che arriva dopo una lunga trattativa con il Governo che la Federazione italiana cuochi (Fic) aveva portato avanti negli ultimi mesi più che mai. Le associazioni però non demordono: ora è una rete di associazioni (#FareRete) - formata da Adg (Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto), Apci (Associazione Professionale Cuochi Italiani), Chic (Charming Italian Chef) e Jre Italia - che chiede alla Commissione e ai ministri di inserire quello del cuoco tra i mestieri usuranti. Peccato che arrivino tardi e quasi che fosse da avviare un nuovo confronto... 

 

Perché non fare un blocco unico tra cuochi?

Al di là della legittimità della richiesta e della critica che si può muovere a questa assenza, non si può non notare che ancora una volta il settore non è riuscito a coalizzarsi in modo totale. Bene il fatto che  queste quattro associazioni hanno preso posizione, ma perchè non hanno sostenuto quanto fatto dalla Fic?  Sarebbe importante unirsi alla battaglia e diventare dunque ancora più forti e uniti davanti alle istituzioNi. E del resto se manca la firma della Fic manchi alla firma il comparto non è rappresentato ai massimi livelli. 

 

La battaglia della Fic

Per di più il progetto della Fic aveva un respiro molto ampio perchè partiva dalla necessità di assegnare un patentino ai cuochi professionisti impegnati nelle cucine di tutta Italia, che dunque dovevano iscriversi ad un albo ed essere costantemente aggiornati e monitorati, tutelati e sostenuti. «Già negli scorsi anni - aveva detto a Italia a Tavola Giuseppe Ferraro, responsabile del dipartimento lavoro di Fic nel periodo caldo di trattativa - abbiamo affrontato il tema della salute dei nostri colleghi sul posto di lavoro. Attraverso diversi studi, alcuni anche pubblicati su riviste scientifiche, abbiamo accertato le sollecitazioni a cui è sottoposto chi lavora in cucina: gambe, schiena, ma anche bocca, circolazione sanguinea e stress sono tutti aspetti sensibili».

«Nel caso in cui il nostro progetto (quello del riconoscimento di cuoco come professione ndr.) diventasse realtà - aveva proseguito Ferraro - sarebbe più semplice tutelare chi si approccia a questo lavoro. Non solo dal punto di vista del lavoratore, ma anche del datore di lavoro. Per questo chiediamo che venga presto messo mano al contratto nazionale per ristabilire da un lato la dignità del lavoro sia dal punto di vista economico che sociale; dall'altro, la sostenibilità di imprese messe in difficoltà dalla pandemia», afferma Ferraro. Un caso di specie? I turni di lavoro spesso molto lunghi e che spesso richiederebbero dei doppi turni. «Ma questo non avviene perché, magari, assumere un altro cuoco è costoso a livello fiscale e burocratico. E allora ci si organizza come si può sacrificando, alla fine, le tutele. Insomma, un cane che si morde la coda», conclude Ferraro.

 

Precedentemente, in un editoriale di marzo pubblicato su Italia a Tavola, il presidente della Fic, Rocco Pozzulo, aveva spiegato: "Sono convinto che il percorso sarà ancora un po’ lungo e articolato prima di giungere ad una legge, ci si dovrà inevitabilmente scontrare con interessi differenti; ma la Fic, la nostra Fic, non desisterà mai dai propri diritti e dalle proprie lecite convinzioni. Durante tutta la nostra vita, specie se siamo poco tutelati e male salvaguardati, dovremo sempre affrontare avversità, difficoltà e situazioni incomprensibili, come per l’emergenza sanitaria attualmente in corso. I giganti, credetemi, sono una metafora solo delle nostre paure, delle nostre insicurezze e dei nostri dubbi, dubbi di persone sensibili e giustamente umane".

 

Le proposte di #FareRete

Il succo della richiesta avanzata dalla quattro associazioni che si sono unite non è molto diverso. #FareRete aggiunge la questione dell’elevato numero di giovani che abbandonano le cucine, ritenendo il mestiere di cuoco non più attrattivo, ma altamente impegnativo.

 

 


"Le difficili condizioni in cui operano i nostri professionisti a ogni livello - si legge in un comunicato ufficiale - impegnati in periodi prolungati, orari disagiati, condizioni di lavoro spesso in spazi angusti e con temperature gravose incidono sulla stanchezza, aumentano lo stress psico-fisico, riducendo conseguentemente la vita di relazione sia pubblica sia privata".

"Il contesto normativo - prosegue la nota - che caratterizza il mercato è di per sé connotato da limitazioni e iter procedurali particolarmente impattanti per il business delle aziende che operano nella ristorazione. È evidente quindi che sussistano nel settore dinamiche che ne rendono distorta la stessa natura e che pongono limiti all’iniziativa privata dell’impresa, la cui capacità di fare affari è fortemente impattata da vincoli esterni normativi e procedure non più attuali. Questa la condizione cui occorre porre rimedio, per sanare ciò che a tutti gli interlocutori istituzionali con cui sono state avviate discussioni proficue appare come una evidente “lacuna”.

"La categoria e il settore intero - in chiusura - recano lustro al nostro Paese ogni giorno, per capacità e professionalità universalmente riconosciute. L’importante storia della ristorazione italiana e la sua celebrata tradizione meritano un’attenzione specifica da parte delle istituzioni. L’intervento delle Istituzioni anche in questo senso costituirebbe un segnale di vitale importanza, a beneficio di tutto il comparto e delle generazioni future". 

 

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Alberto Lupini


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