Gino Sorbillo: La ripresa? Si salverà solo chi ha sempre lavorato bene

Secondo il pizzaiolo napoletano col dopo coronavirus l'intero settore della ristorazione italiana potrebbe cambiare in modo profondo. Ma, avverte, sarà un ritorno choc per tutti . «A questo tsunami - dice - riuasciranno a sopravvivere solo coloro che hanno lavorato e investito su di una “cucina della verità”»

31 marzo 2020 | 08:29
di Vincenzo D’Antonio
Prosegue la rubrica “Caro amico ti chatto”, che come abbiamo già avuto modo di spiegare trae spunto dall’incipit de L’anno che verrà di Lucio Dalla (“Caro amico ti scrivo”). La mia chat odierna è con il pizzaiolo Gino Sorbillo (www.sorbillo.it).

I suoi nonni, Luigi Sorbillo e Carolina Esposito, fondarono la prima pizzeria nel 1935 su via dei Tribunali nel centro antico della città. I coniugi Sorbillo misero al mondo 21 figli, diventati poi, tutti pizzaioli. Il papà di Gino, Salvatore, è il diciannovesimo dei ventuno figli. Gino cresce nella pizzeria di famiglia, impara bene il mestiere a cui abbina talento creativo e anelito imprenditoriale. Oggi è a capo di una “multinazionale tascabile”.

Gino Sorbillo

V: ciao, caro Gino. Suppongo che tu sia a casa, vero?
G: ciao, Vincenzo. Sì, sono a casa.

V: Ti ricordi senz'altro dove e quando ci siamo incontrati l'ultima volta. Era il 4 marzo a Roma, nella tua pizzeria all'Ara Pacis in occasione del pranzo della pace tra in nostro Ministro degli Esteri e l'Ambasciatore francese. Locale affollato, ressa di fotografi all'esterno. Strette di mano con tutti, ma anche abbracci e baci. Questa è la mia domanda: lo so bene che era il 4 marzo, ma ti chiedo, caro Gino, quanto tempo è passato da quel giorno?
G: È passata un’eternità, mi sembra un sogno irreale tutto quello che è accaduto nel frattempo.

La pizza "italiana" di Gino Sorbillo

V: E siccome è un'eternità, praticamente stiamo dicendo che adesso è tutto diverso e soprattutto tutto sarà diverso quando ci accorgeremo che parlare di "ritorno alla normalità" non avrà nessun significato concreto; sarà invece un avventurarsi in uno scenario nuovo. Cosa ne pensi, Gino?
G: Sì, credo che sarà un ritorno choc per tutti noi. Molti non riapriranno, credo che potrebbe salvarsi la ristorazione tradizionale e identitaria.

V: Parliamo, secondo dati incrociati da due fonti autorevoli, di una mortalità di 38mila esercizi in Italia. Ma adesso guardiamo avanti. Ebbi modo di definire l'articolazione delle tue attività un caso esemplare di quelle che vengono definite le "multinazionali tascabili". Tu sei presente in tre continenti, in tre Paesi: Italia in Europa, Usa in Nord America e Giappone in Asia. E l'headquarter, la sede centrale, è Napoli. Come fai a governare ben 17 locali così sparsi nel mondo?
G: Con un’organizzazione forte e dinamica e validi collaboratori che hanno ruoli ben specifici.

V: Questi collaboratori hanno fatto tutti prima un tirocinio nella tua sede storica ai Tribunali oppure sei tu che vai nei tuoi locali prima dell'apertura e fai formazione ?
G: Sì, hanno fatto prima il tirocinio a Via Tribunali qui a Napoli.

V: E con le forniture come ti comporti? riesci a far arrivare i prodotti che usi a Napoli anche nel resto d'Italia e anche negli Usa e in Giappone?
G: Sì Vincenzo, e poi comunque ci sono anche prodotti italiani che già trovo sul posto.

V: A Tokyo, a New York e a Miami, fai pizze adoperando per il topping anche ingredienti locali?
G: No, non adopero ingredienti locali.

V: Capisco e… sono anche d'accordo! Dimmi una cosa, Gino, tu che giri il mondo per buttare occhio alle tue pizzerie, mi individui un'affinità che fa da collante ai clienti ed invece un paio di differenze forti tra italiani, statunitensi e giapponesi?
G: Le affinità sono che nelle mie pizzerie mangiano spesso anche seduti da soli a tavola. O da soli o in compagnia l’atmosfera delle mie pizzerie è sempre familiare e rassicurante. Le differenze invece sono negli orari, in Giappone mangiano molto prima, anche alle 10:30 del mattino, e nel modo di bere o di stuzzicare qualcosa prima dell’arrivo della pizza. In America spesso mangiano fritti e bevono alcol, a Tokyo cappuccini e succhi di frutta durante il pasto.

V: Insomma, se tutto il mondo è paese è anche vero, per fortuna, che ogni paese è ancora un mondo a sé su talune abitudini. Ecco, un'altra domanda: senza considerare le pizze fritte, ma considerando solo le pizze al forno, posso azzardare, correggimi se sbaglio, che in un arco temporale di 24 ore, nella somma delle tue pizzerie, tu fai circa 10mila pizze mediamente?
G: Vincenzo non lo so e non le conto, non mi piacciono i numeri anche se faccio tanti numeri. Cerco di avere soltanto un bel ricordo di ogni giornata lavorativa ogni santo giorno.

V: Questo mi fa molto piacere sentirtelo dire. E a proposito di bei ricordi quotidiani giorno dopo giorno, hai un ricordo particolare che ti viene in mente?
G: Sì, uno dei ricordi più belli che ho è a New York la visita del Sindaco Bill De Blasio nel giorno dell’inaugurazione. Fu un bel gesto che non dimenticherò mai.

V:  Caro Gino, ci siamo detti che lo scenario cambierà e non vediamo l'ora ovviamente di uscire da questo tunnel. Secondo te, alla ripresa delle attività, andrà a mutarsi anche l'impatto mediatico sulle pizzerie? Diminuiranno kermesse, tornei, campionati del mondo uno dopo l’altro? Cosa ne pensi?
G: Io credo che si farà molta “pulizia” nel mondo gastronomico e quindi della pizza. Credo che dopo questo tsunami sopravviveranno solo coloro che hanno lavorato e investito su di una “cucina della verità” intesa come progetti e impostazioni forti strettamente legati al proprio percorso professionale, culturale e territoriale, con la propria storia personale e con la conoscenza profonda di “quel” prodotto del territorio. Io penso poi che nel mondo pizza tante persone che inizialmente hanno utilizzato/sfruttato il nome “pizza napoletana” per poi dire, in un momento successivo, “la mia pizza” (quasi come se il termine “pizza napoletana” all’improvviso deprezzasse il prodotto) ritornino nuovamente a “sfruttare” il termine con cui si identifica la nostra pizza per attirare nuovamente le persone e rimettersi in moto. Gli opportunisti lo sai neanche nel food mancano.

V:  Caro Gino, sono pienamente d'accordo con quanto dici. Bravo. È quasi ora di pranzo. Tu sei a Napoli e, mi insegni, il pranzo del sabato, per non parlare del pranzo della domenica, è già di per sé particolarmente sontuoso. Mi dici cosa pranzerai oggi, in famiglia?
G: Vado a prepararmi un bel piatto di Pasta di Gragnano Igp con verdure locali di stagione e posso anche dirti cosa cenerò: pollo e insalata. Non ero proprio più abituato a queste modalità e a questi ritmi domestici!

V: Due bei menu. Caro Gino ti saluto e vediamo se può funzionare questo augurio vicendevole: ci vediamo all'apertura di Piazzetta Nilo a Spaccanapoli?
G: Sì, colgo la promessa e l’augurio. Appena passerà questo periodo aprirò Zia Esterina a Spaccanapoli per offrire la vera pizza fritta napoletana agli amanti della tradizione e della pizza Verace.  A presto, caro Vincenzo.

La chat è intercorsa nella mattinata di sabato 28 marzo.

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Alberto Lupini


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