Fine dining, il ruolo dei menu degustazione: opportunità o limitazione?

All'interno del momento complicato che vive il fine dining, ampio dibattito suscita anche l'opportunità di proporre dei menu degustazione in via esclusiva. La scelta presenta aspetti positivi, ma anche alcune ombre , a cominciare dal rischio di ridurre il numero dei potenziali clienti che decidono (o meno) di recarsi al ristorante perché limitati nella propria possibilità di scelta

16 luglio 2024 | 05:00
di Mauro Taino

Se certamente il prezzo rimane uno dei nodi da sciogliere quando si parla di fine dining, hanno preso sempre più piede i menu degustazione. Oltre all'aspetto economico, questa soluzione permette anche agli chef di poter offrire una panoramica della propria proposta gastronomica in modo coerente, ma anche di ottimizzare tempi e spese. Quello del menu degustazione, tuttavia, rimane un aspetto controverso.

Fine dining, perché un menu degustazione

I menu degustazione offrono ai clienti una grande possibilità. Quella di poter avere accesso ad una cucina di alto livello sapendo esattamente quanto si andrà a spendere. O quasi: il vino è generalmente escluso e sempre più persone scelgono di rinunciare alla bottiglia per godersi magari un'uscita a cena in più, come sostiene Giancarlo Morelli: «La bottiglia fa lievitare il conto e molte famiglie oggi scelgono di uscire a cena una volta in più rinunciando ad ordinare il vino. Questo riguarda naturalmente le famiglie medie, chi è abbiente non soffre di queste dinamiche».

Ma, oltre all'aspetto economico, i menu degustazione offrono la possibilità di poter intraprendere un viaggio all'interno dei sapori proposti da uno chef, organizzati secondo un'armonia e un equilibrio di gusti e sapori, magari già abbinati ai vini giusti. Il fatto di poter invitare il cliente al viaggio proprio culinario, rappresenta anche un vantaggio per lo chef in termini di ottimizzazione del tempo e dei costi, perché i piatti escono secondo una pianificazione strutturata e il fatto di limitare gli ingredienti, avendo una proposta più contenuta in termini di varietà, consente di focalizzare le spese.

Fine dining, quando il menu degustazione sta stretto

Strutturatosi in forma sempre più diffusa durante il periodo Covid, una necessità per superare un momento di così grande crisi, con il progressivo ritorno alla normalità il solo menu degustazione ha iniziato a stare sempre più stretto ai clienti, desiderosi di spaziare liberamente all'interno delle proposte dello chef. Il rischio è che il cliente non si senta tale, ma ospite, e di conseguenza condizionato nella sua esperienza e costretto a non poter essere libero di scegliere.

Senza contare che, a fronte comunque di un investimento economico, dover magari rinunciare ad uno o più piatti per motivi di gusto personale (senza aprire il capitolo riguardante le intolleranze, nella maggior parte dei casi superabili con proposte alternative già previste), rischia di mettere a disagio il cliente, quando non a rinunciare completamente ad andare al ristorante qualora non ci sia accordo all'interno della coppia o del gruppo sociale con cui si sarebbe voluto pranzare o cenare perché una o più persone non gradiscono la proposta.

«I soli menu degustazione - sottolinea Tommaso Arrigoni di Innocenti Evasioni a Milano - creano molti limiti al consumatore: non è una formula che può essere unidirezionale. In questo momento bisogna essere quanto più elastici possibili allargando la tipologia di offerta al massimo per raccogliere ogni esigenza: imporre il solo menu degustazione o solo un tipo di cucina farebbe chiudere la forbice».

Fine dining, il menu degustazione è una carta in più

È però pur vero che i menu degustazione possono essere un ottimo biglietto da visita sia in termini di politica aziendale tout court sia per ottenere menzioni sulle guide. «I menu degustazione - spiega Daniele Zennaro di Algiubagiò di Venezia - aiutano a creare una fascia di mercato per la ristorazione del fine dining. Noi puntiamo sul proporre la degustazione come aiuto a chi si siede a tavola, ma senza che sia un obbligo. Presentiamo la carta, ma con la possibilità di scegliere diverse possibilità tra le degustazioni in modo da poter far approcciare la clientela nonostante si faccia una cucina di alto livello».

La chiave allora è quella di non «vincolare nessuno», per usare le parole di Luigi Pomata dell'omonimo ristorante a Cagliari. Una posizione non distante nemmeno da quella di Andrea Berton, che pure aveva lanciato un menu dedicato ai giovani, ma che non ha intenzione di puntare tutto sui menu: «Non obblighiamo nessuno a scegliere il menu degustazione, c'è sempre la possibilità di scegliere dalla carta e, in generale, di scegliere quello che si vuole». Accanto alla proposta alla carta, anche Arrigoni propone diversi menu: «Stiamo cercando di diversificare un po' l'offerta: dalla soluzione per gli under 25 ai menu gourmet e rustico, che vira più verso la tendenza delle ricette tradizionali. Ma stiamo mettendo in campo anche a formule diverse come quelle dell'aperitivo con dj set. L'impressione che abbiamo è che piaccia».

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Alberto Lupini


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