Diventare cuoco? Una strada in salita! Parola di Claudio Sadler
27 novembre 2015 | 09:33
di Alberto Lupini
«Il lavoro del cuoco in questi ultimi anni è cambiato molto - sostiene Sadler - sia a livello di immagine che di qualità. Nelle cucine dei ristoranti si lavora con più dignità e con maggiore attenzione. Ma le responsabilità dei cuochi sono cambiate così come la loro quotidianità e il loro spazio. Ecco perché innanzitutto mi sento di consigliare a un giovane aspirante cuoco di frequentare un istituto alberghiero, o almeno un’accademia dove possa apprendere le fondamenta della disciplina, dalle materie prime alle tecniche di lavoro, che oggi sono strumenti imprescindibili tra i fornelli. I giovani devono capire quanto questo lavoro gli stia a cuore, quanto siano portati per esso, perché il nostro è sì un lavoro ricco di soddisfazioni, ma nel quale i sacrifici non mancano».
Per una professione che è sempre più sotto i riflettori della televisione, il rischio è quello di dimenticare quanto siano necessari impegno, talento e propensione, poiché la strada che trasforma un semplice cuoco in uno chef affermato è in salita, e non percorribile da chiunque.
«Lo chef è colui che pensa, che realizza un progetto, che compone un piatto - continua Sadler - con l’aiuto di cuochi che collaborano con lui. Non è detto che ad ogni cuoco intraprenda un percorso che lo farà diventare uno chef stellato o comunque uno chef affermato».
In questa realtà nuova per la cucina italiana e internazionale, nella quale i cuochi si trovano non più tra le mura della cucina, ma molto spesso al centro dell’attenzione di televisione e altri media, diventa ancora più importante far parte di un’associazione, come è per esempio la Federazione italiana cuochi. In questo modo si condividono i veri valori della professione e si costruisce un legame e un senso di appartenenza che aiutano a fare squadra.
«Oggi la Federazione italiana cuochi, come anche le associazioni di categoria in generale - conclude Claudio Sadler - danno innanzitutto la possibilità di un confronto con altre cucine, altri stili, altri prodotti, oltre a facilitare eventuali trasferimenti di uno chef che volesse apprendere altre realtà gastronomiche e ristorative, in Italia o all’estero. Un altro aspetto, non meno importante, è la garanzia di determinati diritti che l’associazione si impegna a salvaguardare».
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Alberto Lupini