Danny Del Monaco, il barman più votato «Nei miei drink, il rispetto del classico»
08 febbraio 2017 | 10:03
di Mariella Morosi
Danny Del Monaco
Imprenditore e consulente dei più grandi marchi nazionali ed internazionali presenti sul mercato. È ideatore e presidente di Cocktail in The World Mixology - Stile di Bere Italiano, e dell’Ancienne Pharmacie - The first Academy of Speakeasy made in Italy. È docente presso la Cocktail in The World Academy, una delle più importanti agenzie formative del settore ed impegnato nell’organizzazione di eventi, in consulenze aziendali a case produttrici, consulenze imprenditoriali di tipo amministrativo-gestionale e pianificazione aziendale. Ha scritto il libro “The book of legendary cocktails”. È Drink artist per Distillerie Santoni, Xenta, Molinari, Roberto Cavalli Vodka, Piccini Wines& Deus Vodka.
Ha vinto il sondaggio di Italia a Tavola nella categoria Barman con 10.286 voti.
Un risultato straordinario. Come vivi questo momento?
A 50 anni ho ritrovato l'emozione degli inizi. Facendo tante gare e organizzandole per gli altri si diventa più distaccati. Ma è una gioia immensa che voglio condividere con Adrian Everest, Stefano Massi e Mattia Pozzi, i tre master mixology che sono anche miei soci, e ovviamente con tutto il mio staff.
Com'è cominciata la passione per il tuo lavoro, 32 anni fa? Avevi dei riferimenti professionali?
Lavoravo in un locale in sala e osservavo il lavoro di una giacca color crema impegnata dietro al bancone. Poi ho acquistato un libro di Gino Marcialis, che allora andava per la maggiore. È cominciata da lì. I miei riferimenti sono stati quel libro e il mio impegno sul campo, giorno per giorno, spinto da tanta passione e sempre più interessato a imparare e a sperimentare. Mi sono anche iscritto a Firenze al un corso Aibes.
Hai vissuto tutta l'evoluzione dell'arte del bere miscelato, talvolta anticipandola. Quali i nuovi sviluppi prevedibili?
Il futuro non potrà prescindere dal rispetto del classico. C'è tuttavia un nuovo interesse al buon sapore, alle nuove home maid del made in Italy. Un ritorno all'artigianalità se così si può dire. C'è interesse per le piccole distillerie, per le aziende che producono meno ma con più qualità.
Come è cambiata la figura del barman negli ultimi anni anche nel rapporto con il consumatore?
C'è molta più ricerca e professionalità. Chi sceglie questo lavoro deve continuamente documentarsi, conoscere le lingue. Con il consumatore si è instaurato un rapporto dialettico che oggi non si limita a chiedere, ad esempio, un Negroni, ma vuole sapere com'è fatto, come sono stati scelti gli ingredienti, la provenienza di quel vermouth o di quel bitter. Facebook e Youtube hanno permesso una conoscenza diffusa sul tema. Una volta ci si fidava solo dei barman ma oggi contano anche la comunicazione e - più che mai - il palato. Con impegno e sacrificio anche quella del barman può diventare una carriera importante che dà grandi soddisfazioni.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Continuerò la mia ricerca sui grandi prodotti del made in Italy spingendoli. Spero che l'attenzione verso il buon bere continui e che si punti sulla grande qualità ma anche sul moderatamente alcolico. Vorrei che si andasse a bere in un american bar per l'aperitivo e che poi ci si ritornasse dopo cena. Sono certo che il gusto si orienterà verso lo shakerato, fruttato e soprattutto il moderatamente alcolico. E se il barman lavora bene l'educazione al gusto verrà da sé.
Sempre più stretto si presenta il rapporto bere miscelato-cibo. Sei stato sul palco di Slow Food e alla Leopolda hai organizzato un grande evento con la Federazione nazione cuochi. Una tendenza destinata a crescere?
Sommelier, barman e chef sono tre istituzioni che hanno vissuto sempre parallelamente e senza mai incontrarsi ma da tre anni abbiano stabilito una sinergia con la Fic e l'Ais. Prima di sederci a tavola, prima del piatto deve arrivare un buonissimo aperitivo, e solo dopo arriverà il vino. Ci sono locali che abbinano ai piatti esclusivamente i cocktails. Comunque il buon bere deve sempre accompagnarsi a qualcosa di solido per esaltarsi a vicenda. magari a un prodotto del territorio. Teniamo spesso lezione in scuole alberghiere su questo tema.
Quando contano gli "effetti speciali" nel vostro lavoro? Le acrobazie nella creazione del cocktail, quasi uno spettacolo per il cliente, rischiano di porre in secondo piano l'esperienza gustativa? Che peso ha il Flair bartending nell'attuale drink-system?
Manualità e gestualità nell'uso delle attrezzature è necessaria e può dare un'impressione di disinvoltura e di eleganza. Si faceva già negli anni Trenta. Ma oggi in genere il risultato è una fusione tra il vecchio Flair e il classico. Non vedo niente di male in questo se poi il risultato nel bicchiere è l’eccellenza.
INTERVISTA FLASH
Il tratto principale del tuo carattere?
L'orgoglio, la meticolosità, la gelosia, quella delle idee e della passione con cui le ho sempre difese
Il tuo difetto maggiore?
Sono testardo
Il tuo pregio a cui tieni di più?
Forse la mia disponibilità verso gli altri
Il vino che preferisci?
Bollicine, naturalmente italiane (con tutti i miei collaboratori abbiamo festeggiato con sei bottiglie di Satèn la mia affermazione nel sondaggio di Italia a Tavola)
Il piatto che preferisci?
Pesce, il massimo sono gli spaghetti con le vongole veraci in bianco
Il tuo colore preferito?
Nero lavagna, è il colore che abbiamo voluto nella nostra sede
Il tuo hobby?
Amo collezionare bottiglie d'annata - ne ho migliaia - e le attrezzature da bar dagli anni Venti in poi
Il tuo sport?
Era il nuoto, ma ora per mancanza di tempo mi limito a camminare un po' la mattina. E poi non riesco a dormire abbastanza
Il nome del tuo cane?
Dylan, è un beagle, sta sempre con noi in Academy ed è la mia ombra, tranne quando vado a fare le serate
Se non vivessi a Monte San Savino (Ar) dove vorresti abitare?
Senz'altro a Firenze
Lo scrittore che preferisci?
Ernest Hemingway
Il regista che preferisci?
Mi piacciono gli italiani e tra quelli che preferisco ci sono Benigni e Verdone
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