Daniel Facen racconta una passione «La cucina è una scoperta continua»

17 gennaio 2016 | 13:07
Non è smania di mettersi in mostra o ansia di superare i confini, quella di Daniel Facen (nella prima foto in basso), cuoco e patron del ristorante Anteprima di Chiuduno (Bg), è soltanto il desiderio di mettere al centro delle sue creazioni la materia prima. Ai tanti che lo considera uno scienziato dei fornelli lui risponde: « Punto solamente a mantenere il più possibile inalterato quello che è la materia a mia disposizione». Ma dietro questa apparente semplicità si nasconde un lavoro quotidiano di ricerca e di sperimentazione, che hanno portato Daniel Facen a prendere una strada che non è decifrabile per tutti.



«Alla mia clientela io chiedo di essere aperta alla cucina - dichiara Facen - perché è impossibile venire nel mio ristorante se si è alla ricerca di una “cucina normale”. Io faccio un’altra cosa, cerco di esaltare la materia prima. Per me al primo posto c’è quello che mi mette a disposizione la natura e il mio compito è di non rovinarlo, o almeno “rovinarla” il meno possibile. Nel fare questo utilizzo tecniche e macchinari che non sono nati appositamente per la cucina, ma esistono e io li applico alla cucina; parlo di evaporatore, centrifuga e molti altri».

«Mi capita di osservare il processo di cottura o una lievitazione al microscopio. Di solito non parlo di 10 grammi, ma di 0,1 grammi o di 0,2 °C. Deve essere tutto molto preciso, anche per dare una continuità nel tempo, anche se ciò non vuol dire che se il giorno dopo troviamo una soluzione migliore e non rinneghiamo quello che è stato fatto il giorno prima. È un po’ come tornare bambini e scoprire qualcosa di nuovo tutti i giorni».



La funzione dei macchinari utilizzati all’Anteprima è di tirare fuori l’essenza della materia prima. Un concetto molto pratico sebbene la cucina di Daniel Facen spesso susciti delle emozioni particolari, e lo stupore è una di queste.

«La mia è chiamata da tanti cucina molecolare, cucina scientifica… ma quello che noi cerchiamo di fare è semplicemente mantenere il prodotto come si presenta in natura, senza trasformarlo, o magari trasformandolo, ma solo per renderlo “giocoso” e piacevole dal punto di vista estetico. Il sale per esempio nella mia cucina non esiste, non lo utilizzo quasi mai, solo in pochi frangenti, ma in quantità ridotte».

«Penso che chi viene al ristorante la sera, in particolare in ristoranti come il mio, abbia voglia di passare tre ore di relax; il nostro compito è quello di renderli il più felici possibile. Che si esca con la famiglia, la compagna, gli amici, il nostro compito resta quello di regalare delle emozioni indimenticabili e cercare di non perdere il cliente. L’obiettivo è di trasportarli dove vogliamo noi, al mare, in montagna, in miniera… dove capita, raccontando la storia di come è nato il piatto che stiamo proponendo».



L’inizio di una nuovo anno segna la nascita di buoni propositi, quando la chiusura dell’anno da poco trascorsa è stata tempo di bilanci e ringraziamenti; anche per i cuochi è così, soprattutto considerando che alla fine dell’anno vengono pubblicate le guide di settore più prestigiose, e diventa anche il momento dei ringraziamenti.

«A fine anno purtroppo la cosa bella o brutta che succede a chi lavora in questo settore è di essere travolti dall’emozione delle guide. Penso che tutti ci emozioniamo per un certo punteggio; fa parte del gioco, nel bene e nel male. Per quanto mi riguarda devo ringraziare tutti i miei collaboratori, sia di cucina sia di sala, ma un ringraziamento particolare va senza dubbio a Mario Bena (nella foto in basso), il mio sous chef, con cui collaboro da 15 anni. Lavora con me da quando studiava all’istituto alberghiero e poi ha continuato. Ora è giusto che inizi un percorso suo, anche se ammetto che mi mancherà molto. Perché è bello lavorare gomito a gomito con una persona competente, appassionata e capace di capirti con uno sguardo. La sua crescita è stata esponenziale; noi abbiamo ricevuto la stella Michelin insieme e l’abbiamo mantenuta».


«Sono dispiaciuto di andarmene - dice Mario Bena - ma era ora che prendessi la mia strada. Anche io ringrazio lo chef, perché mi ha aiutato a crescere, oltre all’azienda e tutte le persone che hanno lavorato con me in questi anni. Me ne andrò via con un grande bagaglio di esperienze, e spero di dimostrare quanto ho imparato in tutti questi anni con lui e con tutte le persone che hanno lavorato con me».

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Alberto Lupini


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