Dall’oblomovismo alla nuova ristorazione

Un atteggiamento di apatica e fatalistica indolenza ha caratterizzato molti professionisti durante il periodo di quarantena. Ma ora è tempo di tornare nelle cucine con nuove consapevolezze

28 maggio 2020 | 09:25
di Guerrino Di Benedetto
Nel periodo di forzata inattività degli ultimi mesi siamo stati tutti bersagliati, nel bene e nel male, dalla forza della comunicazione. Abbiamo partecipato a dibattiti e a confronti più o meno appassionati, abbiamo vissuto un’epidemia sanitaria e di comunicazione per molti versi strana e se vogliamo “democratica”, che ha colpito il giovane come il vecchio, il ricco come il povero, il politico come il cittadino qualunque. Molti di noi si sono dedicati alla casa, alla famiglia, alla cucina, alle letture e forse a pensare un po’ di più al proprio futuro.



La mia ancora di salvezza è stata proprio la lettura, che non solo mi ha aiutato ad evadere dal momento tragico ma anche a ripensare il mio futuro e cercare nuove risorse per affrontarlo. Uno dei libri che più mi ha colpito è stato “Oblomov”, capolavoro della letteratura russa dell’800 scritto da Ivan Goncarov, da cui poi fu tratto un grande film. Il protagonista vive gran parte della sua vita su un divano, senza mai uscire né incontrare nessuno, fino a quando nella sua casa si ferma per caso Olga, una giovane e bella ragazza che fa innamorare Oblomov. Per il suo amore egli comincia ad uscire e a vivere con lei le bellezze del mondo esterno. Salvato quindi dall’amore il nostro protagonista cambia vita, ma non si decide mai a sposare Olga. Alla fine sposerà un’altra donna e tornerà nel suo stato originario. Questo personaggio ha dato il nome ad una vera e propria malattia psicosomatica chiamata appunto “oblomovismo”.

La mia riflessione però si sofferma sulla parte più bella del racconto, ovvero la storia d’amore con Olga, che lo porta a vivere appieno la vita. Non voglio fare una lezione di religione o di buonismo, ma penso che in questi giorni tanti di noi abbiano pensato a come affrontare il futuro. Io penso che rivedere un po’ la nostra vita lavorativa sotto una luce diversa ci possa aiutare. Forse ripensare ai rapporti personali con i nostri clienti, fornitori e dipendenti ci può dare l’input per una ripartenza diversa, più vera e forse più solida.

Abbiamo vissuto un’epoca di campanilismi gastronomici, fatta di stelle e stelline, di bolle e sifoni. Ho letto in questo periodo più di venti libri cercando di capire dei motivi per cercare di dare un senso al presente, filosofia, religione, romanzi gastronomici, ecc., per poi capire che Salgari ci ha descritto la Malesia e Sandokan - lo ricordate? - senza mai uscire di casa. Insieme all’amore anche la fantasia, il sapere reinventare il nostro passato in chiave futura: tutto questo ci farà tornare ad essere più vicini al nostro lavoro, a stare fra i tavoli e nelle cucine con nuove consapevolezze. Noi e chi ci sta intorno siamo gli artefici del successo del nostro lavoro quotidiano.

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Alberto Lupini


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