Il cuoco è un mestiere usurante? L'iter per ottenere un “sì” può riaprirsi

Il sottosegretario al Lavoro, Tiziana Nisini ha partecipato a un convegno di Federazione italiana cuochi e Unione regionale cuochi abruzzesi dedicato al tema dicendosi disponibile a riparlarne con il ministro Orlando

16 novembre 2021 | 15:55

Riportare il lavoro del cuoco nella sua dimensione umana, questo è quanto emerso al Convegno Nazionale “Professione Cuoco: un lavoro usurante” indetto dalla Federazione italiana cuochi (Fic) e dall’Unione regionale cuochi abruzzesi, che si è tenuto nella Galleria d’Arte Aurum. Il cuoco, infatti, non è stato riconosciuto come mestiere usurante nemmeno nell'ultimo aggiornamento della lista nazionale, ma le due associazioni sono riuscite a strappare al sottosegretario al ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Tiziana Nisini, la promessa di riaprire la discussione. A portare sul tavolo i problemi della professione, il presidente nazionale della Fic, Rocco Pozzulo, il presidente Unione regionale cuochi abruzzesi, Lorenzo Pace, il cuoco Davide Oldani (Ristorante D’O, Milano). Perché, se i cuochi dovessero essere considerati tra le categorie di lavoro usurante allora avrebbero l’accesso anticipato al trattamento pensionistico.

 

Insieme a loro anche Giuseppe Ferraro, responsabile del Dipartimento Lavoro della Fic (Federazione Italiana Cuochi), Antonio Cerasa (Ricercatore Cnr) e Martino Ruggieri, chef del ristorante Pavillon Ledoyen a Parigi.

 

27 nuove categorie, manca il cuoco. Quali rischi?

Risale a pochi giorni fa il riconoscimento di ben 27 nuove categorie professionali, tra le quali non c’è quella del cuoco, in aggiunta alle 15 già considerate gravose ed usuranti. A supporto di tale richiesta la Federazione Italiana Cuochi, da anni, sta dimostrando con la collaborazione di centri di ricerca e delle università italiane che c’è una correlazione l’insorgere di alcune malattie professionali e il lavoro in cucina. Quella dei cuochi è una categoria che rientra tra gli standing workers, ovvero tra coloro che lavorano in posizione eretta, con conseguenti problemi di vasodilatazione, o peggioramento delle varici, dolore arti inferiori, dolori muscolari diffusi, mal di schiena, rigidità al collo e alle spalle, cefaela, venostasi, ipertensione venosa, coaguli, trombi e soprattutto a fine lavoro un’aumentata concentrazione di Ros (reactive oxygen species), agenti in grado di ossidare le membrane cellulari, danneggiare i vasi sanguigni e aumentare la permeabilità vascolare, oltre che a determinare un’insufficienza venosa cronica e una maggiore incidenza di cardiopatia ischemica e arteriosclerosi.

Per tutti questi e tanti altri motivi la Federazione Italiana Cuochi ha presentato al Governo la richiesta dell’inserimento della professione del cuoco tra i lavori usuranti, al fine di favorire l’accesso anticipato al trattamento pensionistico.

 

 

Pace: «Bisogna cambiare il futuro della categoria»

«La mitizzazione del nostro lavoro ha portato negli ultimi anni a far si che noi cuochi uscissimo dalla cucina, potessimo mostrare i nostri volti dietro i piatti - esordisce il presidente dell’Unione regionale cuochi abruzzesi Lorenzo Pace - ma la realtà dei fatti è che non siamo riusciti a trasmettere, attraverso la tv o la stampa, quello che nella vita quotidiana è il nostro lavoro. Tante ore in piedi, turni infiniti, mal di schiena, artrosi, problemi circolatori, dolori muscolati e soprattutto stress. La pandemia, con tutto il male causatoci, forse è riuscita a darci qualcosa, a farci capire che oltre il lavoro c’è una vita che vale la pena godersi, finché si è in tempo. Per questo motivo abbiamo voluto chiamare qui a Pescara il nostro presidente Pozzulo, le istituzioni e gli scienziati, per fare un punto della situazione e per provare a cambiare il futuro della nostra categoria. Il nostro è senza dubbio alcuno un lavoro usurante, ma qualcosa possiamo fare per cambiarlo, per renderlo ancora più bello di quanto non lo sia già, attraverso il supporto della tecnologia e della scienza. Riportiamo al centro dell’attenzione il cuoco, l’uomo, sotto quella divisa».

 

Fic impegnata già da tempo su questo fronte

Su questo fronte la Federazione Italiana Cuochi ha iniziato a fare picchetto già qualche anno fa, quando con l’aiuto degli studi del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerce) effettuati dal dott. Antonio Cerasa sono stati posti sotto esame 710 cuochi volontari. Dall’elaborazione dei dati è risultato che il 47% degli chef ha riportato almeno due o più problemi di salute nella vita lavorativa, e la relazione tra le variabili lavorative e lo stato di salute è mediata dagli alti livelli di stress professionale presenti nella popolazione dei cuochi in una percentuale tra il 13.8% e il 24.9%. Questo dato è rilevante perché gli effetti negativi delle eccessive ore di lavoro sulla salute sono già state riportate in altre categorie lavorative come chirurghi, personale d’ambulanza, colletti bianchi, poliziotti, militari. Grazie a questa ricerca si conferma quindi che anche nella categoria degli chef superare le 60 ore di lavoro a settimana è un forte fattore predittivo di malattie organiche importanti e pericolose.

 

«Per la Federazione Italiana Cuochi è questo il momento di agire - ammette Giuseppe Ferraro, Responsabile del Dipartimento del lavoro della Fic - abbiamo di recente depositato al Ministero del Lavoro la richiesta per il riconoscimento di un albo che attesti, tramite patentino, la figura professionale del cuoco. Un rafforzamento della professione sul piano della formazione, che favorisca sia una riorganizzazione di tempi e metodi di lavoro, ad esempio ruotando i diversi compiti della cucina in modo da svolgere più mansioni diverse tra loro, sia abitudini personali in grado di prevenire comportamenti a rischio, come ad esempio lo sport. Con l’istituzione dell’albo sarebbe più semplice per tutti tutelare il lavoratore, l’uomo, attraverso la rilettura del contratto nazionale del lavoro, per ristabilire la dignità del lavoro sia dal punto di vista economico che sociale”.

 

Richieste che trovano appoggio e supporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che tramite il sottosegretario Tiziana Nisini si dice disponibile ad avviare una riflessione insieme affinché nei prossimi mesi si possa insistere su questi argomenti per riaprire la discussione con il Ministro Orlando e fare in modo di portare proposte in questa direzione, perché il sacrificio, il lavoro e la passione possa essere tradotto in termini di assistenza, previdenza e politiche attive.

 

In Francia esiste già un regolamento

Il sistema può cambiare, l’esempio è dato da Martino Ruggieri, da anni braccio destro dello chef tristellato Yannick Alléno al Pavillon Ledoyen di Parigi. «In Francia la situazione è ben diversa. Certo, ci sono situazioni e situazioni, e forse noi siamo un po’ più fortunati di altri, ma qui un cuoco non può lavorare più di 35 ore a settimana ed ha 11 ore di riposo obbligatorie tra un turno e l’altro. Ognuno di noi può rivolgersi ad uno psicologo, che potrebbe sembrare assurdo, ma in realtà avere una figura di sostegno è importante, aiuta a visualizzare le criticità ed i punti di luce, e poi altra cosa fondamentale è la conoscenza dell’altro. In brigata ci conosciamo tutti, sono finiti i tempi di Escoffier in cui il cuoco era solo una macchina da produzione, siamo uomini e come tali dobbiamo comportarci, anche sul lavoro. Avere a cuore la salute del tuo collega significa vivere in un ambiente di lavoro sano, e di conseguenza si lavora meglio. La creatività nasce solo con la pace».

 

 

Oldani: Impariamo ad essere altruisti

Paladino in Italia della “Sostenibilità Umana” è Davide Oldani, quest’anno insignito anche della stella verde per la sostenibilità.  «In cucina, come in una squadra, deve esserci una trasparenza affettiva nel senso di appartenenza. Spero che il nostro sia riconosciuto come lavoro usurante, spero lo diventi, ma soprattutto è importante capire che bisogna cambiare l’approccio al lavoro, il fattore umano vale molto più di quello di un piatto. La sostenibilità umana deve partire dagli alberghieri, dai ragazzi. Marchesi diceva che l’esempio è la più alta forma d’insegnamento - continua lo chef - ed è vero. Io sono sì imprenditore, ma sono soprattutto un cuoco e devo avere una linea diretta coi ragazzi di cucina e sala. Questo ci permette a tutti noi di vivere in maniera sana e consapevole. Qui al D’O stiamo rendendo sostenibile un lavoro che agli occhi di tutti è molto duro e sacrificante ma con le giuste intenzioni può cambiare. Come? Imparando ad essere altruisti nella vita”.

A chiudere l’incontro una lectio magistralis sulla gestione del tempo in cucina e la sua ottimizzazione di Andrea Di Felice, cuoco professionista e i saluti del presidente della Federazione Italiana Cuochi Rocco Pozzulo che prima della fine del suo mandato spera di riuscire a realizzare due suoi grandi obiettivi: il riconoscimento del lavoro del cuoco come lavoro usurate e l’attuazione della certificazione lavorativa di tutti i cuochi italiani.

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Alberto Lupini


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