Il cuoco, un artigiano 4.0? Come cambia la sua figura grazie alla tecnologia

Artigiano, commerciante o imprenditore? Da tempo ci si chiede a quale figura sia comparabile quella del cuoco, che non è ancora riconosciuta a livello professionale. Secondo Paolo Manfredi, con le nuove tecnologie il suo lavoro si muove verso un artigianato 4.0

30 maggio 2023 | 05:00
di Matteo Scibilia

Vecchia storia, vecchie domande, ma problema attuale. Una figura quella del cuoco non è riconosciuta a livello professionale: non è un avvocato, un giornalista, un architetto e come tanti altri professionisti, tutti riconosciuti a livello giuridico, ufficializzati anche da “mutue” specifiche, da albi precisi con esami da superare per poter esercitare. Il “Cuoco” no. In molti casi, anzi in buona parte del paese è spesso una figura di discendenza famigliare, una formazione extrascolastica, guadagnata sul campo, con una memoria del fare ancestrale tramandata di padre in figlio, da nonna e da mamma come un ricettario vivente.

Le normative attuali sulla figura del cuoco

Le normative attuali, pone il cuoco come figura lavorativa in una scala contributiva all’interno di un meccanismo, secondo il ccnl del commercio, che vede le varie competenze, aiuto cucina, capopartita o chef ed executive, con livelli di assunzione che spaziano da un livello basso di 6° livello fino al 1° livello. Mentre l’attività di “ristorazione” è compresa nella vasta categoria dei pubblici esercizi, che comprendono nel senso più ampio, bar, pizzerie, trattorie, osterie, paninoteche, piadinerie. La liberalizzazione delle attività, o meglio la trasformazione delle “vecchie licenze” in autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande, ha provocato una vera e propria rivoluzione, tantè che per fare un esempio Cracco opera con la stessa normativa di una piadineria, con la stessa autorizzazione amministrativa, senza più paletti di tipo professionale, in qualche maniera non solo permettendo quasi a chiunque di aprire e gestire un pubblico esercizio, ma di fatto vanificando ciò che nella realtà la vecchia licenza era una specie di “pensione” quando si decideva di vendere la propria attività.

Il cuoco: commerciante o artigiano?

A tutto ciò, sia pure in maniera sopita nella categoria, ogni tanto riemerge la questione se il cuoco è appunto un commerciante o nella sua tipicità di trasformatore di materie prime sia o lo è un artigiano, molte pizzerie, molte panetterie, molte pasticcerie, le gelaterie, le pescherie spesso sono inquadrate nel settore artigianale. Qualcuno sostiene che dato che un ristorante è l’insieme di tutte queste attività, come mai non si cerchi una rimodulazione del settore, non senza sottolineare le differenze contrattuali e fiscali a favore degli artigiani.

Paolo Manfredi: la ristorazione come artigiano 4.0

Tutto questo in quanto riceviamo un interessante articolo redatto da Paolo Manfredi, ex ristoratore di Milano a “I Valtellina” e attuale consulente di Confartigianato, e redattore di “Spirito Artigiano” un media online che si occupa di cultura del cibo. Cibo che Massimiliano Valeri, direttore del CENSIS, spiega è anche economia, produzione, simbolo di benessere, stile di vita che in Italia si manifesta alla massima potenza nelle multiformi tradizioni e filiere agroalimentari che ci fanno apprezzare in tutto il mondo.
Manfredi affronta la questione intitolando il suo articolo “La Ristorazione come Artigiano 4.0”, analizzando storicamente la trasformazione della attività di ristorazione, come straordinario veicolo di conoscenza di un territorio e di un popolo, ma affrontando l’attività stessa della ristorazione e quindi del cuoco, attraverso i passaggi con cui anche la tecnologia ha di fatto trasformato questo mondo.

Abbattitore, sottovuoto e roner, le grandi innovazioni della ristorazione

La parola magica è HACCP, quelle insieme di norme che, a titolo di cronaca, hanno inventato gli americani per la sicurezza alimentare nelle spedizioni spaziali, e che oggi sono universalmente adottate in tutto il mondo. Sicurezza e igiene alimentare che hanno in parallelo permesso lo sviluppo di tecnologie in cucina che permettono una maggiore sicurezza alimentare. Due su tutte l’invenzione dell’abbattitore, strumento non sempre utilizzato in maniera corretta, in quanto permette l’abbattimento della temperatura di cibi cotti in maniera rapida fino a 4°g, temperatura che permette un controllo della presenza di batteri quasi totale, fino a temperature di – 18 e oltre. In seguito a questa innovazione di controllo delle temperature l’altra tecnica che ha modificato le cucine è l’avvento del sottovuoto. Il cibo abbattuto viene inserito in buste di diverse dimensioni ed appunto sottovuotato, quindi finisce direttamente in frigorifero, da cui viene prelevato al momento del servizio.

Ulteriore tecnica complementare a queste due è la cottura a bassa temperatura, indicata spesso nei menu con l’acronimo di CBT. Questa tecnica permette di cuocere con un altro strumento, il “Roner”. Sottovuoto, in un bagno di acqua calda, praticamente qualsiasi ingrediente, che viene poi abbattuto di temperatura, conservato in frigorifero e “ripreso” in cottura al momento dell’ordine del cliente. Quindi, totale controllo della filiera interna di una cucina, dall’ingrediente crudo, che di fatto nella busta sottovuoto non ha più nessun contatto con l’aria e con le mani di un’operatore.

Una rivoluzione produttiva, come sottolinea Manfredi, che in realtà sposta il peso del processo produttivo e della sua organizzazione. Se prima cucinare era un percorso che era espresso da preparazioni che dovevano essere fatte tutte al momento, oggi la preparazione dei piatti è in qualche maniera preponderante rispetto alla sua finitura. Quello che viene fatto prima del servizio è quasi più importante di quello che viene fatto durante. In secondo luogo, se posso preparare la più parte di piatti anche gourmet, molto prima di servirli, li posso preparare in un luogo e portarli in un altro luogo, di tutto questo ne è la dimostrazione della moltiplicazione di catene ristorative anche legate a grandi chef.

Il cuoco, un artigiano 4.0? Probabilmente sì, ma lasciamo e lanciamo la domanda e la risposta ai sindacati ed alle associazioni nazionali.

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Alberto Lupini


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