La crisi del fine dining sta mettendo a dura prova l’alta cucina impegnata in un percorso di riflessione alla ricerca di una nuova sostenibilità che non riguarda solo le materie prime, ma anche ritmi di lavoro e costi da rivedere. Già diversi i nomi di grandi chef che hanno dichiarato di essere impegnati in questa fase di cambiamento, a partire dallo chef danese René Redzepi del celebrato Noma, che ha abbassato le serrande per rivedere punto per punto il sistema di lavoro - e da Norbert Niederkofler del St.Hubertus di San Cassiano (BZ), fermo ufficialmente per un importante intervento di ristrutturazione dell’albergo Stella Alpina, che ospita il ristorante. Ma come stanno affrontando questo terremoto gli chef emergenti, giovani talenti del panorama del fine dining? Lo scopriremo attraverso una inchiesta realizzata ascoltando i nomi emergenti del fine dining, partendo da Jorg Giubbani, che con le sue idee e i suoi piatti ha già conquistato l'attenzione del mondo della ristorazione.
«È un momento in cui si sono spente icone come il Noma e il St.Hubertus, ma parallelamente bisogna anche prendere atto che non si fermeranno lì, che ci saranno nuovi progetti in campo, quindi anche per noi nuove leve, che siamo stati allievi di questi grandi maestri, vediamo un futuro che logicamente verrà comunque rivisto», commenta Jorg Giubbani, classe 1992 ligure di Sestri Levante chef e anima di Orto, ristorante una stella Michelin, all’interno dell’hotel Villa Edera&La Torretta, sulle alture di Moneglia, che ha fatto della sostenibilità la sua bandiera, complice anche l’impronta altoatesina ricevuta dallo chef nel corso della sua esperienza alla Stüa de Michil, a Corvara in Alta Badia (Bz).
Sostenibilità: non vuol dire avere un orto
Proprio la sostenibilità oggi si trova al centro della rivoluzione: «Si parla tanto di sostenibilità – conferma Giubbani -, ma la sostenibilità non vuol dire avere un orto», commenta lo chef che spiega meglio: «Prendo ad esempio la nostra filosofia: noi ci chiamiamo Orto by Jorg Giubbani, non vuol dire essere sostenibili solo perché abbiamo un orto. Sostenibilità è una parola molto grande che comprende tante cose: pagare la merce al giusto prezzo, dare la giusta remunerazione a coloro che sono i nostri “paladini della giustizia” che ci forniscono tutte le materie prime di élite e noi siamo i loro portavoce, anche se poi si dice che è caro ma dietro c’è tanta fatica, lavoro e dedizione», continua lo chef che non dimentica di affrontare le diverse sfaccettature mostrate dalla crisi del settore, che raccontano di chef al limite, stressati ed esauriti dalla costante ricerca dell’innovazione e dell’eccellenza, sotto la responsabilità di stelle da crescere ed accudire e da numeri da far quadrare, ma che non quadrano quasi mai - vedi l’ultimo caso: Cracco.
Il personale che non c’è e quello di famiglia
Proprio sullo staff di sala e cucina, lo chef sottolinea la sua idea: «Ultimamente si parla anche delle tante ore in cucina e delle brigate numerosissime sia in sala che in cucina. La nostra struttura, parlo a nome della proprietà Schiaffino, è una struttura a livello famigliare e anche i collaboratori si cerca di trattarli come se facessero parte di questa grande famiglia, coinvolgendoli nelle scelte e dando anche il giusto spazio al riposo pomeridiano e ai giorni liberi, bisogna farli sentire importanti soprattutto in questo momento in cui il personale non esiste», commenta Jorg che evidenzia la nuova consapevolezza dei giovani nell’approcciarsi alle professioni della ristorazione.
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Il futuro in mano ai trend, degli ospiti
L’aria che tira sul fine dining sta mischiando le carte, riscrivendole talvolta, verso una nuova lettura che non risparmia nessuno, a partire dai grandi maestri dell’alta cucina italiana e internazionale, in questo scenario è possibile pensare al domani? «Come vedo io il futuro? Sicuramente ci sono ampi margini di cambiamento - commenta Jorg Giubbani -. Noi abbiamo iniziato nel dicembre 2019, abbiamo preso il Covid in pieno: quindi abbiamo dovuto sfruttare la situazione per poter cambiare alcune cose. Sicuramente bisognerà continuare a guardare i trend, non della cucina ma degli ospiti. Non parlo di mode, ma di cercare di andare a soddisfare ciò che un ipotetico ospite potrebbe trovare presso le nostre tavole. Da qui è necessario tentare di analizzare cosa l’ospite italiano o l’ospite straniero cerca quando viene al ristorante. Questo secondo me è un po’ il punto di partenza. Logicamente bisogna anche vedere la situazione economica, perché è un dato di fatto, non si possono più proporre menu esageratamente costosi. Noi cerchiamo di dare il giusto prezzo, valore e peso a tutto ciò che facciamo, anche perché, non bisogna dimenticare che gli ospiti sono sempre più preparati e acculturati. L’ipotetico target è alto-spendente ma noi vogliamo portare qui anche la gente della zona e la Liguria è una terra difficilissima, è importante spiegare per far capire il valore di tutto quello che facciamo» conclude lo chef.
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La fiducia oltre le difficoltà
Lo chef Jorg Giubbani prima di tornare al suo lavoro conclude con una considerazione: «Attualmente, per le motivazioni che abbiamo detto, il fine dining è in una situazione di stallo, ma noi giovani abbiamo grande fiducia a partire dal ritorno dei grandi maestri - che potrà avvenire anche con progetti personali - in modo che portino avanti sempre la loro filosofia, e per noi restano un riferimento. Infine, non bisogna dimenticare che il fine dining è anche cultura, ci sono prodotti che l’ospite non conosceva, storie di piccoli produttori e artigiani che devono essere valorizzate, e noi siamo qui anche per questo».
Orto by Jorg Giubbani
Via Venino 12, 16030 Moneglia (Ge)
Tel. 018549291
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