Crisi, crollano gli stipendi La Cig ha già bruciato 4,8 miliardi

Conto salatissimo per i dipendenti nei mesi di aprile e maggio. Il calo più consistente in Lombardia. Ma gli alberghi chiedono una proroga fino alla fine dell'anno per provare a salvare i posti di lavoro

09 luglio 2020 | 12:17
Un conto salatissimo, da 4,8 miliardi di euro. Tanto è costato alle tasche dei lavoratori italiani il ricorso alla cassa integrazione nei soli mesi di aprile e maggio. Fosse stata soltanto una questioni di ritardi, di cui peraltro abbiamo spesso parlato: se da un lato il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali ha permesso di salvare dei posti di lavoro, dall’altro ha impoverito soprattutto il ceto medio, come ha rilevato anche un recentissimo studio di Bankitalia, secondo cui oltre il 50% delle famiglie ha visto ridursi le proprie entrate in questi mesi di crisi.

Meno soldi in busta paga, soffre il 50% delle famiglie italiane

Ora i dati dell’Inps rielaborati dal Servizio lavoro, coesione e territorio della Uil certificano una mancanza di entrate per i lavoratori dipendenti di quasi 5 miliardi, al netto dell’Irpef nazionale e delle addizionali regionali e comunali.



Alla Lombardia il primato della maggior perdita delle retribuzioni nette, pari al 25% del totale nazionale (1,2 miliardi di euro), seguita dal Veneto dove i cassaintegrati perdono oltre 608 milioni di euro netti, dall’Emilia Romagna (491 milioni di euro netti) e dal Piemonte (418 milioni di euro netti).

Tutto questo, senza considerare il fatto che in tante aziende, anche della ristorazione e dell’accoglienza, i dipendenti sono ancora in attesa di ricevere i bonifici dell’Inps relativi proprio agli ultimi mesi. In questo scenario, non consolano certo le rassicurazioni del Governo, che ha parlato di una proroga della “cassa” anche in autunno. Gli albergatori, come altre categorie, chiedono di estenderla fino alla fine dell’anno, almeno per provare a salvare qualche posto di lavoro in più, visto che il turismo stenta a decollare, ma la situazione, e soprattutto le prospettive, sono tutt’altro che incoraggianti.

«Tra riduzione dello stipendio e mancati ratei della 13ª e della 14ª - spiega Ivana Veronese, segretaria confederale Uil - in due mesi le buste paga si sono alleggerite mediamente dal 18% al 37%, a seconda del reddito. A fronte di circa 1,7 miliardi di ore di cassa integrazione, autorizzate nei mesi di aprile e maggio rispettivamente 835 e 849 milioni di ore, numeri mai raggiunti in precedenza ed in così breve tempo, gli 8,4 milioni di beneficiari hanno perso, mediamente, 569 euro pro-capite nel bimestre».

Secondo Veronese «se consideriamo i beneficiari in cassa integrazione a zero ore che corrispondono ad una platea di 5 milioni di dipendenti, la mancata retribuzione corrisponde a 966 euro netti medi pro-capite nel bimestre. Nella riforma più complessiva degli ammortizzatori sociali, occorre tenere ben presente il tema della revisione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione e la loro rivalutazione, fissati oggi per legge a 998,18 euro lordi mensili per retribuzioni inferiori o pari a 2.159,48 e a 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48».

Per il sindacato, infatti, «se consideriamo un dipendente a tempo pieno con una retribuzione annua netta di 17.285 euro (1.440 euro mensili) posto in cassa integrazione a zero ore per due mesi, la perdita, tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di 13° e 14°, ammonterebbe a 889 euro netti (444 euro mensili). Altro caso è quello di un dipendente part-time con una retribuzione netta annua di 10.005 euro (834 euro mensili) che in due mesi in cassa integrazione perderebbe 290 euro netti (145 euro mensili)».

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Alberto Lupini


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