Comunicazione social nei ristoranti per clienti soddisfatti e “fedeli”
14 settembre 2016 | 12:26
di Mariella Morosi
Le sfide da affrontare sono emerse dai risultati di una ricerca affidata a TradeLab, illustrati da Bruna Boroni e Rita Clivio. A seguire si sono svolte due tavole rotonde, moderate da Nerina Di Nunzio, responsabile di Food Confidential e direttrice dello Ied, l’Istituto europeo di design di Roma. Alla prima, sul come affrontare le nuove realtà del mondo del consumo, sono intervenuti Aldo Cursano presidente di Fipe-Confcommercio Toscana, per il mondo del bere Lucio Roncoroni direttore del Consorzio Cda, la responsabile marketing della Sammontana, Annalisa Ferri e Manuela Mallia di Horeca branding and innovation Metro Italia.
La seconda tavola rotonda ha analizzare l’impatto dei social sul canale del fuori casa sempre più rilevante per il settore. Il momento di confronto ha visto la partecipazione di Luciano Sbraga, direttore del centro studi Fipe, del country manager di TheFork Italia Almir Ambeskovic, del founding partner di Treebar, Luca Spataro, e dello chef stellato Cristiano Tomei del ristorante L’Imbuto di Lucca.
Simona Greco di Host ha inviato un video messaggio mentre il campione del mondo dei bartender Bruno Vanzan, testimonial per Planet One, ha portato la sua esperienza nei media. La ricerca TradeLab ha messo in luce la necessità per le aziende di trovare sempre nuove forme innovative di promozione destinate soprattutto ai giovani che valutano e condividono sui social le loro esperienze.
Ma cosa cerca il consumatore? Artigianalità, ma non su tutto, personalizzazione, benessere, novità, sostenibilità: tutti requisiti dai contorni sfumati che lasciano ancora molto spazio di azione alle aziende e agli operatori del fuori casa, secondo il rapporto. Se si vuole conoscere quello che si acquista e si consuma, l’attenzione va all’etichetta e ai marchi di certificazione, mentre quella al prezzo è al terzo posto. Ma nello stesso tempo - ed ecco la contraddizione - non si vuole spendere più di tanto.
Ma soprattutto è la personalizzazione la parola chiave: il consumatore deve sentirsi parte, deve comprendere che si tiene conto delle sue esigenze. «È importante stabilire una relazione con lui - ha detto Aldo Cursano - bisogna dargli quello che si aspetta, il suo prodotto ideale. La voglia di condividere e socializzare è diventato un valore costante. Per questo nella ristorazione - la casa fuori casa degli italiani - è importante il servizio, come viene raccontato il prodotto e anche attraverso il web si forma una specie di complicità. Non basta dare del buon cibo. Il vero valore aggiunto del fuori casa è qualcosa che faccia davvero la differenza».
Per Annalisa Ferri di Sammontana il consumatore ha l’arma potentissima di dire cosa vuole e questo rende la relazione più difficile per la ricerca di sempre nuove strategie. Ma il problema è che - come ha rilevato Lucio Roncoroni, non esiste una sola tipologia di consumatore. «In una realtà fuori controllo in cui tutto cambia - ha detto - l’unico modo di soddisfarlo è di sollecitarlo continuamente, catturandone l'attenzione. Difficile, se si pensa che ormai tutto si può acquistare comunque e dovunque».
Per Manuela Mallia di Metro «I consumatori sono clienti dei nostri clienti e noi li supportiamo con informazioni e orientamenti. Lo facciamo in collaborazione con l’Università Bocconi con il nostro settore Metronomo».
Collaborazione tra gli elementi della filiera, qualità ma soprattutto comunicazione sono stati gli altri temi affrontati, per la necessità di far comprendere il valore di ciò che si consuma. Se per un prodotto c’è l’etichetta, al bar e al ristorante questo va raccontato. Il problema è chi può o deve farlo, quasi entrando in una nuova figura professionale. Si conferma strategico il personale di sala, e il cliente percepisce questo valore aggiunto.
Lo chef stellato Cristiano Tomei del ristorante L’imbuto di Lucca, nel museo di Arte contemporanea, ha raccontato il suo rapporto strettissimo con il cliente: «Non ho insegne né un menu - ha detto - ma volta per volta dialogo con il cliente e cucino per lui secondo le sue esigenze e i suoi gusti. Non importa se vegetariano, vegano o con patologie legate all’alimentazione. Oggi non importa più essere bravi. Il livello si è alzato. E io mi sono costruito un brand giorno dopo giorno e il mio ristorante è sempre pieno».
Concorde anche Luca Spatari di Tree Bar, che si è creato un data base di clienti e li coinvolge in eventi e serate speciali. Per Luciano Sbraga di Fipe è la cultura digitale che deve essere promossa tra gli addetti al settore. «Per questo abbiamo pubblicato il libro “Prenotazioni online al ristorante” e organizziamo corsi. Non bisogna aspettare i clienti ma bisogna andar loro incontro, e non basta più il passaparola di una volta. Oggi abbiamo gli strumenti che lo consentono».
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