Come valorizzare l'olio extravergine d'oliva a tavola con la mise en place

Dagli abbinamenti pane-olio all'importanza del design e della narrazione: la 7ª edizione del forum “Olio & Ristorazione” ha acceso i riflettori sulla valorizzazione dell'olio evo nei ristoranti

28 maggio 2024 | 12:19
di Guido Gabaldi

La settima edizione del forum "Olio & ristorazione", una costola del format “Olio Officina” ideato dall'evo-guru italiano Luigi Caricato, si è svolta alla Cascina Cuccagna, uno dei luoghi magici di Milano centro dove una volta tanto suona appropriata la frase fatta “qui un tempo era tutta campagna!”. I dibattiti, le degustazioni e le presentazioni che hanno animato il Fforum hanno avuto per filo conduttore La mise en place: come allestire e comporre lo spazio, collocare gli oggetti a tavola in un'ottica di design per mettere in luce una delle punte di diamante del made in Italy, l'olio extravergine di oliva. L'intenzione degli organizzatori di “Olio & Ristorazione” è giocare d'anticipo, probabilmente: le nuove tendenze per la gestione del tavolo vanno ideate, concepite e realizzate oggi in modo che si radichino domani.

Cosa fare per valorizzare l'olio al ristorante?

«L'arte di apparecchiare la tavola - ha dichiarato Luigi Caricato - anche in questo caso è fondamentale. È notoria la scarsa attenzione, al giorno d'oggi, riservata dai ristoranti a tutto ciò che gira intorno all'olio evo, e di sicuro anche la presentazione viene trascurata. Capita spesso di trovare bottiglie d'olio lasciate per lunghe ore sui tavoli in attesa che arrivi l'ora dei pasti nei luoghi turistici e di maggior flusso. Bottiglie esposte al sole, talvolta anche aperte. Che senso ha, in un paese che dovrebbe fare dell'ulivo e dell'olio la sua bandiera? Quasi quasi viene nostalgia del passato, quando si prestava più attenzione a certi particolari, che poi non sono particolari. E invece oggi l'unica occasione/eccezione è l'olio di intrattenimento e di benvenuto. A inizio pasto, prima di consultare il menu e in attesa della prima portata, si possono proporre gli oli in degustazione. Con questa strategia da un lato scorre in modo rapido e interessante il tempo dell'attesa e, in più, si dà l'opportunità al cliente di predisporre il palato ad accogliere le pietanze; ma pure di farsi presentare la “carta degli oli” del ristorante, proprio perché funzionale all'accoglienza e alla creazione di una precisa identità».

Cosa occorre fare? «Lavorare sulla formazione del personale di sala e imparare a raccontare l'olio: bastano poche battute, quelle essenziali, e poi il design farà il resto - ha continuato Caricato. Secondo le direttive di una autorità in materia, l'architetto-designer Alessia Cipolla, presente oggi al Forum, il sommelier verserà l'olio come per il vino presentandolo da sinistra e versando la bottiglia con antigoccia da destra, prestando attenzione al quantitativo. Il pane sarà sempre posizionato a destra o posto in un cestino facilmente raggiungibile dai commensali. Se servito in una piccola salsiera/oliera, questa verrà poggiata sulla parte destra del coperto, nella posizione consona a tutte le salse, a lato del bicchiere da acqua e da vino».

Al di là della presentazione, reale e simbolica, dei nostri tesori agroalimentari, qual è la migliore strategia di valorizzazione? Lo ha chiesto Luigi Caricato alla panificatrice nonché formatrice Simona Lauri. «In Italia - ha risposto Lauri - abbiamo così tanti cultivar di olive, tipologie di cereali e di pane da essere ai primi posti al mondo nel campo della biodiversità alimentare. Ogni tipologia è legata a un territorio e a una storia millenaria: si tratta di imparare a trasferire le conoscenze essenziali al consumatore, dopo aver trovato gli opportuni abbinamenti, e qui non dobbiamo inventarci nulla: si fanno per assonanza o per contrasto. Sarà il ristoratore, o il panificatore, o il sommelier a studiare l'accostamento più indicato, che racconti al meglio la storia del pane e dell'olio che si intende valorizzare.  Ma anche il territorio è un tema di importanza primaria, perché mettere insieme due prodotti storici significa offrire al cliente un vero e proprio ritratto ambientale, che resta impresso nella memoria. Alla mia generazione, cresciuta a pane, olio e sale (o zucchero) è mancato questo racconto; ed ora, che abbiamo a disposizione una batteria di media svariati e potentissimi, non possiamo essere pigri o poco coraggiosi».

L'olio oggi è una commodity a livello di marketing

Gli fa eco Matteo Scibilia, chef e consigliere di Epam-Fipe: «Quanto alla mancata valorizzazione al ristorante, perché di questo stiamo parlando, il primo passo è rendersi conto dell'unicità delle nostre materie prime. E io comunque resto ottimista, anche perché posso parlare a nome dei miei capelli bianchi: e ricordo benissimo il ruolo svolto da me e dai miei colleghi, quando abbiamo fatto da apripista nel periodo in cui il vino di qualità andava rilanciato. In quegli anni, una cantina che voleva promuoversi sul mercato aveva il ristoratore come alleato per agganciare il consumatore e valorizzare il proprio marchio; coinvolgendo, una volta creato il trend, anche la Gdo. Con l'olio esistono delle difficoltà oggettive: in termini di marketing l'olio è una commodity, vale a dire una tipologia di prodotto che, per sua natura, non può differenziarsi in modo sostanziale dai concorrenti; è un complemento che aggiungiamo alla pietanza e offriamo ai nostri ospiti/clienti. Per cambiare davvero, per offrire un prodotto e un servizio di qualità non serve a nulla lo sforzo isolato di uno solo dei componenti che separano l'ulivo dal consumatore. È invece necessario l'impegno di tutti, ossia di agricoltori, consorzi, commercianti, ristoratori e comunicatori, per fare squadra e ripetere l'exploit del vino, se davvero crediamo che l'olio sia un valore, solido e storico, per il nostro paese».

«E se vogliamo concludere - riprende Luigi Caricato - questo dibattito con un qualcosa che accomuni e dia motivazione, per fare squadra e lavorare nel senso inteso da Scibilia, voglio riprendere e sottolineare un tema da lui sollevato, sintetizzandolo in uno slogan: olio evo, mai più una commodity. Mai più!». 

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Alberto Lupini


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