Coldiretti: «Costruire e non criticare» I distretti del cibo come opportunità

Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia, accoglie con favore la normativa sui distretti del cibo: «Introdotta una normativa che mancava. Le regole sono uguali per tutti, basta polemiche e si lavori insieme» . Per Prandini le norme introdotte chiariscono e non lasciano più spazio a libere interpretazioni

10 gennaio 2018 | 10:06
di Andrea Radic
«Una novità positiva - continua Ettore Prandini - che regola aspetti che non erano normati e dipendevano dalla libera interpretazione delle istituzioni locali o delle singole aziende sanitarie, che decidevano, caso per caso, se l'azienda agricola potesse o meno produrre e vendere prodotti trasformati.


Ettore Prandini

Una novità che porterà nuove opportunità?
Certo, come accade negli altri Paesi europei e non solo, dalla Francia, che attraverso le aziende agricole valorizza prodotti e territorio, alla Spagna, dove la vendita di prodotti agricoli trasformati richiama anche la tradizione dell'artigianato, creando eventi di forte attrattività turistica, fino agli Stati Uniti e all'Inghilterra dove lo "street food", quello vero, valorizza interi quartieri.

Cosa intende per vero?
Il vero come espressione della produzione agricola e della sua trasformazione, non le patatine fritte olandesi che si vendono nei centri delle grandi città, quelle, con gli agricoltori, non c'entrano nulla.

Quindi le regole esistono anche per gli agricoltori che fanno ristorazione.
Certamente, e le normative introdotte le chiariscono e le definiscono ancor meglio, perché non lasciano più spazio alla libera interpretazione locale, ed è un bene: le regolamentazioni e i controlli nel settore agroalimentare sono sempre positivi, nell'interesse del consumatore e anche del produttore.

Secondo la Fipe, le regole non sono uguali per tutti.
Le confermo che tutti hanno le stesse regole, esistono identici controlli per tutti i soggetti della filiera. E non dimentichiamo che i generi alimentari utilizzati dai ristoranti provengono dal settore agricolo, non da fantomatici laboratori. E a proposito di street food e ristoranti, non tutto è perfetto, vogliamo parlare della situazione dei locali cinesi in condizioni igieniche più che precarie? Anche quella è ristorazione poco controllata. L'espressione del nostro mondo è il mercato contadino, non lo street food, quelle bancarelle sono del settore artigiano, non agricolo.

Ma voi avete meno tasse o no?
Il comparto agricolo ha una fiscalità diversa ma non dimentichiamo che il settore comporta più investimenti, più spese e più rischi, non ultimi quelli atmosferici che possono compromettere tutta una produzione. E le tasse certo non ci mancano. Se parliamo di latte l'Iva è al 10% vero, ma nel settore vinicolo è al 20%, per il grano dal 4% al 10%, per chi compra da imprese agricola e poi trasforma il prodotto. Le regole sono quelle previste dalla legge, ma non ci sono i grandi benefici di cui parla qualcuno. Noi l'Iva non la recuperiamo, il 35% delle imprese agricole è a regime ordinario e ha la stessa fiscalità degli alti settori produttivi. Il restante è a regime semplificato, ma gli investimenti in agricoltura non consentono di recuperare l'Iva che viene persa.

Presidente, che cosa chiede il vostro comparto?
I nostri operatori ci chiedono tutti giorni un rapporto più stretto tra prodotto locale e ristorazione per valorizzare anche il percorso turistico e in particolare il turismo enogastronomico. Che poi i servizi di ristorazione vengano fatti direttamente dall'impresa agricola o dal ristorante è una cosa da studiare e valorizzare insieme, pensare che solo un settore sia nel giusto non valorizza nulla e danneggia tutti.

Quindi cosa propone?
Mi piacerebbe costruire un rapporto non di scontro ma di confronto in termini positivi. L'obiettivo è valorizzare, con il contributo di tutti, il comparto agroalimentare e gastronomico inclusa la ristorazione che è uno dei soggetti più importanti. Ragioniamo e facciamo sinergia invece di lanciare critiche, guardare cosa succede al vicino senza preoccuparsi di casa propria non è mai utile.

Il settore del turismo enogastronomico trarrà benefici?
Il turismo enogastronomico può essere un'importante leva economica, una leva del Paese. Noi ci siamo e siamo disposti a costruire una posizione comune e costruttiva, attendiamo gli altri soggetti della filiera, anche per tutelare il prodotto agricolo con la trasparenza verso il consumatore, a partire dalla origine in etichetta senza pensare che tutto ciò che importiamo sia negativo. L'origine dei piatti è parte della nostra storia, è il momento di costruire e non di criticare.

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Alberto Lupini


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