Se recentemente abbiamo cercato di trarre un bilancio del mondo mixology in Italia, intervistando e chiedendo il parere di vari esponenti del settore, stavolta proviamo a tracciare un identikit del mondo bar ma al femminile. Se dietro al bancone nella stragrande maggioranza dei casi siamo abituati a trovare degli uomini, se nell’immaginario collettivo il cocktail viene preparato da un barman, è altrettanto vero come negli ultimi anni si stanno sempre più facendo largo nel settore anche numerose ragazze e donne, altamente formate e specializzate. Anzi, in quanto in alcuni casi vittime di pregiudizi, a volte anche più formate rispetto a colleghi uomini.
Bartender professioniste: un trend in crescita
Ma guai a chiamarle barlady, termine ormai desueto ed evidentemente nemmeno così azzeccato. La presenza di ragazze e donne all’interno dei bar è in progressiva crescita, ma per identificarle possiamo usare il generico bartender. Valido per gli uomini così come per le donne.
Abbiamo voluto parlare con chi questo mondo lo vive e respira dall’interno. Chi meglio di alcune bartender del mondo mixology italiano per spiegarci come si muove, una donna, in un settore ancora prevalentemente e concettualmente a tinte maschili? E quali sono le difficoltà più comuni affrontate per riuscire a combattere i pregiudizi di genere?
Deborah di Maggio - membro di ABI Professional e ABI in Rosa
«In tutto l’excursus storico della mixology, anche la donna, ovviamente, ha fatto la sua parte. Nonostante si tratti di un settore con una forte impronta maschile, noi professioniste stiamo diventando, sempre di più, protagoniste. Oggi la donna è, al pari del sesso maschile, al centro di realtà, anche importanti, del settore e la presenza rosa è in continua crescita. Durante la formazione non esistono disparità di giudizio, mentre a lavoro può capitare di dover “faticare” un po' di più per poter dimostrare le proprie capacità e per far fronte a colleghi “abituati” a vedersi “al di sopra”. Una realtà che, fortunatamente troviamo sempre meno. Penso che, per quanto impegnativo sia il lavoro della mixology , chiunque grazie alle conoscenze e ai mezzi a disposizione al giorno d’oggi, possa essere in grado di realizzare grandi cose allo stesso modo purché alla base vi sia sempre curiosità, studio e rispetto di chi beve.
Che sia una mano maschile o una femminile a preparare il drink non fa la differenza. Quello dei mixologist è uno dei mestieri meglio retribuiti tra quelli per cui non è prevista una laurea, e, se pensiamo al livello che si può raggiungere, ancora di più. Conosco molte barlady in questo settore, che hanno raggiunto grandi obiettivi e soddisfazioni lavorative, anche economicamente parlando. Credo però che tra uomini e donne, per quanto riguarda l’aspetto economico, qualche disparità ancora esista».
Deborah Santoro - membro di ABI Professional e ABI in Rosa
«Secondo me la donna ancora oggi fin troppo spesso è vista come una figura inferiore nel mondo della mixology. Durante il mio percorso formativo ho fatto tanta gavetta e corsi di formazione per arrivare a una carriera di successi cercando di colmare questo divario abbastanza importante, che rende complicata la nostra affermazione. Fortunatamente il lavoro di chi prima di noi ha dovuto lottare e sgomitare per conquistarsi un posto dietro al bancone ha contribuito ad aprire le porte a questo meraviglioso mondo, fatto di cultura, di gesti e tanta tecnica. Non credo che abbiamo niente da invidiare ai nostri colleghi, anche se qualche disparità esiste.
Io personalmente sto lottando per equilibrare il divario salariale e garantire pari opportunità a noi donne rispetto agli uomini. I tempi di sicuro stanno cambiando e un numero sempre maggiore di donne lavora dietro al bancone. Tanti anni fa era impensabile che tutto questo fosse possibile. Sono fiduciosa sulla crescita della figura femminile e mi sto accorgendo come tanti pregiudizi e barriere che c’erano anni fa man mano stanno scomparendo, grazie al grande lavoro di tante mie colleghe».
Valeria Bassetti - Training and Brand Manager di Doreca Italia
«Sono oltre 30 anni che opero nell’hospitality: la differenza di quando ho iniziato io sta nelle possibilità, e se ci concentriamo sul settore bar porto buone notizie. Le donne, le ragazze, ci sono: da statistica sono addirittura di più degli uomini. Se poi andiamo a vedere quante di queste ricoprono dei ruoli manageriali è qui che il numero si riduce molto. Su 700.000 professioniste è appena il 7%: ma questo non è qualcosa legato alla mixology, bensì della nostra cultura. Vorrei però fare una precisazione: non chiamare le professioniste del mondo bar “barlady”, questo è stato un brutto termine che ci siamo inventati dall’inglese per differenziarci dai bartender, ma ormai nel 2023 bartender è più accettato universalmente.
Posso dire però come sicuramente ci vorrebbero più donne e in questo mondo vanno fatte delle azioni per attirare le giovani ragazze: dalla possibilità di avere orari più flessibili per chi ha una famiglia o intende farla, e va colmato il gap economico con colleghi uomini. Noto, comunque, come rispetto a 20 o 30 anni fa nel settore ci sia meno sessismo, e questo è grazie al lavoro di tutti, anche a grandi esponenti uomini della mixology che hanno iniziato per primi a dare il buon esempio. Abbiamo bisogno che i colleghi uomini siano uniti contro le discriminazioni di genere, e questo per fortuna è successo e sta succedendo. Al momento la situazione è positiva, in crescita, e mi dico soddisfatta del lavoro che tutti abbiamo fatto insieme».
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Alberto Lupini
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