Certificazione dei Cuochi, la Fic lavora perché il Governo decida in fretta

Intervista a Giuseppe Ferraro, responsabile del Dipartimento Lavoro della Federcuochi. Primi passi avanti nella valorizzazione della professione del cuoco: già 15 gli chef della Fic certificati da Uni e occupano tutti una posizione dirigenziale. Ma per il settore serve una svolta decisiva da parte delle istituzioni

07 settembre 2023 | 12:10
di Gabriele Pasca

In Italia, la cucina non è solo un pilastro della cultura, ma anche un settore economico in fermento che necessita di elevati standard professionali. Dal riconoscimento legale della professione alla creazione di un contratto collettivo nazionale, la Federazione Italiana Cuochi (Fic) è al fronte di una battaglia per l'armonizzazione degli standard e per la tutela dei lavoratori e dei consumatori. Questo impegno si estende alla formazione continua, alla certificazione e alla promozione di pratiche lavorative sostenibili, segnali chiari di un settore in crescita e in adattamento ai cambiamenti.

Queste iniziative pongono le basi per un riconoscimento istituzionale della professione, garantendo sia la qualità che la sicurezza in un mercato in rapida evoluzione. Al centro di questi sforzi c'è Giuseppe Ferraro, responsabile del Dipartimento Lavoro della Fic dal 2019. Nonostante le sue radici calabresi e la sua attuale base in Toscana, Ferraro è una figura nazionale nel contesto della cucina italiana. Gestisce un ristorante a Siena e ha un ruolo attivo nel dialogo con le istituzioni per le questioni che riguardano il lavoro dei cuochi. Ma al di là dei titoli e delle responsabilità, il suo impegno si inserisce in un quadro più ampio di aspirazioni e sfide che la Fic e i suoi membri stanno affrontando.

Giuseppe Ferraro (Fic): «Una certificazione ufficiale è cruciale per garantire sia la qualità che la sicurezza in ristorazione»

A distanza di un paio d'anni dal primo accordo tra la Federazione Italiana Cuochi e l'istituto di formazione Uni che certifica la qualifica professionale, qual è il bilancio?
Al momento, contiamo circa 15 cuochi già certificati che fanno parte della Federazione. La maggior parte di loro ricopre anche un ruolo dirigenziale, sia a livello provinciale sia all'interno della Federazione stessa. Abbiamo diviso il numero per le tre aree geografiche - Nord, Centro e Sud - per poter offrire tutela anche ai giovani che in futuro chiederanno di essere certificati. Sarà nostra prerogativa essere presenti durante le certificazioni per garantire una maggiore tutela ai nostri soci.

Quindi avete iniziato dai vertici...
Esatto, abbiamo iniziato dai vertici e ci siamo autofinanziati per ottenere la certificazione. Siamo i primi cuochi certificati a ricevere questo riconoscimento. Stiamo collaborando strettamente con le istituzioni, sebbene sia difficile far comprendere che queste certificazioni tutelano anche il consumatore e, quindi, rappresentano una questione di salute.

Perché è importante arrivare a una certificazione riconosciuta dallo Stato?
Una certificazione ufficiale è cruciale per garantire sia la qualità che la sicurezza in ristorazione. Il settore è in evoluzione: dalla cottura sul carbone alla cucina ad induzione, è essenziale rimanere aggiornati. La mancanza di professionalità può portare a rischi per la salute, incluso casi gravi. Ecco perché il riconoscimento legale è indispensabile.

Questo potrebbe aprire la strada a una serie di benefici, inclusa la possibilità di arrivare ad un contratto collettivo nazionale per la categoria. Che ne pensate?
Sarebbe davvero un passo avanti significativo. Al momento, la situazione contrattuale è piuttosto frammentata, soprattutto nel settore turistico, che ha una moltitudine di contratti diversi per quanto riguarda la somministrazione di cibo e bevande. Creare un unico contratto standardizzato per i cuochi professionisti potrebbe portare chiarezza e uniformità al settore. È un po' assurdo che oggi, chi coltiva le patate possa finire con lo stesso tipo di contratto di chi le prepara e le serve ai clienti.

Giuseppe Ferraro (Fic): «Il nuovo governo ha dimostrato una notevole apertura al riconoscimento della nostra professione»

Immagino che sarà una lunga lotta da parte della vostra Federazione...
Certo, ma come si suol dire, ogni grande viaggio inizia con un primo passo. Siamo molto ottimisti, soprattutto con il nuovo governo che ha dimostrato una notevole apertura riguardo al riconoscimento della nostra professione. Abbiamo instaurato un dialogo continuo con le istituzioni, che più volte ci hanno rassicurato sull'importanza di ciò che stiamo cercando di realizzare. Quindi, sì, siamo fiduciosi per il futuro.

Quali sono le aspettative tra gli associati? Percepisce un senso di attesa?
Ricevo numerose chiamate da membri della Federazione che sono ansiosi di ottenere la certificazione. Certamente comprendono che un riconoscimento ufficiale potrebbe elevarne il livello di professionalità, soprattutto quando si tratta di candidarsi per un lavoro.

L'imminente, e speriamo prossimo, riconoscimento legale della professione dovrebbe anche implicare lo sviluppo di infrastrutture formative dedicate...
Esatto. Siamo attenti alla dimensione geografica nella pianificazione delle sedi formative. L'obiettivo è minimizzare gli spostamenti per i membri, specialmente per quelli provenienti da regioni più lontane come, ad esempio, la Sicilia. Stiamo pianificando di stabilire convenzioni in tutte e tre le aree geografiche principali: Nord, Centro e Sud, collaborando con enti certificatori per tracciare la progressione professionale dei cuochi.

A livello europeo, ci sono novità da segnalare?
Recentemente, un collega in Francia ha espresso grande interesse nel nostro progetto. Pare che anche loro stiano lavorando su qualcosa di simile. Noi italiani abbiamo la tendenza a essere pionieri in molte iniziative, anche se a volte queste si arenano. Speriamo che il nostro esempio possa fungere da catalizzatore per sviluppi simili anche in altri paesi, agevolando così la strada per tutti noi.

Per quanto riguarda la formazione generale offerta dalla Federazione, ci sono sviluppi significativi da segnalare?
In collaborazione con Cast Alimenti, offriamo formazione continua e mirata alle esigenze dei nostri soci. Non ci limitiamo più a fornire semplici ricette; ci concentriamo su tecniche avanzate e sull'aggiornamento costante delle competenze. La formazione è un ambito al quale questa dirigenza dedica particolare attenzione e risorse.

Giuseppe Ferraro (Fic): «Inviterei la politica a considerare quanto siano centrali i cuochi nei momenti significativi della nostra vita»

Un'altra questione cruciale è il riconoscimento del carattere usurante del lavoro del cuoco. A che punto siamo?
Abbiamo recentemente incontrato il sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Durigon, che ci ha fornito prospettive molto positive. Ha dimostrato apertura al dialogo e condiviso la nostra visione sul fatto che il lavoro del cuoco sia effettivamente usurante. Abbiamo presentato tutti i nostri studi e le ricerche che supportano questa posizione. Ci è stato detto che la questione è fattibile e ora attendiamo ulteriori sviluppi. Abbiamo anche posto un ultimatum: o il governo ci supporta in questa battaglia o fa come i predecessori, ignorando la questione. Fortunatamente, ci è stato assicurato che il governo è favorevole e intende sostenere la categoria dei cuochi.

Qual è il consiglio che la Federazione potrebbe offrire alla classe politica per affrontare seriamente le problematiche quotidiane dei cuochi?
Inviterei la politica a considerare quanto siano centrali i cuochi nei momenti significativi della vita di ognuno di noi. Dalla nascita al matrimonio, celebriamo le tappe importanti della vita in un ristorante. Senza i cuochi, queste esperienze perderebbero molto del loro valore. Dunque, è cruciale proteggere e valorizzare chi rende speciali questi momenti, dalla culla alla tomba.

Quindi, l'obiettivo è garantire a questa figura professionale le tutele e le condizioni lavorative che merita.
Esattamente. Iniziando dall'armonizzazione con gli standard internazionali. La pandemia ci ha mostrato che il vero lusso è il tempo. E il tempo non è qualcosa che un datore di lavoro può concedere da solo; serve un intervento istituzionale, come sgravi fiscali che permettano una doppia turnazione. I cuochi operano sotto stress elevato, dovendo accontentare una gamma vasta di esigenze dietetiche. Meno stress significherebbe una migliore qualità della vita per loro.

Com’è la situazione italiana rispetto a quella internazionale?
All'estero si sta meglio, soprattutto perché la doppia turnazione è già una prassi consolidata, consentendo ai cuochi di avere più tempo libero e di vivere il loro mestiere in modo più sostenibile. La loro qualità di vita è notevolmente migliore, e l'Italia farebbe bene a prendere esempio.

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