Cerea: «Pizza, carne e bollicine Siamo pronti per un nuovo format»
Il ristorante tristellato Da Vittorio di Brusaporto (Bg) sta riconvertendo parte della sua attività. Con la riapertura, nascerà un ristorante nuovo a bordo piscina, nella zona un tempo dedicata ai banchetti . Lo chef Chicco Cerea: «In Cina il lavoro è ripreso; per l'Italia è solo questione di tempo. Menu più corti e piatti più semplici? Non se ne parla»
08 maggio 2020 | 12:00
di Sergio Cotti
La famiglia Cerea si prepara così alla riapertura del 1° giugno, con una riconversione di parte della sua attività, figlia dell’emergenza coronavirus, per non lasciare a casa nessuno dei suoi collaboratori e per provare a cogliere l’opportunità di sperimentare un modo nuovo di fare ristorazione.
Enrico "Chicco" Cerea
Enrico Cerea, il vostro è un bel segnale per tutto il settore. Come vi state preparando a questa nuova avventura?
Sono settimane di grande fermento. Abbiamo ripreso a fare le pulizie di fino e stiamo programmando la turnazione del personale. C’è poi questo progetto di riconversione della zona della Cantalupa che, siccome i banchetti saranno fermi ancora per un po’, aveva bisogno di essere ripensata. Faremo un popular restaurant a bordo piscina, dove sperimenteremo un nuovo concept, con la preparazione di pizze particolari e carni alla griglia con una serie di contorni. Da bere, solo bollicine italiane ed estere, con qualche bottiglia di rosso per accompagnare la carne. Sarà un ristorante più easy e meno impegnativo, ed è su questo che ci stiamo concentrando.
Non ci dirà che sta lavorando con i suoi collaboratori in smart working.
E invece sì. Non mi sarei mai aspettato di lavorare da casa con cuochi e camerieri, ma è quello che sta succedendo davvero. Ci stiamo confrontando su menu, proposte e orari, per essere pronti quando potremo riaprire.
La piscina della Cantalupa, a bordo della quale sorgerà il nuovo ristorante
Un progetto che nasce dall’emergenza?
Esattamente. Abbiamo un gruppo di 30 persone dedicate a catering e banchetti ed essendo ferma la nostra location, perché non ci saranno matrimoni, feste, party e inaugurazioni, abbiamo deciso di creare un ristorante nuovo in un ambiente piacevole, tranquillo e con le dovute distante. Ma soprattutto vorremmo puntare su prodotti davvero buoni. Il format è nuovo ed è una sfida anche per noi.
Per la riapertura si parla tanto di menu più corti e di piatti più semplici. Sarà così anche per voi?
No. Noi i piatti semplici li abbiamo sempre fatti; abbiamo sempre puntato sulla semplicità come esaltazione del prodotto e come ricordo emozionale per il nostro cliente. Capisco che molti abbiano l’esigenza di semplificare la loro proposta. Io dico di no, anzi: dovrò osare ancora di più, per far sì che la gente abbia ancora più voglia di venire. Voglio continuare a scioccarla ed emozionarla. Questo periodo ci lascerà un segno a vita, ma noi dobbiamo stimolare le persone affinché si riprenda l’attività che si faceva prima.
Avete già pensato all’organizzazione della vostra sala?
Lo faremo quando finalmente avremo delle procedure uguali per tutti. Oggi circolano ancora una serie di informazioni, molte delle quali fuorvianti, senza che sia stato definito alcunché. Quando ci saranno regole certe, prenderemo in considerazione tutto ciò che si dovrà fare per la salvaguardia della sicurezza di tutti. Noi abbiamo un ambiente che garantiva anche in passato distanze già abbastanza ampie, e un dehors che ci permetterà di mantenere all’incirca i numeri di prima. Proveremo a sperimentare il doppio turno, ma da noi non c’è troppo la mentalità per questa pratica. Io sono propositivo e speranzoso: mi auguro che i nostri clienti abbiano voglia di tornare e a giudicare dai messaggi che ricevo in questi giorni, sono certo che sarà così. All’inizio sarà tutto un po’ rallentato, ma ho fiducia che le persone assorbiranno il colpo e torneranno.
La famiglia Cera al completo
Tanti ristoratoti chiedono di anticipare la riapertura dei locali al 18 maggio. Lei cosa ne pensa?
Va benissimo; ci sono aziende che purtroppo rischiano di andare in sofferenza. Certo è che prima di aprire devono dirci cosa fare, e a quel punto dovremo rispettare tutti quello che ci verrà imposto.
Voi siete stati tra coloro che di fatto non si sono quasi mai fermati, grazie all’attività di delivery.
Abbiamo chiuso tre giorni prima delle imposizioni ministeriali, perché avendo dei ristoranti in Cina, avevano già avvertito dai nostri collaboratori di là quanto fosse pericolosa questa situazione. Perciò abbiamo preferito fermarci e ripartire subito con il servizio di consegna a domicilio, che già facevamo anche in passato, seppure in maniera più soft. Abbiamo quindi continuato, anche con buoni risultati, tuttavia questo non basta a sostenere un’azienda come la nostra.
Si dice che in futuro la delivery prenderà sempre più piede.
Non lo so, non credo. Mi auguro piuttosto che la gente torni nei nostri locali e che abbia voglia di viaggiare. Le persone hanno bisogno di socialità.
In Cina come stanno andando, oggi, gli affari?
Mi conforta molto quello che sta succedendo: abbiamo ripreso a lavorare con ritmi importanti, seppure non ancora al 100%, e questo fa ben sperare. Da quel che mi raccontano, per le strade è tornato lo stesso movimento di auto e di persone di sei mesi fa. È solo una questione di tempo, poi spero che si risolva tutto anche qui. Certo è che con le aperture dovremo essere tutti consapevoli che il futuro immediato dipende da ognuno di noi. Se ci fosse un’altra ricaduta sarebbe deleterio per tutti. Dunque, va bene riaprire, ma con le giuste regole.
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