L'entusiasmo di un giovane, quale è, ma con la sicurezza di chi ha le idee chiare, e ben definite. Sia per il presente sia per il futuro. Federico Pinna, classe 1998, è stato recentemente eletto miglior barista d'Italia in occasione di un concorso dedicato al Sigep, battendo la concorrenza di colleghi più anziani (e, conseguentemente, anche più esperti) di lui. Un successo di un under 30 che testimonia anche il crescente interesse delle nuove generazioni (di professionisti del settore prima, si spera anche dei clienti poi) verso un mondo, quello dell'espresso di qualità, di cui si è molto dibattuto e di cui molto, probabilmente, si dibatterà in futuro. Considerando soprattutto come questa “nuova” (o forse meglio dire, in fase di rinnovamento) concezione della materia si scontri con la cultura, fin troppo superficiale e sbrigativa, del caffè espresso in Italia.
Federico Pinna eletto al Sigep miglior barista d'Italia
Federico Pinna, titolare dell'Urban Caffè di Treviglio (Bergamo) è il miglior barista d'Italia: a dichiararlo vincitore una giuria di esperti, che ha sapientemente valutato i sei candidati nella categoria Barista all'interno dei campionati italiani organizzati da SCA Italy, la delegazione italiana della Specialty Coffee Association, promotore di una cultura autentica del caffè di qualità.
La gara si è svolta domenica 21 gennaio all'interno della Coffee Arena di Sigep, uno degli eventi più importanti in Europa dedicato ai professionisti del food & beverage. Ogni anno nella cornice della manifestazione riminese si svolgono i campionati italiani dopo diverse tappe di selezione sul territorio italiano che decretano i ragazzi che accederanno al circuito delle semifinali e finali del Sigep. Federico Pinna è stato dichiarato vincitore nella categoria Miglior Barista: la sfida consisteva nel preparare, in un massimo di 15 minuti, tre categorie di bevande da servire ai quattro giudici sensoriali, nello specifico quattro espressi, quattro bevande al latte e quattro signature drinks personalizzate a base espresso. Questo titolo permetterà a Federico di accedere ai campionati mondiali organizzati da SCA che si terranno a Busan in Corea del Sud, a maggio. Anche di questo abbiamo parlato direttamente con Federico, che ci ha raccontato il suo recente successo ma anche la sua filosofia, e il suo lavoro, verso un prodotto di cui in tanti di fanno cultori, ma al contempo di cui non tutti hanno piena consapevolezza.
Federico Pinna: Specialty? «Un settore in crescita»
Federico, sei giovanissimo ma già eletto miglior barista d'Italia. Cosa ti ha portato a questo successo?
Sicuramente la costanza con lo studio e la ricerca che sto facendo in questi anni. Ormai sono 7 anni che mi sto impegnando per puntare non tanto a vincere premi del genere, quanto a cambiare un po' la visione del caffè in Italia. Lo facciamo già nel mio locale, un piccolo indirizzo in provincia di Bergamo, e questa vittoria mi dà un po' più di fiducia su quello che faccio e un po' più di credibilità, perché comunque la cultura del caffè in Italia diciamo che un po' manca.
Come si diventa il miglior barista d'Italia?
Prima di tutto c'è l'interessarsi all'innovazione, sono 3 anni che insieme al team Bugan stiamo cercando di portare innovazioni nel mondo del caffè, dal processo lavorativo alla ricerca della miglior tazza possibile per garantire una bevuta di qualità. Dietro tutto questo lavoro c'è tanta fatica, tanta ricerca, tanti assaggi e tante prove. Quest'anno poi in gara abbiamo portato un tema nuovo, legato all'aspetto chimico fisico e di come i processi di questo tipo possano andare a cambiare l'esperienza sensoriale del consumatore.
A maggio andrai ai Mondiali di Busan. Con quali aspettative?
Con la volontà di portare il più in alto possibile il nostro Paese, e sarà ovviamente un'emozione unica in quanto si tratta del mio primo mondiale. Sarà complicata l'organizzazione logistica: andremo dall'altra parte del mondo quindi portare tutto il necessario, tra materie prime, attrezzature e strumenti di lavoro, non è impresa semplice. Però andiamo con l'obiettivo di goderci il momento e cercare di ottenere il miglior risultato possibile.
A che punto è il movimento dell'espresso e dell'espresso di qualità in Italia?
Sta crescendo. Io ho iniziato a seguire questo mondo da appena sei anni, quindi non posso dire di essere un esperto in materia come magari tanti miei altri colleghi. A Treviglio abbiamo un piccolo locale in cui proponiamo solo specialty, italiani e non. I clienti apprezzano se vengono istruiti, guidati. Se il barista non istruisce il cliente è difficile da far capire questo mondo, anche perché noi veniamo da una cultura completamente diversa, da una concezione sbagliata del caffè, inteso comunemente come bevanda calda, amara, da zuccherare e da bere poi in modo sbrigativo e senza dargli la dovuta attenzione. Quindi bisogna prima di tutto formare i baristi, che poi sono chiamati a compiere questa opera di divulgazione nei confronti dei clienti.
Federico Pinna: «Espresso? In Italia un retaggio da correggere»
E questa cultura sbagliata secondo te da dove parte?
È una considerazione errata del caffè espresso che si tramanda da tempo, assorbendo anche tante false credenze e molte scorie. Partendo dallo zucchero, che in realtà non dovrebbe essere utilizzato perché va a coprire i difetti. Un espresso di qualità non ha bisogno di essere zuccherato. Idem per i sentori amari, tipici di un prodotto “bruciato”, quindi rovinato. Va spiegato per bene come si beve un espresso, e questo è il compito di un barista adeguatamente formato, per cambiare la cultura e la considerazione del cliente rispetto al prodotto.
La formazione dei baristi, intesa anche come corsi di aggiornamento professionale, è adeguata secondo te?
Ci sono tante scuole in Italia, e tantissimi trainer, che ti permettono di migliorare. Io dopo il diploma da geometra ho deciso di tuffarmi nel mondo del caffè intraprendendo la carriera di barista, e mi sono affidato a scuole di formazione per svolgere i corsi necessari e devo dire che li ho trovati adeguati al mio percorso. Ciò che non deve mai mancare è la passione e l'impegno che ci mette il barista per crescere e migliorare. Quella è senza dubbio una base imprescindibile.
Ma a livello internazionale ci sono delle nazioni guida in questo mondo?
Ci sono dei Paesi guida come Australia, Gran Bretagna, ma anche gli Usa o alcuni Paesi asiatici che si stanno muovendo molto bene in tal senso. Sicuramente all'estero c'è una maggiore cultura legata alla caffetteria, intesa come locale che fa solo caffè, mentre da noi è ovviamente il bar all'italiana il modello più diffuso. Nelle città come Milano, Roma, Firenze, Bergamo o Napoli però stanno aprendo o sono già operativi da anni gli specialty coffee shop e questo sicuramente aiuta alla crescita del movimento.
Per concludere, nel tuo futuro professionale cosa vedi?
Tanti viaggi per continuare a formarmi e diffondere questa mia passione. Poi chissà che non riesca ad aprire qui da Treviglio una caffetteria dedicata interamente allo specialty coffee. Voglio comunque continuare in questi mesi e nei prossimi anni a far formazione e divulgazione, sperando di trovare una sempre maggiore apertura da parte dei clienti. È un mondo in evoluzione quello del caffè, sono uno che lavora a step quindi tempo al tempo.
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Alberto Lupini
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