Baby Darling, il cocktail che viene dal passato
Negli anni '60 Luigi De Martinis mise a punto un cocktail, introducendo l'Amaro 18 Isolabella nella ricetta, con il quale vinse l’importante Concorso Nazionale Aibes - Associazione Italiana Barmen e Sostenitori
Nel moderno mondo del “bartending” sono entrati in uso termini quali “mixology”, “home made”, “trhowing” e molti altri, termini con i quali si intende un modo di lavorare, preparare e utilizzare ingredienti, ripescati dalle moderne generazioni di barman, attingendo da un mix di conoscenze dell’inglese, storia e tecniche, acquisite attraverso l’evoluzione che si è avuta nei corsi di formazione a partire dalla fine del 1970 e voluti dall’Aibes - Associazione italiana barmen e sostenitori, senza minimamente immaginare a quale evoluzione ciò avrebbe portato il lavoro del barman attuale, passando anche dal “flair bartending”. Ma come ho ribadito più volte in altri miei interventi, nulla accade per caso, nulla è calato dall’alto per bravura particolare di qualcuno, ciò che accade ogni momento della nostra vita, incluso nel mondo lavorativo del moderno “bartending” è dovuto a sviluppi, evoluzione, trasferimento di informazioni provenienti da chi ci ha preceduto in ogni settore della vita e nel settore del lavoro di bar da tanti colleghi barman a partire dagli anni della “Belle Epoque” passando attraverso Jerry Thomas, Harry Craddock o Ada Coleman, i quali generazione dopo generazione han fatto giungere a noi le informazioni che loro e i barman successivi sono stati capaci di rielaborare. E questo continua ad avvenire oggi, grazie alla conoscenza della memoria storica che si dovrebbe mantenere tra colleghi.
La scelta di inserire un amaro nel cocktail
Oggi un prodotto ampiamente sdoganato e ripreso, è quello della categoria degli amari, i famosi “Bitter” termine con il quale Fulvio Piccinino ci ha fatto un libro: “Amari e Bitter”, mentre Davide Campari ci fece una fortuna e che aveva appreso, grazie allo sviluppo che gli olandesi della “Erven Lucas Bols” avevano dato al settore con l’introduzione sul mercato di liquori che venivano identificati come “Bitter all’uso d’Holanda”, da cui poi derivarono le varie categorie Bitter aperitivi, amari digestivi, amari dolci e molti altri. Oggi gli amari sono importantissimi, scoperti anche da molti barman stranieri, in quanto nei cocktail, affinché siano equilibrati vi deve essere un giusto rapporto di dolce, acido e amaro regola tramandata a noi dagli albori della storia del bere miscelato, quindi nessuna novità; novità solo per chi ignora la storia del settore. Ma veniamo alla storia. Negli anni '60 un mio caro amico barman, grande professionista e precursore dei tempi, mise a punto un cocktail con il quale fece molto parlare, introducendo un amaro nella ricetta con la quale vinse l’importante Concorso Nazionale Aibes, l’unico vero concorso Italiano per cocktail, riconosciuto da tutto il settore italiano del beverage, unico nel suo genere. Il luogo era St. Vincent in Val d’Aosta, presso il Grand Hotel Billia, l’anno il 1966, il mese novembre, il barman “Luigi De Martinis detto Gino” che all’epoca lavorava nel suo locale, un noto piano bar il “Softly” molto alla moda negli anni '70 a Milano.
La ricetta originale
Ma veniamo alla ricetta originale del 1966 e all’amaro usato, un amaro, per molti barman di oggi sconosciuto, ma che potrebbe essere riscoperto, in quanto ancora in produzione da parte di Illva di Saronno.
Baby Darling
2 cl di Vermouth rosso,
2 cl di Amaro 18 Isolabella
3 cl di rum invecchiato 5 anni
Alcune gocce di liquore Galliano.
Sprizzare una buccia di arancio
Preparato nel mixing glass e servito in coppa a cocktail
Pensato forse come after dinner ma con un twist che vi proponiamo, potrebbe anche diventare un ottimo aperitivo.
Baby Darling Twist
3 cl. Vermouth Bianco High life (tenute Isolabella)
2 cl. di Amaro 18 Isolabella
2 cl. Whiskey Bourbon
Aromatizzare con alcune gocce di Cannella La Delizia
Lemon Twist e ciliegina rossa Fabbri
Preparato in un mixing glass, e servito in coppetta da cocktail
L’Amaro 18 Isolabella e la sua storia
Grande amaro del passato, fu introdotto in Italia da una casa storica, la “Egidio Isolabella”, fondata nel 1871, inventore anche del famoso Mandarinetto Isolabella, liquore agli agrumi, in voga verso la fine del 1800 noto come “Curacao”. Come spesso accade, la Casa Isolabella, nacque come fabbricante di vermouth, visto il successo di questo aperitivo nel secolo scorso, quello fatto con il vino moscato, si passò in seguito, anni dopo, a produrre, anche un amaro, il 18 Isolabella. L’amaro nacque con connotazioni curative come la maggioranza dei prodotti alcolici a base di erbe e radici dell’epoca. Pare che l’ispirazione per il nome derivi dal fatto che l’infusione dell’amaro contava 18 erbe selezionate, così come la numero 18 era la licenza dell’azienda per la produzione di alcolici. Come avesse ideato la ricetta è un mistero, ma in un libro dal titolo “Gusti e sapori del Lago Maggiore edit. Alberti di Verbania” è riportato che all’Isola Bella Alessandro Pirotta, capo giardiniere dei giardini Borromei di Stresa, dal 1863 al 1915 pare che avesse prodotto un liquore di erbe alpine alcune raccolte sulle pendici del Mottarone, altre raccolte nelle proprietà Borromee del Mergozzolo, le quali guarda caso erano 18 e l’infuso veniva elaborato sull’isola Bella, inventando un amaro medicinale, secondo la tradizione dell’epoca. Questi fatti sono stati raccontati da Angelo Pollini, discendente di una delle famiglie più antiche dell’isola Bella, cosi come scritto nel libro citato.
L’amaro ebbe veri momenti di gloria con pubblicità televisive all’avanguardia per l’epoca
Una serie fortuita di casualità? Isolabella, oltre che essere il nome del fondatore dell’azienda, è anche il nome dell’omonima isola del Lago Maggiore, il numero di erbe citato nel libro, 18 come quelle dichiarate dall’inventore e la data della fine della guerra il 1918, che potrebbe aver dato luogo all’idea di titolarne il nome alla fine della medesima a un amaro che forse già era in produzione. Potrebbero addirittura essersi conosciuti e incontrati i due personaggi…però tutto ciò rimane nell’alveo delle supposizioni e delle leggende che accompagnano la nascita di molti liquori e cocktail, anche se si deve riconoscere che il numero 18 ricorre spesso. Esistono, però, delle immagini storiche dell’Amaro che potrebbero far pensare alla data legata alla fine della grande guerra. Una immagine curativa pubblicitaria viene enfatizzata anche dalla presenza dell’infermiera che porge un bicchiere dell’elisir in questione, sottolineato dallo slogan “Per la salute” quando ancora, come scritto prima, gli amari venivano considerati un medicinale. L’amaro ebbe veri momenti di gloria con pubblicità televisive all’avanguardia per l’epoca. Qui ne trovate una del 1985. L’amaro ha un volume alcolico di 30° e risulta piacevole ed equilibrato. Oggi la proprietà storica produce vini come “Tenuta Isolabella” a Loazzolo, in provincia di Asti.
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Alberto Lupini