Alessandro Negrini riscopre a Milano la sua Valtellina

Nel menu Bitto, “Dumega” e “Borsat”. In occasione della “trasferta” da Identità Golose un vero e proprio appuntamento con la terra d'origine per il cuoco di Aimo e Nadia

23 novembre 2022 | 16:19
di Davide Bortone

Poco più di 6 chilometri. Fuori da Legioni Romane e Viale Caterina da Forlì imbocchi via Sardegna, poi via Monferrato. Tagli Corso Vercelli e giù, surfando sul traffico, con la metropolitana rossa sotto ai piedi. Pagano, Conciliazione, Cadorna, Cairoli. Ed eccola via Romagnosi, in zona Teatro alla Scala. Tra Il Luogo di Aimo e Nadia e il ristorante Identità Golose, ieri sera, c’era più distanza di quanta lo chef Alessandro Negrini, membro di Euro-Toques, abbia potuto percepirne con la propria terra d’origine: la Valtellina. Una gita fuori porta (della cucina di Aimo e Nadia, s'intende) per rispondere alla chiamata di “Vini e Chef della Lombardia”, calendario di incontri tra calici e padelle (d’autore) sotto al tetto dell’Hub internazionale della gastronomia, che ha visto protagonista il Consorzio Vini valtellinesi. Nato (quasi) 44 Stelle Michelin fa a Caspoggio in Valmanenco, «il Bronx della Valtellina» come ama scherzosamente definire il paese natale, Negrini ha elaborato un menu di 4 portate che ha messo al centro i sapori della gioventù, in abbinamento al “Nebbiolo delle Alpi”. Un viaggio che ha abbracciato alcune delle vallate del comprensorio. Con l’obiettivo (centrato) di «rendere eccezionale la semplicità». Perché, per dirla con le parole dello chef, «la Valtellina è tante storie, non è soltanto espressione delle tradizioni di un paese o di una vallata». 

Il menu di Negrini da Identità Golose 

Negrini ha voluto partire dalle Orobie valtellinesi, con una “Misticanza con uovo di selva e pane di segale al succo di mela” abbinato al generoso Valtellina Superiore Docg 2018 di Dirupi. Determinante per la riuscita del piatto «il tartufo della Valtellina». Ovvero un’abbondante grattata di Maschèrpa, una Ricotta d'Alpeggio Stagionata delle Valli del Bitto (che con il Tuber Magnatum Pico condivide, ça va sans dire, solo il colore). Grande ricerca anche per le uova di selva. Arrivano da un piccolo produttore del Passo San Marco, un tempo crocevia essenziale per il traffico delle merci della “Serenissima” al centro Europa.

Il primo piatto è un manifesto alla semplicità. La Zuppa di Dumega con legumi e delizie dell’orto, in (perfetto) abbinamento con il Valtellina Superiore Docg 2018 “Ortensio Lando” di Luca Faccinelli, è da godere col naso. Tanto da rischiare di far diventare tutto freddo. «Pochissimi conoscono la “Dumega” - commenta lo chef Alessandro Negrini - una zuppa o minestra d’orzo che ho voluto arricchire con le costine di maiale. Un piatto ancestrale, con castagne e noci, un tempo fonte di proteine, insieme ad altri legumi». A seguire il “Borsat di pecora fatto a mano dalla Signora Menia”, vera e propria istituzione a Livigno. Una donna che ha saputo tramandare ai nipoti antiche ricette, oggi replicabili fuori dal territorio d’elezione. Sapori e saperi che lo chef Negrini ha voluto mettere sul palco, a Milano, in abbinamento (non proprio centratissimo, stavolta) con lo Sforzato di Valtellina Docg 2018 “Infinito” di Tenuta Scerscé.

 

Curiosa la preparazione del “Borsat”, sorta di sacca ottenuta dalla pelle della pecora, farcita con carne e grasso dello stesso animale. Questa sorta di portafoglio viene poi bollito. Tradizione livignasca vuole che il “Borsat” possa essere conservato nello strutto, in vasi di terracotta, e consumato durante l’inverno. «Un piatto di una povertà assoluta, ma dal sapore straordinario», sintetizza bene Negrini. Per finire si torna in Valmalenco con il dolce di “Cachi e castagne di Mossini”, in abbinamento con il Passito Alpi Retiche Igt 2016 “Ispirazione” di Nino Negri. Texture resa cremosa non solo dalla frutta, ma anche dalla panna. A bilanciare il cucchiaio, ricordi di genziana, radice molto amara che i nonni valtellinesi (e non solo) mettevano sulle unghie dei bambini, per evitare che se le mangiassero.

La gastronomia della Valtellina 

A fine serata, il bilancio sulla Valtellina nel piatto e le prospettive della gastronomia valtellinese. «A livello di alta ristorazione “gourmet” - rivela chef Negrini a Italia a Tavola - il prodotto più spendibile del territorio è in questo momento il Bitto, in particolare il Bitto Storico. Ci sono poi il violino di capra e di pecora: prodotti di cui nessuno parla, pur straordinari. Da non dimenticare la bresaola fatta bene, un prodotto da raccontare, al pari delle mele».

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Alberto Lupini


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