Abbiamo sollevato la toque a Vittorio Giannola: generoso, leale, umile

Vittorio Giannola ha intrecciato arte e cucina nella sua carriera, abbandonando gli studi di architettura per seguire la sua passione. Attualmente è sous chef al ristorante stellato Pipero di Roma con lo chef Ciro Scamardella

26 luglio 2024 | 19:30
di Carla Latini

La carriera di Vittorio Giannola è intrisa di arte, una connessione stretta e salda tra architettura e cucina. La definisce: una stretta di mano tra Le Corbusier e Marchesi. La sua voglia di perdersi totalmente fra i fornelli lo ha portato a rinunciare agli studi di architettura e a intraprendere il percorso culinario. Oggi vanta una posizione da sous chef nel ristorante stellato Pipero di Roma, sotto la guida dello chef Ciro Scamardella, con Achille Sardiello in sala e, ovviamente, la visione attenta del patron Alessandro Pipero.

Lo chef Ciro gli ha trasmesso un modo unico di pensare alla composizione dei piatti, una sorta di filosofia da seguire. Tanto da arrivare al punto che non serve più parlare, ma con uno sguardo, i due, si capiscono al volo. Immediatamente pensano le stesse cose. Vittorio ha carta bianca in molte situazioni e questo gli è servito per prendere decisioni e risolvere problemi con sicurezza. Si ricorda ancora il primo incontro con Alessandro Pipero circa tre anni fa. Un colloquio in cui non disse nulla ma fece solo una constatazione: “Si vede che sei un bravo ragazzo”.

Con lui non è solo un rapporto padron- dipendente ma complicità e amicizia, una persona con cui si può parlare di tutto. Achille Sardiello, c’è un’affinità fra loro, lo vede come un confidente che fuori e dentro il lavoro può dare consigli e aiuti. Lui è sempre pronto per gli altri. Con la sua eleganza e portamento in sala, basta guardarlo per imparare. Oggi Vittorio Giannola è quello che è grazie a tutte le persone che ha incontrato nel suo percorso.

Ci spiega anche i motivi per cui ha scelto per sé i tre aggettivi nel titolo: «Generoso, motivo per cui faccio il cuoco, se non sei generoso non puoi fare questo mestiere. Leale e umile, perché penso che come dicevano i miei genitori bisogna lasciare sempre un buon profumo, quindi avere caratteristiche del genere ti permette di essere ricordato con piacere nel mondo del lavoro, in cucina e anche nella vita».

Botta e risposta con Vittorio Giannola

Da bambino cosa sognavi di diventare?
Sognavo di diventare un architetto o un grafico pubblicitario, alla fine ho optato per un’altra arte, quella della cucina, ho deciso di trasmettere qualcosa attraverso i piatti, forme, colori e gusto, per me la Quarta dimensione, come Picasso fece con il cubismo.

Il primo sapore che ti ricordi?
Lo street food Palermitano, i sapori della mia terra, la Sicilia. A 3 anni, mia madre aveva trovato un mio vecchio ciuccio, appena lo vidi non volevo più mollarlo. Arrivò mio padre e mi disse. “ Puoi tenerlo però niente più Stigghiola (budella agnello cotte alla brace), Musso (insalata di nervetti e lingua di mucca tipica palermitana) e Quarume (stomaco della mucca in brodo)” Mollai il ciuccio.

Qual è il senso più importante?
Il gusto

Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.
La pasta con le sarde. Ho studiato e mi sono esercitato su tecniche francesi, che amo e sono molto affini alla cucina che mi piace. Ma la difficoltà che ho trovato nella realizzazione della pasta con le sarde, sotto l’attenta guida dei miei genitori attraverso un messaggio vocale, non l’ho trovata neanche nella realizzazione di un jus di manzo o agnello.

Come hai speso il primo stipendio?
Per un coltello che ancora oggi costudisco gelosamente

Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare?
Sarde a beccafico, il Biryani, un piatto della tradizione bengalese che amo, influenzato per l’amore anche a casa per questo tipo di cucina, date le origini della mia fidanzata. La pasta al ragù di mio padre e il pollo al forno di mia madre

Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?
Il cioccolato fondente

Qual è il tuo cibo consolatorio?
Il mio cibo consolatorio sono i dolci, sono un grande goloso, potrei sostituire benissimo un piatto di pasta qualsiasi con un cannolo siciliano.

Che rapporto hai con la tecnologia?
Il mio rapporto con le tecnologie è molto bello, perché lo ritengo un grande strumento nella nostra società se usato con criterio

All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?
All’inferno mi obbligherebbero a mangiare sicuramente un piatto di formaggi che non amo moltissimo.

Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?
Due miti assoluti della cucina per me, Gualtiero Marchesi, mi piace definirlo filosofo della cucina e Auguste Escoffier, padre della cucina francese, il primo ad averla codificata.

Quale quadro o opera d’arte rappresenta meglio la tua cucina?
Un’opera di Alberto Burri, il creatore dell’opera Grande Cretto di Gibellina. Non c’è un’opera in particolare ma il suo concetto informale, metaforico e concettuale dell’arte. Ma soprattutto molto diretto.

Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?
Se la mia cucina fosse una canzone sarebbe: Lucio Dalla Piazza grande, lui voleva attribuirgli un significato di incontro, un punto di incontro. Ecco la mia cucina vorrei che un domani fosse riconosciuta come punto d’incontro.

Ristorante Pipero
Corso Vittorio Emanuele II 250 - 00186 Roma 
Tel 06 68139022

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Alberto Lupini


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