Centri commerciali, senza weekend il fatturato si dimezza

22 ottobre 2020 | 18:30
La misura che prevede la chiusura dei centri commerciali e di tutti i negozi sopra i 2.500 mq non alimentari, il sabato e la domenica, in Lombardia, Piemonte e Basilicata rappresenta il “colpo di grazia”. Non usa mezzi termini il presidente di Federdistribuzione Claudio Gradara all'Adnkronos a nome di un settore del commercio, la Grande distribuzione non alimentare, in cui sono compresi i giganti del Fai da te e dell'arredamento (da Ikea a Brico a Leroy Merlin), dell'abbigliamento (da Oviesse a Zara, a Rinascente), che ha già pagato un tributo molto importante durante il lockdown (da marzo al 18 maggio) e che ha visto fatturati molto inferiori alle cifre storiche rispetto all'anno scorso, un settore che ha sofferto moltissimo.

«Questa ulteriore misura va a incidere su due giornate che mediamente rappresentano il 50% del fatturato settimanale», afferma Gradara e «gli effetti sono molto pesanti proprio perché questo accade in un momento stagionale molto importante per il settore dell'abbigliamento, quando c'è appunto il cambio di stagione. Sono provvedimenti che mettono in ginocchio un settore economico».

La previsione di Federdistribuzione, infatti, per il segmento dell'abbigliamento «era di una perdita di fatturato dal 25% al 30% nel 2020 sull'anno precedente ma, a questo punto, sostiene Gradara - è difficile prevedere cosa accadrà sui fatturati, bisogna capire la durata di queste misure perché certi acquisti si fanno proprio nei fine settimana».

«Siamo nell'incertezza più totale sugli sviluppi successivi ma già quello che è successo adesso è già molto grave». E la preoccupazione aumenta in vista del Natale. «Andiamo verso il momento più critico dell'anno - spiega - quando le vendite nel mese di dicembre per questo settore raddoppiano rispetto agli altri mesi».

Quanto alle misure prese a livello locale Gradara osserva che «può avere un senso differenziare le misure in base alle situazioni sui singoli territori ma ci vorrebbero linee guida un po' chiare su come procedere e soprattutto. Ma il problema rischia di diventare nazionale e a quel punto l'interlocutore è lo Stato».

«Molte aziende sono sorprese per questa scelta - riferisce il presidente di Federdistribuzione - perché i negozi hanno sempre avuto come priorità la sicurezza degli impiegati e dei clienti, applicano protocolli molto rigidi, hanno sistemi di trattamento dell'aria, contemplano ambienti grandi dove è difficile si creino assembramenti. Si fa fatica a capire il perché di questa scelta, non c'è nessuna evidenza che questi luoghi possano essere più a rischio di assembramenti di altri. È paradossale poi - conclude Gradara - come l'ambito di applicazione di queste ordinanze regionali sia più rigido di quanto definito durante il lockdown quando erano state definite categorie che potevano restare aperte, come ad esempio l'elettronica».

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Alberto Lupini


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