Ristorante rifugio Da Aurelio Un locale sotto il segno delle Dolomiti

Al ristorante Da Aurelio il cuoco Luigi Dariz porta sul piatto le Dolomiti. Niente pietre sotto i denti, solo un’intuizione: coinvolgere i clienti in un itinerario alla scoperta dei tesori alimentari delle Dolomiti

23 luglio 2018 | 10:41
di Giovanni Berera
I poeti accosterebbero la cucina di Luigi alla sinestesia, l’artificio retorico che mescola sensi e sensazioni, usato spesso per descrivere emozioni difficili da raccontare altrimenti. Perché al cuoco piace creare accordi sensoriali affascinanti, abbinando sapori a panorami (visivi e sonori), profumi a consistenze. E lo fa senza retorica e con una schietta poesia.



Al Passo Giau sulla terrazza del ristorante Da Aurelio tutto accade naturalmente. Piatti, scenari, silenzi fluiscono armoniosamente. Luigi Dariz ha capito subito che ciò che serviva a rendere unico il suo ristorante era davanti ai suoi occhi. Tutto ciò che gli serviva era intorno a lui.

Molto del merito va a suo padre Aurelio, che nel 1970 costruì il rifugio Piezza (2236 metri slm) a solo 800 metri dal Passo Giau, in una posizione strategica (crocevia tra l’Ampezzano e l’Agordino), da cui si gode un panorama strabiliante, che comprende alcune delle montagne-simbolo delle Dolomiti: l’Averau, la Marmolada, il Settsass e il Gruppo del Sella. Quando Aurelio Dariz costruì il suo rifugio, per arrivare in questo angolo di paradiso esisteva solo una mulattiera. Con il tempo arrivarono la strada statale (più volte teatro di eroiche scalate del Giro d’Italia) e il museo all’aperto della Grande Guerra.

E parallelamente allo sviluppo turistico dell’area, al Piezza la tradizionale attività rifugistica si arricchì di una proposta gastronomica ricercata e originale. Nacque così il ristorante Da Aurelio, dal 1996 saldamente guidato da Luigi Dariz, che nell’arco di un ventennio ha messo a punto una cucina personalissima e sorprendente, a tratti alchemica, orientata alla riscoperta e alla valorizzazione culinaria di fiori, piante e erbe del territorio alpino. Tra gli ingredienti dei suoi piatti non mancano gemme di abete, licheni del Giau, sedano selvatico, aglio orsino e fiori dai nomi stravaganti.


Luigi Dariz

Tutto abbondantemente prima che queste materie approdassero sulle tavole dei ristoranti stellati e che i trendsetter della gastronomia li decretassero imprescindibili per la cucina gourmet di montagna. Per Dariz non si è mai trattato di una moda o di una velleità per sorprendere il curioso ed esigente pubblico della poco distante Cortina.

È sempre stata una questione di fedeltà alle sue montagne, ai saperi non scritti della sua gente e al patrimonio culinario di queste terre, così avare di materie prelibate tanto da imporre la conoscenza di tutto ciò che era possibile consumare a tavola. Ed è sempre stata una questione molto seria per Luigi. Non ha mai scelto la via facile del pittoresco e del folclore. Ha condotto la sua ricerca su fiori e erbe spontanee con rigore scientifico, confrontandosi con esperti botanici e compiendo analisi di laboratorio per conoscere con precisione i principi attivi delle piante che utilizza.

Da anni frequenta l’Istituto Agrario di Laives, maturando la convinzione che conoscere le erbe non significhi solo sapere come impiegarle al meglio nelle sue ricette. Si tratta anzitutto di conoscerne i principi attivi, i migliori periodi per raccoglierle e le tecniche più adatte a lavorarle, per evitare che perdano i loro benefici. Dalla collaborazione con l’erborista Abraham Heinrich, docente dell’Istituto di Laives, è nato anche un progetto di divulgazione per conoscere, scegliere e utilizzare le erbe di montagna in cucina.

Lezioni itineranti a cielo aperto sui prati e nei boschi intorno al Passo Giau condotte dal professor Heinrich e che si concludono nelle cucine di Dariz, che a tratti assomigliano ad un laboratorio officinale. Dariz va particolarmente fiero del suo distillatore, che gli permette l’estrazione degli oli essenziali (soprattutto pino mugo e ginepro), che poi impiega nei suoi piatti.


Terra e cremino al cioccolato con sorbetto al lampone

Seduti al tavolo sulla terrazza del ristorante con vista sulla Marmolada si gusta il bello e il buono della montagna con piatti come la Spuma di patate all'aglio victorialis, finferli, fieno e sedano selvatico e il Maccheroncino con pesto di montagna, con crescione, erba cipollina, sedano selvatico e aglio ursino. Praticamente il meglio che un prato di montagna può offrire.

Una tappa al passo Giau, alla tavola di Luigi Dariz è un affondo nell’essenza della montagna. E l’ideale sarebbe anche fermarsi a dormire in una delle due mini-suite riservate agli ospiti del ristorante, per concedersi l’incanto delle luci dell’alba che accarezzano le Dolomiti in un silenzio interrotto solo dai fischi delle marmotte. E per scoprire una cosa semplice (al di là del gioco di parole): c’è una bella differenza tra gustare le Dolomiti e degustarne i (buoni) prodotti. C’è di mezzo la poesia, anzi la sinestesia.

Per informazioni: www.da-aurelio.it

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Alberto Lupini


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