La rinascita di Castel Pergine, hotel di charme e ristorante

Una Fondazione di imprenditori locali è riuscita nell'impresa di ridare vita all'antico maniero dell'Alta Valsugana. La gestione del ristorante Cà Stalla affidata allo chef Fiorenzo Varesco che propone piatti ruspanti

31 luglio 2021 | 17:45
di Giuseppe Casagrande

Benvenuti in Trentino. Benvenuti a Castel Pergine, l'austero maniero del Trentino che domina con le sue imponenti mura l'Alta Valsugana. Patrimonio della comunità perginese, tre anni fa, dopo alterne vicissitudini lo storico castello è stato acquistato da una Fondazione, capicordata cinque imprenditori locali che con l'aiuto della Provincia Autonoma di Trento, della Cassa Rurale Alta Valsugana, del Comune di Pergine e con il sostegno di un migliaio di amici e soci sottoscrittori, sono riusciti in un'impresa ritenuta da molti impossibile: ridare vita all'antico castello. Missione compiuta e così, dopo aver resistito anche al Covid, oggi la storica residenza è pronta per nuove sfide con il ripristino dell'hotel (un albergo di charme dotato di 17 stanze) e la riapertura del ristorante.


Hotel, ristorante, arte, natura, storia e mille attività

Rinascita che è affiancata da una serie di iniziative, mostre, convegni, spettacoli teatrali, eventi musicali, visite naturalistiche, passeggiate romantiche nei parchi, nei giardini e nei boschi che circondano l'imponente struttura, luogo di nidificazione e habitat ideale di allocchi, gheppi ed altre specie dell'avifauna locale.


Inserito in uno scenario paesaggistico di grande fascino, il castello, mirabile esempio di architettura gotica, ospita anche quest'anno nel parco e nel Palazzo Baronale la tradizionale mostra di scultura, format ideato negli anni Ottanta dai mitici Theo Schneider e Verena Neff che, lasciata la natìa Svizzera, per molti lustri hanno gestito con passione, dedizione e grande professionalità uno dei luoghi più suggestivi dell'arco alpino. Qui, nel corso degli anni, hanno presentato le loro opere alcuni dei più illustri scultori della Mitteleuropa e non solo. Quest'anno la ventottesima edizione è nobilitata dalle opere di un artista trentino di fama internazionale: Pietro Weber con le sue "torri".


Sono sculture verticali realizzate in terracotta, alte tre metri che si rapportano con le forme architettoniche dell'antico maniero. Inusuali nella dimensione e arcaiche nel loro aspetto, queste opere raccontano la storia di antiche civiltà geograficamente e culturalmente molto lontane tra loro. Torri monumentali, autentiche sentinelle che evocano sogni e creano suggestioni al pari del "Castello di Kafka" rappresentato da una serie di opere in cera su carta e su tavola esposte nel salone della Dama Bianca al secondo piano del Palazzo Baronale e realizzate da Pietro Weber quale omaggio grafico-pittorico ai romanzi dello scrittore boemo. Dipinti spettrali carichi di suggestioni e di interpretazioni semantiche.

 

 


Una storia affascinante

Ma torniamo alla storia di questo antico maniero. Eretto in epoca romana sul colle che domina Pergine, nell'Alto Medioevo ebbe la funzione di baluardo difensivo per la comunità e fortilizio per controllare le vie di accesso alla Valsugana ed in particolare i traffici legati allo sfruttamento delle miniere della Valle del Fersina. Fu trasformato in residenza signorile per volere dell'imperatore Massimiliano I d'Asburgo nei primi anni del XVI secolo e successivamente ceduto ai principi vescovo di Trento. Dopo la soppressione del principato, nel 1826 la proprietà fu ceduta alla Mensa vescovile di Trento che affittò il complesso fortificato ad alcune famiglie di contadini. Nel 1905 fu acquistato dal nobile imprenditore bavarese Ferdinand Putz che nel 1920 lo cedette al Comune di Pergine. Nel 1956 fu acquistato da Mario Oss, perginese d'origine, ma residente a Zurigo, che lo trasformò in albergo-ristorante affidandone in epoca successiva la gestione a Theo Schneider e Verena Neff. Il 29 novembre 2018 l'acquisizione da parte della Fondazione CastelPergine Onlus che intende rilanciarlo come cenacolo culturale e punto d'incontro di quanti amano l'arte, la musica, la storia e la buona tavola.


In cucina Fiorenzo Varesco

E a proposito di buona tavola la scelta della Fondazione non poteva che cadere su Fiorenzo Varesco, patron dell'antica Osteria Morelli di Canezza, la storica osteria premiata nel 2019 dalla Guida mitteleuropea Best Gourmet come miglior trattoria di Alpe Adria. Oltre allo storico locale all'imbocco della Valle dei Mòcheni Fiorenzo Varesco, assieme alla moglie Antonella e con il supporto di uno staff di giovani collaboratori (in cucina Fabio Ferro, calabrese d'origine, trentino d'adozione, in sala Francesco Nuresi) ha preso in gestione la locanda del castello: “Cà Stalla”.


Cà Stalla, ristorante rustico-chic

Un ambiente rustico, ma ricco di fascino, impreziosito da montanti lignei posti su basamenti lapidei con le travature del solaio a vista. I mobili sono stati recuperati nel Palazzo Baronale: i tavoli, uno diverso dall’altro, in legno antico, si integrano cromaticamente con le sedie moderne della sala da pranzo. Il locale, protetto dalla penombra, si apre all’esterno su due fronti del parco mentre la cucina si affaccia sul giardino delle erbe aromatiche i cui profumi inebriano gli ospiti.


Nel piatto il territorio e piatti ruspanti

Ma veniamo alle proposte gastronomiche dei nuovi numi tutelari della locanda. Il filo conduttore è il territorio che trova riscontro nei prodotti di qualità a chilometro zero rigorosamente selezionati in base alla stagionalità. Piatti ruspanti, schietti e genuini, proposti senza troppi fronzoli e voli pindarici sia per quanto riguarda gli aperitivi (finger food, drink, stuzzichini tipici locali) sia per quanto riguarda i menu alla carta.


Tra le "chicche" meritano una segnalazione il carpaccio di carne salada con funghetti all'olio; lo speck della casa stagionato 18 mesi; le sarde del Garda in saor con polentina bianca grigliata; il patè di fegato di coniglio con pan brioche alle olive; i fiori di zucchina ripieni di ricotta alle erbe aromatiche. Ed ancora: i canederlotti di funghi con fonduta di formaggi del Lagorai con burro di malga aromatizzato; i tortelli alle erbe selvatiche con burro al crescione acquatico e ricotta di capra affumicata; le tagliatelle di pasta fresca al ragù di cervo; il risotto ai germogli di pino mugo e Casolet.


E come secondi piatti: il diaframma di vitello alla griglia su "rostì" di polenta e patate; il tomino alla piastra con polenta e funghi; il “grestel” di carne e patate con insalata dell'orto; lo sguazet di vitello con polenta. Peccaminosi i dolci della casa (crostate, strudel di mele, semifreddi ai frutti di bosco, sorbetto ai fiori di sambuco, la mitica "rosada" di Antonella) e rigorosamente trentini i vini selezionati da Gianpaolo Girardi: dalle bollicine (Delaiti brut, Blanc de Sers, Massenza Belle) alla Nosiola, dal Lagrein al Veltriner, dalla Pavana al Groppello, dal Marzemino al San Lorenzo. Vini proposti anche al calice.


 

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