Riapre Il buco, la trattoria toscana di Roma con una storia lunga 121 anni

La storica trattoria toscana ritorna ad accogliere i clienti. La sorpresa di questa attesissima riapertura è che si continuerà a mangiare toscano, senza influenze modaiole, mantenendo le radici di una tavola concreta

26 luglio 2022 | 10:54
di Mariella Morosi

A Via S. Ignazio a Roma, tra Piazza del Collegio Romano e il Panteon, è tornata a brillare l'insegna de Il Buco, la storica trattoria toscana simbolo del buon mangiare e del buon bere di una regione che da sempre celebra le preparazioni semplici, con ingredienti di facile reperibilità e di origine contadina, dal pane agli animali da cortile e alla cacciagione, dall'olio al vino delle sue colline. Cucina povera, ma anche dei nobili che nel Rinascimento l'hanno arricchita senza svilire la sacralità di cibi semplici come il pane, che da raffermo può essere una ribollita o un sontuoso crostino ai tartufi. Senza dimenticare il contributo di Caterina de Medici, andata sposa al re di Francia, che oltre al corredo si portò dietro cuochi e prodotti e insegnò al mondo l'uso della forchetta.


Nato nel 1901

Era il 1901 quando aprì Il Buco, come piccola fiaschetteria dei Marchesi Frescobaldi, una vera istituzione vinicola toscana. Per sostenere le vendite del vino si decise poi di aggiungere una modesta proposta di cibo: pochi piatti, salumi, crostini e un pentolone di ribollita sempre pronto. Forse allora il locale non aveva neppure un nome e a chiamarlo Il Buco furono i clienti per indicarne le modeste dimensioni. La svolta avvenne negli anni '70 con la famiglia Cipriano, ancora oggi proprietaria, e il locale diventa una vera istituzione della città offrendo una cucina di rigorosa tradizione con prassi, sapienza e stretto legame territoriale.


Ritrovo per intellettuali, nobili e politici

In tanti sono passati in queste sale: intellettuali, nobili e politici, da Frederic Mitterand, Giuseppe Ungaretti, Giulio Andreotti, Ennio Flaiano, Jean-Paul Sartre. Trilussa, il poeta di Roma lo cita in alcuni suoi sonetti ed è presente in alcune opere come nel romanzo Quer Pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda e nel film Bravissimo di Alberto Sordi. Di casa sono anche le grandi famiglie nobiliari di Roma, dai Doria Pamphilj ai Colonna. Soprattutto la vicinanza con le sedi della politica ne fa quasi una sede istituzionale per decenni, accogliente e riservata, tra una fiorentina e i cantuccini con il vin santo. La saletta privata in fondo al locale, ideale per riunioni appartate, ne avrebbe da raccontare. Oggi ne ricordano la storia le foto e articoli di giornale un po' sbiaditi alle pareti, ma qualche episodio potrebbe raccontarlo anche qualcuno della cucina e della sala, come Martino Mesto, il cuoco richiamato e affiancato da una valente brigata, o il mitico Alfredo Baldari che guida la sala, entrambi memoria storica del ristorante.


Si mangerà sempre toscano

Ma la sorpresa di questa attesissima riapertura è che si continuerà a mangiare toscano, senza influenze modaiole, mantenendo le radici di una tavola concreta con tutta la capacità combinatoria dei sapori della tradizione che sfugge a una certa cucina-spettacolo. E il menu della riapertura è davvero quello che ci si aspetta per chi ama la vera cucina toscana, smentendo Luigi Veronelli che già negli anni '50 diceva che «nulla è più costante del mutare delle trattorie».


«È importante l'accoglienza - dice il titolare Francesco Cipriano - e sempre si stabilisce un legame con chi sceglie di venire da noi. E ora anche con i figli e i nipoti dei clienti di tanti anni fa. Nel piatto invece conta la qualità e il rispetto della tradizione e non solo in senso nostalgico. Ma anche la gestione del fuoco è importante. La cottura alla brace della nostra Fiorentina, mai sotto il kg, esige la perfezione. Questo è l’unico modo per portare in tavola piatti che siano non solo buoni, ma anche leggeri e digeribili».


Vera e propria celebrazione della cucina toscana

La carta è una vera e propria celebrazione della cucina toscana: oltre alle carni bovine ci sono la cacciagione, i salumi di cinta senese, i migliori pecorini. Ma è difficile resistere, all'antipasto, al tagliere in cui oltre ai crostini figurano la finocchiona, il prosciutto e le salsicce secche, anche di cinghiale. La pasta è sempre fatta in casa e restano un must le Tagliatelle ai funghi porcini o al tartufo e le Pappardelle al sugo di lepre e la Ribollita, rigorosamente cotta il giorno precedente e poi riscaldata, è sempre pronta. Difficile poi scegliere tra il Cinghiale al dolce forte, al Fagottino di faraona disossata e ripiena di carciofi servita con polenta o con i Fagioli cotti a lungo nel fiasco, come da tradizione. Anche i dolci sono un vanto del locale, come la Meringata al gelato di vaniglia e il Croccante al pistacchio.


Immutata la fama di buona cantina

Ma il locale mantiene anche la sua fama di buona cantina con una meditata selezione delle migliori etichette toscane e non solo, come i Tignanello, Sassicaia, Brunello di Montalcino, Flaccianello, Barbaresco Gaja e ottimi spumanti.


Il Buco
Via Sant'Ignazio 8 – 00186 Roma
Tel 06 80079696

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Alberto Lupini


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