Puglia, la ristorazione si divide Il 45,8% vuole riaprire nel 2021
I dati del sondaggio effettuato dal Consorzio “La Puglia è Servita" tra i suoi 70 associati. Al Governo si richiede un accesso rapido a strumenti di liquidità finanziaria con interessi bassi o a tasso zero
06 maggio 2020 | 17:37
Puglia, meta privilegiata del turismo nazionale e internazionale. In attesa della riapertura di un Horeca di prestigio e mentre il Governo sta iniziando ad ascoltare questo mercato di peso, il direttore del Consorzio “La Puglia è Servita”, Vittoria Cisonno, ha realizzato un sondaggio rivolto ai 70 associati che si articola in poche, incisive, domande che vanno al cuore delle maggiori criticità in vista dell’apertura prevista per il 1 giugno.
«In Puglia è emerso un mondo della ristorazione spaccato in due sull’apertura – spiega Vittoria Cisonno - ma tutti sono d’accordo su un punto: subiranno molti danni per il taglio dei posti a sedere. I ristoratori del nostro Consorzio basano la loro attività sul convivio, sulla condivisione a tavola di una esperienza, che va ben oltre del semplice cibo. Non solo nutrimento, ma piacevolezza».
Riguardo l’apertura il 1 giugno, per il 45,8% servirebbe un piano di riapertura con data fissata al prossimo anno, con finanziamenti pubblici di sostegno. C’è invece un 41,7% più ottimista che ha voglia di verificare se vi sono condizioni effettive per ripartire.
Sul fronte economico delle singole imprese, chi aprirà non sa se riuscirà a restare aperto (41,7%). Mentre il 29,2% ipotizza di ridurre costi e quindi anche il personale. C’è invece chi pur nella grande difficoltà prevede che non ridurrà il personale e i costi (12,5%). Infine, il 16,7% punta alla diversificazione come elemento di compensazione. Per l’83% non ci saranno clienti a sufficienza per reggere i costi.
Anche in merito al distanziamento, due blocchi quasi contrapposti. Il 29,2 % ha già procurato i documenti informativi e sta formando lo staff. Il 12,5% ritiene che subirà un danno sostenibile dovuto alla riduzione dei posti a sedere, mentre il 37,5% teme soprattutto le disposizioni “sottintese”, quindi non espressamente indicate nei provvedimenti legislativi. Molto delicata la situazione di chi (1 su 5) dichiara che il protocollo di distanziamento non è sostenibile con il tipo di ristorazione offerta.
E poi il dilemma dei coperti a rischio. Alcune strutture (12%) pensano di raggiungere una riduzione di oltre il 70% dei coperti, mentre solo l’8% dichiara una riduzione inferiore al 50%.
«In riferimento alle misure che si richiedono al Governo – puntualizza Beppe Schino, presidente de “La Puglia è Servita” – il 37,5% degli intervistati auspica un accesso rapido a strumenti di liquidità finanziaria garantiti dallo Stato con interessi bassi o a tasso zero, con lenta restituzione. Il 29,2% chiede la cancellazione di imposte e tasse per tutto il 2020, perché chi non incassa non può pagare le tasse. Come andare avanti? Il 20,8% indica, come unico modo, la cassa integrazione fino a fine anno».
Una bella differenza con quanto, in queste ore, secondo le prime indiscrezioni il Governo vorrebbe fare: cassa integrazione solo fino ad ottobre. Ma con una magra stagione estiva, come potranno sopravvivere le aziende della ristorazione e del turismo enogastronomico?
«Altro capitolo delicatissimo - sottolinea Beppe Schino - è quello del credito d’imposta: il 12,5% degli operatori chiede che il 60% dell’ammontare venga riconosciuto al proprietario fino al 31 dicembre con un 40% dell’imposta a carico del locatario».
Il documento finale di questo sondaggio è stato condiviso e sottoscritto da BuonaPuglia e Agritourist Puglia, mentre le medesime esigenze e preoccupazioni, vengono dall’indotto: Ais Puglia, Fis Puglia, Buonaterra - Movimento turismo dell’olio Puglia, Movimento turismo del vino Puglia.
Per informazioni: www.lapugliaeservita.com
Il 12% degli intervistati pensa di raggiungere una riduzione di oltre il 70% dei coperti
«In Puglia è emerso un mondo della ristorazione spaccato in due sull’apertura – spiega Vittoria Cisonno - ma tutti sono d’accordo su un punto: subiranno molti danni per il taglio dei posti a sedere. I ristoratori del nostro Consorzio basano la loro attività sul convivio, sulla condivisione a tavola di una esperienza, che va ben oltre del semplice cibo. Non solo nutrimento, ma piacevolezza».
Riguardo l’apertura il 1 giugno, per il 45,8% servirebbe un piano di riapertura con data fissata al prossimo anno, con finanziamenti pubblici di sostegno. C’è invece un 41,7% più ottimista che ha voglia di verificare se vi sono condizioni effettive per ripartire.
Sul fronte economico delle singole imprese, chi aprirà non sa se riuscirà a restare aperto (41,7%). Mentre il 29,2% ipotizza di ridurre costi e quindi anche il personale. C’è invece chi pur nella grande difficoltà prevede che non ridurrà il personale e i costi (12,5%). Infine, il 16,7% punta alla diversificazione come elemento di compensazione. Per l’83% non ci saranno clienti a sufficienza per reggere i costi.
Anche in merito al distanziamento, due blocchi quasi contrapposti. Il 29,2 % ha già procurato i documenti informativi e sta formando lo staff. Il 12,5% ritiene che subirà un danno sostenibile dovuto alla riduzione dei posti a sedere, mentre il 37,5% teme soprattutto le disposizioni “sottintese”, quindi non espressamente indicate nei provvedimenti legislativi. Molto delicata la situazione di chi (1 su 5) dichiara che il protocollo di distanziamento non è sostenibile con il tipo di ristorazione offerta.
E poi il dilemma dei coperti a rischio. Alcune strutture (12%) pensano di raggiungere una riduzione di oltre il 70% dei coperti, mentre solo l’8% dichiara una riduzione inferiore al 50%.
«In riferimento alle misure che si richiedono al Governo – puntualizza Beppe Schino, presidente de “La Puglia è Servita” – il 37,5% degli intervistati auspica un accesso rapido a strumenti di liquidità finanziaria garantiti dallo Stato con interessi bassi o a tasso zero, con lenta restituzione. Il 29,2% chiede la cancellazione di imposte e tasse per tutto il 2020, perché chi non incassa non può pagare le tasse. Come andare avanti? Il 20,8% indica, come unico modo, la cassa integrazione fino a fine anno».
Una bella differenza con quanto, in queste ore, secondo le prime indiscrezioni il Governo vorrebbe fare: cassa integrazione solo fino ad ottobre. Ma con una magra stagione estiva, come potranno sopravvivere le aziende della ristorazione e del turismo enogastronomico?
«Altro capitolo delicatissimo - sottolinea Beppe Schino - è quello del credito d’imposta: il 12,5% degli operatori chiede che il 60% dell’ammontare venga riconosciuto al proprietario fino al 31 dicembre con un 40% dell’imposta a carico del locatario».
Il documento finale di questo sondaggio è stato condiviso e sottoscritto da BuonaPuglia e Agritourist Puglia, mentre le medesime esigenze e preoccupazioni, vengono dall’indotto: Ais Puglia, Fis Puglia, Buonaterra - Movimento turismo dell’olio Puglia, Movimento turismo del vino Puglia.
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Alberto Lupini
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