Pronti per un autentico viaggio slow tra alpeggi, borghi, castelli e polenta?

Benvenuti in Trentino, in un angolo di paradiso tra ghiacciai perenni, montagne maestose, ruscelli e cascate. Un tuffo nostalgico nel passato, in un mondo che alla frenesia privilegia la tranquillità . Un viaggio che parte dalle eccellenze, prime fra tutte la polenta di Storo, e passa per il vino ritrovato e per le attività per tutta la famiglia

11 luglio 2021 | 05:00
di Giuseppe Casagrande

Un angolo di paradiso tra ghiacciai perenni, montagne maestose, ruscelli e cascate che rompono il silenzio dei boschi. Un tuffo nostalgico nel passato, in un mondo che alla frenesia privilegia la tranquillità, il relax, le bellezze della natura per una vacanza "slow" che regala emozioni autentiche passeggiando nei prati, visitando gli alpeggi, le malghe, gli antichi borghi e i numerosi castelli disseminati un po' dovunque. Benvenuti nella Valle del Chiese, il fiume che nasce nel cuore dell'Adamello, dalla Vedretta di Fumo, e scorre placido tra rododendri, pini cembri, larici monumentali alimentando i laghi artificiali di Malga Bissina e Malga Boazzo prima di gettarsi nelle acque cristalline del lago d'Idro nei pressi di Baitoni per uscire ed entrare poi in Lombardia. Benvenuti in Trentino, versante meridionale per chi proviene dalla pianura padana, porta d'ingresso del Parco Naturale Adamello Brenta, dove gli insediamenti umani vantano una storia millenaria come testimonia l'elmo di bronzo di epoca etrusca ritrovato in zona e oggi conservato a Brescia nel Museo di Santa Giulia.

 

Sua maestà la polenta di Storo, una storia antica

Il pretesto per parlare della valle del Chiese ci è suggerito da uno dei prodotti simbolo della valle: la polenta di Storo che, dopo aver sfamato intere generazioni, da qualche anno è diventata fattore trainante per rilancio dell'economia del territorio.


È proprio a Storo, infatti, che cento anni fa, grazie alla tenacia di alcuni agricoltori della zona, sorse il primo rudimentale mulino che consentì ai contadini di macinare le pannocchie di granturco (mais) e gli altri cereali coltivati (il frumento, il grano saraceno, la segale) nonché le castagne e i fagioli secchi. Nel 1950 la Famiglia Cooperativa acquistò un nuovo mulino a cilindri, ma la vera svolta avvenne nel 1991 con la nascita di Agri Novanta per merito dell'attuale lungimirante e vulcanico presidente Vigilio Giovanelli che lanciò la farina gialla di Storo nel firmamento dell'alta ristorazione.

Oggi, nella nuova sede alla Ca' Rossa e in attesa di un nuovo ampliamento, il Consorzio di produttori della valle è presente sul mercato nazionale non solo con la farina da polenta (l'oro rosso di Storo, rosso per il colore dei chicchi delle pannocchie), ma anche con la farina bianca di frumento (l'oro bianco), la farina di grano saraceno (l'oro nero) e le gallette di granturco (senza glutine) da sgranocchiare come snack.

Le "Polentiadi", sfida tra i "polenter" della valle

A Sua Maestà la polenta di Storo Agri Novanta e il Consorzio Turistico Valle del Chiese ogni anno, ad ottobre (l'edizione 2021 andrà in scena il 2 e 3 ottobre prossimi), dedicano una singolare manifestazione gastronomica: le "Polentiadi", una sorta di Olimpiadi della polenta, un festival che attira nella località trentina migliaia di buongustai (festival ideato nel Duemila in Istria, a Parenzo, dallo scrittore ed enogastronomo croato Drago Orlic e poi rilanciato dalla Pro Loco di Storo).


Vi partecipano i "polentér" della Valle del Chiese che si sfidano in singolare tenzone a suon di polente. Ne citiamo alcune: la "carbonera"(con la Spressa, formaggio tenero, il Trentingrana e le salamelle sbriciolate nell'impasto), la "macafana" (con formaggio, burro e cicoria), la polenta "cucia" (con formaggi di diverse stagionature e burro di malga), la polenta di patate (mescolata con il mais nostrano e insaporita con un soffritto di burro aromatizzato alla cipolla), la "boscaiola" (con formaggi, funghi porcini e speck), la polenta "concia" (con formaggi e ricotta, fresca e affumicata).

Un bellissimo volume sull'Oro rosso di Storo

La storia della polenta di Storo è raccontata in un bellissimo volume dal titolo emblematico "L'Oro di Storo". Fu un agricoltore di Vicenza, Antonio Fioretti, alla fine dell'Ottocento, a scoprire questa varietà di farina gialla dopo aver incrociato il vecchio granturco locale e il Pignoletto di Caldogno.

I risultati della sperimentazione furono entusiasmanti e in pochi anni il nuovo ibrido dimostrò delle qualità decisamente superiori al prodotto tradizionale. Nacque così il Maranello (dal nome del paese natale di Fioretti: Marano Vicentino), un mais dal colore rosso corallo e dalla granella lucida come il vetro. Una varietà che trovò terreno fertile e l'habitat ideale nella Valle del Chiese diventando il "Nostrano di Storo".

Il volume, oltre alle ricette classiche, propone i piatti di alcuni chef stellati (Alfio Ghezzi e Alessandro Gilmozzi) e di molti personaggi del mondo dello spettacolo, della televisione e del giornalismo. Alcuni nomi: Mara Venier, Raffaella Carrà, Aba Cercato, Maria Teresa Ruta, Albano Carrisi, Massimo Giletti, Sveva Casati Modignani, Anna Pesenti Buonassisi, Gianni Brera, Bruno Gambacorta, Gian Paolo Galloni (già responsabile della guida Michelin), Bruno Pizzul.

 

La riscoperta e la rinascita di un'antica vocazione: la viticoltura

Ma la Valle del Chiese non è solo farina gialla, farina bianca o di grano saraceno. Non è solo castagne, piccoli frutti, funghi, formaggi di malga, radicchio dell'orso, trote e salmerini alpini. Negli ultimi tempi la valle sta riscoprendo un antico amore: la viticoltura. Una vocazione che affonda le radici nel Medioevo come conferma una approfondita ricerca storica e una ricca documentazione che testimonia come già nel Trecento l'uva e il vino fossero rigorosamente tutelati in valle. Dagli archivi, infatti, si apprende che all'epoca erano regolamentate non solo la vendemmia, ma anche il consumo e il commercio del vino nelle "taverne" comunali di Daone, Condino, Brione, Darzo, Por, Roncone, Agrone, Praso, Storo.

Il 6 maggio 1307, ad esempio, a Daone sotto il portico della chiesa di San Bartolomeo furono affissi gli statuti della comunità nei quali tra l'altro si sanzionavano severamente i furti d'uva, segno evidente che all'epoca la coltivazione della vite era assai diffusa. Nel 1390 un'ordinanza emessa dai "capifuoco" della comunità di Condino imponeva agli osti la misurazione del vino con l'apposita "bozzola" onde evitare frodi. A Storo, invece, gli statuti della comunità (anno 1480) sanzionavano coloro che causavano danni nei vigneti altrui con animali al pascolo, sottraevano uva o rubavano pali nei vigneti. Ed ancora: veniva sanzionato quell'oste che falsificava le misure o chi vendeva vino privatamente al minuto. Il tutto con ammende raddoppiate se i misfatti erano perpetrati nottetempo e con l'esposizione del reo al pubblico ludibrio per un periodo a discrezione dei consoli.


Anche ai tempi dell'Impero Austroungarico la Valle del Chiese poteva contare su una discreta produzione vitivinicola. Niente di eccezionale, per la verità, ma sufficiente per soddisfare il consumo domestico. All'epoca tante famiglie consideravano la coltivazione della vite una risorsa economica, non solo per il proprio sostentamento. Poi le due guerre, la carestia e i disordini di una terra di frontiera hanno decimato la viticoltura relegandola a cenerentola della valle.

"Clisium" bianco e rosso, la nuova frontiera enoica

Di epoca più recente, anzi recentissima, è la riscoperta di questo patrimonio storico. Ed è in questo contesto che si colloca la nascita dell'Associazione Culturnova del Chiese con sede a Condino. Fondata nel 2010 su impulso del Bim del Chiese con lo scopo di reintrodurre la viticoltura in Valle, l'associazione ha ben presto trovato una pattuglia di sostenitori (tra i più entusiasti Graziano Tamburini, patron dell'Albergo Aurora di Cimego), ricercatori (il paleografo giudicariese Franco Bianchini) e imprenditori agricoli. Emblematica la scelta del nome (Culturnova) e del logo che richiamano la millenaria abilità dell'uomo nel lavorare la terra.


In particolare, la sapienza contadina del viticoltore che produce il nettare degli dei, elemento sacro assieme al pane della nostra civiltà. Il progetto è stato supportato scientificamente da Marco Stefanini della Fondazione Mach di San Michele all'Adige che ha testato nuove varietà di vitigni a bacca bianca e a bacca rossa alla ricerca dei vitigni più vocati per habitat e condizioni pedoclimatiche.

Lo studio ha interessato in particolare i vitigni Piwi (Pilzwiderstandfahig che significa vini resistenti alle crittogame e alle malattie fungine), vitigni che stanno incontrando sempre maggior successo anche in Trentino, soprattutto nelle vallate, anche a quote altimetricamente considerevoli. Qualche nome: Solaris, Bronner, Johanniter, Muscaris, Souvignier Gris, Regent.


Per la Valle del Chiese i ricercatori della Fondazione Mach hanno studiato un vitigno a bacca bianca che mostra una buona resistenza sia alla peronospora che all’oidio. E così è nato "Clisium" (con chiaro riferimento latino al fiume Chiese che dà il nome alla valle), un vino che nasce da un incrocio tra il Moscato Ottonel e la Malvasia Bianca di Candia.

Un punto di partenza dal momento che i tecnici stanno studiando anche un vitigno a bacca rossa (il Clisium Rosso, vitigno Termantis, incrocio di Teroldego e Merzling)), in attesa, in pieno boom delle bollicine, di uno spumante. In sede di degustrazione, il Clisium Bianco si presenta di un bel colore giallo paglierino brillante. Al naso offre un bouquet floreale con una piacevole nota aromatica di noce moscata. Al gusto di propone secco, moderatamente alcolico (12 gradi) con una buona sapidità e freschezza. Un vino equilibrato, armonico ed elegante che può accompagnare molti piatti, in particolare i pesci d'acqua dolce, salmerino alpino in primis.

 

Lo sport e il fascino dei piccoli borghi di montagna

Motivo di richiamo per gli amanti dei sapori tipici di una cucina schietta e genuina, la Valle del Chiese, trovandosi sulla direttrice Milano-Brescia-Madonna di Campiglio, è altresì frequentata da chi ama gli sport all'aria aperta: mountain-bike, trekking, climbing, canyoning. Molte le proposte e le possibilità di divertirsi, in totale scurezza, anche per i bambini.

La valle regala emozioni anche dal punto di vista culturale essendo disseminata di luoghi d'interesse che raccontano uno spaccato di vita ricco di storia e di tradizioni.

Tra i luoghi di maggior interesse meritano una visita il paesino di Bondone, uno dei borghi più belli d'Italia, con il castello di San Giovanni arroccato sulla montagna che domina dall'alto il lago d'Idro, punto panoramico che consente di ammirare le splendide Dolomiti di Brenta.

Ed ancora: Lodrone con la rocca di Santa Barbara, Creto con la pieve di Santa Giustina e gli affreschi dei Baschenis, Storo con l'antico organo della parrocchiale di San Floriano, Pieve di Bono e la frazione Por con le rovine di Castel Romano che ospitò tra gli altri il condottiero Erasmo da Narni, il mitico "Gattamelata", Condino con la storica Pieve dedicata a Santa Maria Assunta, un gioiello di arte sacra, Sevror con i suoi 12 abitanti, silente frazione di Praso che custodisce una graziosa chiesetta del Cinquecento, Quartinago, il paese del ferro e del fuoco che conserva una architettura medievale di case di pietra e viuzze dal fascino antico, Lardaro con il Forte militare austro-ungarico Larino.

Quanto mai suggestivo, infine, a Cimego il sentiero etnografico di Rio Caino con gli insediamenti artigianali e le strutture della civiltà contadina. Sono stati riattivati un mulino, un forno, la fucina del fabbro ferraio con laboratori di sperimentazione didattica e sono stati restaurati una "calchera" per la produzione della calce, una "cabonaia" per la produzione del carbone di legna, un "roccolo" per l'uccellagione, oltre al ripristino di una vecchia malga.

 

L'ospitalità: hotel, b&b, agritur, alberghi diffusi

Per quanto riguarda l'ospitalità molte le strutture e le proposte per gli ospiti: hotel, b&b, agritur, chalet, alberghi diffusi.


Meritano una segnalazione: l'Hotel Castel Lodron (Lodrone di Storo, tel.+39 0465 685002) che per molti anni ha ospitato numerose squadre di calcio (anche il Napoli di Maradona), l'Hotel Aurora (Cimego, tel. +39 0465 621064) famoso anche come ristorante (Marilena Tamburini è considerata la regina della polenta "macafana"), l'Hotel Da Rita (Condino, tel. +39 0465 621225), l'Hotel Ginevra (Roncone, tel. +39 0465 901017), l'Hotel Da Bianca (Valdaone, tel. +39 0465 674704), l'Agritur La Polentera (Storo, tel.+39 0465 898801) che sorge a due passi dalla Cooperativa Agri Novanta.

Formaggi, speck, carne salada, salmerini, miele: consigli per gli acquisti

  • Punto vendita Cooperativa Agri Novanta, Storo, via del Sorino, 60. (tel. 0464 686614).
  • Troticoltura Armanini, Storo, località Ponte dei Tedeschi, 2 (tel. 0465 685057).
  • Boutique del formaggio Consorzio Produttori Latte Trento, Storo, via Garibaldi, 162 (tel. 0465 686093).
  • Salumificio Bomè, Prezzo-Pieve di Bono: speck, pancette, insaccati e carne salada (tel. 0465 674226).
  • Gastronomia da Baciuchì, Ponte Caffaro: miele, confetture, sottoli, radicchio dell'orso, bagoss, salumi e altri prodotti tipici (tel. 349 1638971).
  • Panificio Pizzini, Storo, via Garibaldi 77: pane nostrano e biscotti anche di mais (tel. 0465 296106).
  • Pasticceria Dolce Peccato, Storo, piazza Europa, 1; dolci e torte della nonna (tel. 0465 880458).
  • Pasticceria Salvotelli, Baitoni, via Porto Camarelle, 3: panettoni, colombe, biscotti (tel. 345 8745690).

 

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