Procida, più che un’isola… Capitale!
Dai mille colori, ma soprattutto dalle tradizioni ancora vive, Procida si differenzia da Ischia e Capri per il suo essere local. Tra marinai e orti rigogliosi, salpiamo alla scoperta della sua selvaggia bellezza
Il blu intenso del suo mare, il verde della sua natura e le pareti accese delle sue case fanno di Procida l’isola dei mille colori. Adagiata nel Golfo di Napoli, fa “coppia” con Vivara, riserva naturale e terra disabitata, collegata a Procida da un ponte pedonale. La Capitale della Cultura 2022 fa parte delle Isole Flegree, insieme a Ischia, Nisida e, appunto, Vivara. Il suo nome sembra derivare da Prima Cyme, vale a dire vicina a Cuma, l’antica città che sorgeva tra Pozzuoli e Bacoli. La sua storia, almeno nell’era moderna, è legata a doppio filo con il mondo della navigazione, settore in cui è impiegata gran parte della popolazione. Terra di cibo, famoso il Limone procidano, e di cultura, ha fatto da sfondo a numerosi film e romanzi che l’hanno consacrata anche come isola d’arte. Salpiamo alla scoperta di questo angolo di Paradiso e del suo Golfo, che da solo rappresenta un vero e proprio viaggio nel viaggio.
Abitanti: 10.183
Superficie: 3,7 kmq
Distanza dalla terra ferma: 3,4 km
Durata viaggio in traghetto: da Napoli, 1 ora per il traghetto, 35 minuti per l’aliscafo; da Pozzuoli, 40 minuti per il traghetto
Le contrade: sono 9, dette grancie, Terra Murata, Corricella, Semmarezio, Sent’cò, San Leonardo, Madonna della Libera, Sant’Antuono, Sant’Antonio e Chiaiolella
Gli stranieri a Procida: la popolazione straniera più numerosa è quella Bulgara (143) seguita da quella Ucraina (103)
Gemellaggi: con Cesa, provincia di Caserta, in nome del vino Asprinio, e con San Giorgio a Cremano, paese natale di Massimo Troisi, che a Procida girò il suo ultimo film
Festa patronale: San Michele Arcangelo, 8 maggio e 29 settembre
Il parco naturale: il territorio comunale comprende anche l’isola di Vivara, disabitata e riserva naturale dello Stato oltre che area marina protetta
Il record: ormai vent’anni fa Procida entrò nel Guinnes World Record per il ponte tibetano che la collegava con Vivara, lungo 405 metri, all’epoca il più lungo al mondo
Il dolce locale: le lingue di Procida, pasta sfoglia farcita con crema al limone
Il punto più alto: Terra Murata, borgo fortificato a 91 metri, è il punto più alto dell’isola
Isola… local
Tanti sono gli aggettivi che Procida si porta con sé: perla del Golfo di Napoli, isola dai mille colori… Ma su un suo aspetto vogliamo concentrarci: Procida è ancora molto local! A Procida, a differenza di Capri e Ischia, non impazzano i vip rincorsi dai paparazzi, non c’è nessuna folla. Lontana dalla ribalta, Procida è isola di marinai e di contadini. Una terra semplice e schiva, gelosa e orgogliosa delle proprie tradizioni: dalla pesca con le tipiche imbarcazioni in legno, le cianciole, alla coltivazione dei limoni.
Qui anche i turisti sono “diversi” e la scelgono per la sua autenticità per il suo essere “isola viva”. D'altronde se da una parte già a fine Ottocento Capri era il rifugio prediletto di viaggiatori colti e trasgressivi e, dall’altra, Ischia era il buen retiro di aristocratici bon vivant alla ricerca della salus per aquam, Procida continuava a coltivare i suoi orti e i giovani in forza prendevano il largo sui grandi mercantili, come l’ha dipinta nel 1957 Elsa Morante nel suo L’isola di Arturo.
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I pescherecci di legno, le reti ammassate sui pontili, le case dall’intonaco colorato, i giardini di limoni e gli orti nascosti oltre le mura di vecchi palazzi: Procida, ieri come oggi, è ancora così autentica e magnificamente "sgarrupata". E al di là dell’ampiamento del porto turistico e della comparsa dei primi timidi alberghi di charme, Procida è ancora tutta da scoprire tra le trattorie dei fritti di paranza, i tavoli tra i limoni e tra i mercati del pesce. Mercati che qui sull’isola non si sviluppano nel senso comune. Il mercato del pesce è un mercato improvvisato e immediato allo sbarco delle paranze. Per gli abitanti è un’attesa in folla sulla banchina per acquistare il pescato del giorno. Solitamente il pomeriggio verso le 16. Un'esperienza da vivere.
«L’economia dell’isola, dal ‘500 in poi, si basava prevalentemente sulla navigazione - racconta Leonardo Costagliola, assessore a Turismo, attività produttive, mobilità e manager eventi e wedding designer - Tra il 1600 e il 1850 Procida raggiunse il massimo del suo sviluppo prodotto dai commerci e dai traffici marittimi. Oltre la navigazione altre due importanti attività conobbero un notevole sviluppo sull’isola: la pesca e l’agricoltura. La conformazione territoriale dell’isola ha permesso, infatti, lo sviluppo, innanzitutto, di una forte cultura dedita alla pesca ma, d’altra parte, i terreni, vulcanici e bagnati dall’acqua del mare, hanno permesso all’agricoltura un forte sviluppo. La grande maggioranza degli uomini dell’isola trascorreva la propria vita “tra cielo e mare” (come si dice qui). Oggi Procida mantiene la sua identità: selvaggia e profondamente diversa dalle altre isole. Un’isola che offre ai suoi visitatori una vera e propria full immersion nella vita dei suoi abitanti. Oltre che nelle bellezze architettoniche e del paesaggio. Senza dimenticare la ricchezza gastronomica. Negli anni la ristorazione dell’isola si è sviluppata ed evoluta senza mai perdere d’occhio la tradizione, l’autenticità e la genuinità del proprio territorio. Una tradizione che viene portata nel mondo dai cuochi procidani che ne sono autentici ambasciatori: da Gabriele Muro, cuoco di Adeleaide, ristorante dell’Hotel Vilòn di Roma, a Marco Ambrosino del 28 Posti Bistrot di Milano, a Marco Badalucci del Badalucci Taste Of Art di Lugano. E poi oggi Procida non è più solo isola… ma anche Capitale della Cultura, diventando a tutti gli effetti, un modello di speranza e di rivincita per tutti il piccolo borghi italiani, a cui ora tutti sognano di fare ritorno, e che sono il tessuto stesso della nostra meravigliosa Italia». È proprio il caso di dirlo, allora: Procida è l’isola che c’è!
Graziella, un amore eterno tra bellezza e mito
“Rifacemmo la strada ma lentamente, mettendoci a sedere sotto tutti gli alberi, all’ombra di tutti i pergolati, discorrendo, fantasticando o comperando da tutte le giovani procidane i panieri di fichi, di nespole, d’uva che esse portavano, e lasciando così passare il tempo”
Graziella, Alphonse de Lamartine
Occhi neri, profondi. Capelli scuri raccolti in una treccia. Tratti mediterranei e amore per la sua terra e per il mare. Ogni anno, dal 1939, Procida sceglie la sua donna più bella, che deve somigliare il più possibile a questo identikit. È la Graziella, uno dei simboli dell’isola, la cui storia, che parla di un amore profondo ed incompiuto, è un misto tra arte, tradizione e mito.
Tutto è nato da un romanzo di Alphonse de Lamartine, scrittore francese vissuto a cavallo tra ‘700 e ‘800, intitolato appunto “Graziella”. L’opera racconta l’esperienza vissuta in prima persona da Alphonse sull’isola. L’uomo, giunto a Procida a causa di una tempesta durante il suo Grand Tour, si innamora di questa bellissima donna del posto, figlia di pescatori rimasta orfana. Lo scrittore deve però lasciare Procida e muoversi verso la Francia, lasciando a Graziella la promessa che avrebbe poi fatto ritorno sull’isola. Lei lo attenderà speranzosa, senza fortuna. A testimonianza del suo amore eterno manderà ad Alphonse anche una lettera con una treccia dei suoi capelli, prima di morire sconfitta dalla malattia. Lui conserverà questo suo dono per sempre, in ricordo di un amore che non riuscirà più a trovare in nessun’altra donna.
Graziella è così diventata un simbolo: la donna procidana per eccellenza, per bellezza, sentimento e fedeltà. E l’isola la ricorda ogni anno con un concorso, aperto alle ragazze di età compresa tra i 14 e i 21 anni. Queste per partecipare devono indossare il costume tipico dell’isola, il cui abito ha una base in raso o velluto di seta rosso o verde con pannelli frontali ricamati in oro e la cui gonna può essere di vari tessuti e colori.
Non solo, nel 2011, nel cuore del borgo di Terra Murata, ha aperto una Casa-Museo dedicata a Graziella e gestita da un’associazione culturale. Lo spazio ha come obiettivo tramandare il mito della donna, ai procidani ma anche ai numerosi turisti.
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Alberto Lupini