La pizza napoletana di Moffa Cura dei dettagli senza esagerare

A Gaeta la formula vincente: una pizza ben farcita ma non troppo, fragrante ma non croccante, morbida ma non molle, saporita ma né salata né insipida. Cotta a legna

10 settembre 2020 | 09:30
di Vincenzo D’Antonio
Quando la napoletanità è insita, quando la saggezza si sedimenta con gli anni, quando l’allegria è il turbo della serenità e la serenità mai manca in quanto è alla base della gioia di vivere, allora si è napoletani davvero. E napoletano davvero, sebbene viva da decenni a Gaeta, è Giorgio Moffa, patron dell’"Antica Pizzeria Ciro 1923 - Gaeta".


Giorgio Moffa

Così sì presenta, adoperando il plurale in quanto per lui impensabile scindere la sua figura di patron dalle brigate di cucina e di sala: «La passione e la grande tradizione sono i nostri assi nella manica. Le nostre radici sono nel cuore di Napoli, nella storica Pizzeria Trianon dove abbiamo imparato a far felici i clienti con i due ingredienti più importanti: l'accoglienza e la qualità». E qui, locale che è tanto pizzeria quanto ristorante, a voler intendere che non si scorge una componente principale ed una ancillare, l’esperienza principia proprio con la pizza.



Ascoltiamo il pensiero di Giorgio Moffa sulla pizza. Ovvero ascoltiamo il pensiero di chi in pizzeria, e che pizzeria (!) ci è praticamente nato e vissuto: «La mia famiglia fa pizza da oltre 100 anni. Fummo noi a lanciare la pizza a ruota di carro, ossia una pizza di quasi 40 cm di diametro. Doveva, nel suo debordare dal piatto, trasmettere il senso dell’abbondanza e rassicurare che i tempi grami della fame appartenevano al passato. Oggi ascolto autorevoli colleghi pizzaioli che parlano di biga, impasto indiretto, cottura a temperatura bassa, alveolatura pronunciata, cornicione a canotto, altissima idratazione. Tutto bene, per carità. Io ascolto. Però vorrei dirvi come deve essere la pizza secondo me. Ben farcita, ma non troppo farcita, altrimenti rimane cruda sotto la farcitura. Fragrante ma non croccante. Morbida ma non molle. Cornicione pronunciato ma non troppo alto. Cotta in maniera che sia bruna, non pallida, ma nemmeno bruciata. Saporita, ma né salata né insipida. Cotta nel forno a legna, ovviamente».



Ed effettivamente, in meditati e ghiotti assaggi, abbiamo riscontrato nel piatto ed al palato il pensiero di Giorgio Moffa.

Sublime il calzone al forno, la cui saporita farcia consiste in Pomodoro San Marzano Dop, basilico, fiordilatte di Agerola e prosciutto cotto. Ottima anche una variante di margherita, qui denominata “margherita romana”: alici di Cetara, basilico, fiordilatte di Agerola, Pomodoro San Marzano Dop. Imperdibile, anche per la sua forte valenza simbolica, la pizza Via Tribunali, compendio in quattro spicchi delle pizze storiche del Trianon: Margherita, Marinara, Cosacca, Bianchina.

E adesso, dopo aver verificato la bontà della componente “pizzeria”, ci si approccia alla verifica della bontà della componente “ristorante”. Nel frangente, ristorante specializzato in cucina di mare.


La Spigola al forno con patate e pomodorini e lo lo Spaghetto in bianco ai frutti di mare

Il menu c’è perché ci deve stare, ma le proposte ce le fa “a voce” il prode Giorgio che ogni mattina si reca al mercato ittico di Gaeta e acquista il meglio secondo stagione del pesce. Settembre, lo abbiamo appreso da Giorgio, è il mese migliore per i frutti di mare. Ne consegue che ci si è deliziati con lo Spaghetto in bianco ai frutti di mare: cannolicchi, cozze, lupini, telline e vongole. Nei calici un eccellente Fiano di Avellino Docg. E per secondo, sempre in funzione del pescato e della stagionalità, una squisita Spigola al forno con patate e pomodorini. Ottimi il babà napoletano e la delizia al limone. Servizio garbato e professionale.

Non diciamo, sarebbe espressione fatua, che qui a Gaeta (Lt) abbiamo trovato un pezzo di Napoli. Asseriamo invece, che il napoletano Giorgio Moffa, nato in Mediterraneo, ha ritrovato nella mediterranea Gaeta la solarità che a beneficio della clientela, gioiosamente e sapientemente trasferisce nei suoi piatti.

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Alberto Lupini


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