Mos a Desenzano, cucina libera e design modern retro anni '50

Mos nasce nel 2021: trenta coperti, coraggio e passione per un territorio ancora parzialmente inesplorato. Il ristorante è stato rilevato in una posizione particolarmente bella, il Molo Vecchio di Desenzano

08 aprile 2022 | 09:30

Sulle rive del Lago di Garda, a Desenzano (Bs) sorge Mos: un luogo libero da sovrastrutture e dove un approccio culinario spontaneo ne identifica la filosofia gastronomica. Potente interprete di una cucina che legge le radici e le valorizza rendendole complementari: il titolare e cuoco Stefano Zanini. Mos è il foglio bianco su cui scrivere una storia: la materia prima lacustre viene plasmata in maniera appassionata e creativa, unendo origine e futuro nello stesso piatto.


Stefano Zanini e la libera interpretazione della cucina 

Il cuoco Stefano Zanini è nato a Peschiera del Garda (Vr), classe 1995; dal 2010 al 2015 ha frequentato l’Istituto Alberghiero Ipsar Carnacina a Valeggio sul Mincio (Vr), dando importanza alla parte formativa del percorso e cercando di capire come sviluppare le successive fasi di crescita personale e conoscenza professionale affinché una passione potesse essere trasformata seriamente in professione, acquisendo tutte le nozioni possibili per potere un giorno aprire un luogo tutto suo.


Terminata la scuola è partito per il primo viaggio ad Helsinki in Finlandia al Palace Restaurant, ristorante stellato di taglio nordico francese con un’organizzazione prettamente orizzontale: benché ci fossero ruoli ben stabiliti ognuno doveva essere in grado di saper fare tutto, rigidità e sistema ferreo erano i punti cardine. Una cucina fatta di crescita, comprensione del prodotto e ricerca delle lavorazioni per esprimerlo al meglio.


Arriva poi al St. Hubertus da Norbert Niederkofler che per lui ha significato prendere contatto con il rigore di un ristorante e con una brigata importante e numerosa, in cui il prodotto viene maniacalmente selezionato, lavorato con tecniche altissime e rispettato pienamente nella sua identità montana. Parigi alla Brasserie Thomieux è stata probabilmente l’esperienza più illuminante: un’antica Maison che ha fatto la storia a Parigi: centoventi coperti, cotture al momento “à rosé”, al burro, al Josper, alla plancha… insomma l’orchestra doveva suonare perfettamente sempre all’unisono. Poi Le Meurice chez Alain Ducasse, dove giro tutte le partite riuscendo a capire il possibile e l’impossibile di quella mitica cucina.


Le Isole Eolie a Salina insieme a Martina Caruso all’Hotel Signum sono arrivate come una ventata di calore e di scatto di ruolo: libertà estrema di espressione che accarezzava la casualità nell’accostare eccellenze di una terra magica come la Sicilia; il Signum è arrivato anche per “sfiatare” dopo il nord e tanto freddo, necessitavo “scaldare” tutto quello che aveva accumulato negli anni precedenti, farlo emergere e capire di lì in poi il suo futuro. Se definisce Alain Ducasse il suo maestro professionale, la famiglia Caruso è stata la sua maestra di vita, punti fermi e indelebili del suo percorso di crescita e apprendimento.


Alla fine di questo indimenticabile viaggio durato sei anni, arriva l’apertura di Mos nel maggio 2021 (dal latino mos, mores, maiorum, il costume degli antenati). Zanini decide di tornare da dove è arrivato, dal Lago di Garda e sceglie Desenzano perché è bella, virtuosa 12 mesi l’anno, variegata e priva di un’offerta di fine-dining.


Zanini definisce i punti cardine del suo pensiero gastronomico, i suoi valori, legati profondamente alle sue esperienze pregresse: l’applicazione di un rigore naturale nella quotidianità in cucina, l’importanza al fattore umano e alla libertà individuale e la spontaneità nell’approccio culinario di tutti i giorni. La spontaneità la trova nelle scelte alla base di un piatto, dei fornitori, di una linea che lo identifichi al meglio, nell’apprendere che la materia prima lacustre sta nelle mani in maniera spontanea e naturale; da qui il legame intrinseco alla concezione della cucina italiana che arriva dagli orti e dai cortili dove, una volta, quando dovevi creare un piatto e non avevi un ingrediente lo sostituivi con un altro trovato nell’orto, come ad esempio nello spaghetto al pomodoro, se non ha il basilico il cuoco può andare a raccogliere qualche foglia di origano fresco.


La libertà di interpretazione è la chiave del suo racconto di lago. Le sue fonti d’ispirazione per il processo creativo provengono dal mondo dell’arte, della musica e soprattutto della narrativa di qualsiasi genere poiché crede profondamente che «la cultura crea un pensiero. Leggo le mie radici e le valorizzo rendendole complementari».


Lago e terra, cucina complementare

Il cuoco è arrivato sul lago attraverso un moto spontaneo che lo ha riportato alle origini, pur non conoscendo i suoi segreti, ha deciso di ripartire da qui e dal suo bagaglio umano e culturale acquisito per costruire la sua realtà. Sei mesi di studio e ricerca sul territorio a Verona sono stati la linea di partenza, il motore ideativo che si è concretizzato in seguito parlando alle persone del luogo, scoprendo il valore del racconto di un territorio ancora enogastronomicamente poco valorizzato. «Ho pensato dunque che il binomio “lago e terra” fosse un elemento che oltre a coesistere nella realtà dovesse coesistere anche nel piatto attraverso il concetto di complementarietà».


Mos nasce così in una calda giornata di primavera 2021: trenta coperti, coraggio e passione per un territorio ancora parzialmente inesplorato. Il ristorante è stato rilevato da una coppia di signori anziani, in una posizione particolarmente bella, “Il Molo Vecchio” di Desenzano. «Concentro la mia vena creativa nel territorio, nel lago, nella terra, nelle persone e nel cercare la complementarietà di tutti questi elementi: partendo dalle origini, passando per le esperienze e creando connessioni», spiega il cuoco.

 


La connessione territoriale, quindi, è allo stesso tempo un’ispirazione nella lettura e valorizzazione dell’ingrediente e uno stimolo nella creazione del piatto. Un altro punto cardine è il concetto di sostenibilità applicato al trattamento della materia prima: si utilizzano tutte le parti dell’animale privilegiando bestie mature e già ben sviluppate di età. Non esiste spreco, bensì ottimizzazione e riutilizzo.


Le tecniche apprese soprattutto al nord, attraverso piatti di sapore chiaro e focalizzato che giocano con i prodotti che stagionalmente la terra offre unite al legame con l’acqua nato a Salina e traslato su Desenzano, individuando in quest’elemento un driver importantissimo di sinergie, relax e concentrazione: da qui nasce la complementarietà senza sovrastrutture, la carica lacustre del lago si sposa con i prodotti della terra circostante.

Piatti icona

Ne è emblema di questo concetto lo Spaghetto ragout e bottarga che vuole un po' raccontare quelli che erano i due lavori che cento anni prima sostenevano il territorio, allevamento di animali da cortile e la pesca. Pescatore e allevatore insieme trovano la vera essenza e la complementarietà in un piatto. L’allevatore diventa “il ragout”, estrazione di tutti i succhi della carne del manzo uniti al midollo, legato con lo spaghetto simbolo di italianità alla bottarga di trota; Faraona alla creta che non contiene sale nella preparazione ma viene fatta una farcia interna con i molluschi del Delta del Po resi a mousse trasferendo così per osmosi la salinità alla carne. Pecora della Alture Bergamasche che incontra l’anguilla affumicata e la sua grassezza in un piatto d’ispirazione gardesana: entrambe cotte alla brace e legate da un condimento ancestrale, il dolceforte all’uva che attraverso la dolcezza crea questo legame indissolubile tra la terra e l’acqua.E ancora, Friturin di lago, parola dialettale per indicare il fritto di pesce, questa volta di lago, le cui referenze cambiano in base alla stagionalità (in inverno si può usare il persico reale in base alla chiusura della pesca oppure in estate il lavarello), il filetto viene panato e fritto solo dalla parte della pelle in modo che la carne rimanga rosa. Trota marmorea: la trota è l’ingrediente per cui il cuoco ho provato sin da subito un colpo di fulmine: viene laccata con una confettura di fichi cotti anch’essi alla brace marinati nell’aceto accompagnata da un succo di teste di trota condita con foglie di fico. Il Tortellino con tastasale in brodettodi conchiglie della laguna di Venezia, vuole ancora una volta raccontare un aspetto di questa storia con uno sguardo diverso: il tastasale di tradizione mantovana in pesto dentro il tortellino viene affiancato da un brodetto che sostiene la stessa sapidità e non la contrasta, dialogo tra tradizioni contestualizzate nel territorio del lago di Garda. La Tarte tatin è un inevitabile richiamo alle esperienze francesi ed è il vero momento di comfort per palato e mente: emblema della torta di mele utilizzando la Renetta verde non troppo matura, caramello con sentore amaro che si sposa con acidità del frutto, ultimando il tutto con la grassezza del burro e la dolcezza affiancato da zabaione al marsala e limone del Garda. Ogni volta cambierà veste con la stagionalità (pesche in estate).

 


Caldo e freddo nella concezione della carta

Al ristorante, il cuoco suddivide l’anno solare in due momenti in termini di creatività che si legano poi alla stagionalità del cambio carta: il caldo e il freddo.


L’inverno che racconta tutte le “esperienze fredde” del cuoco in Finlandia, Danimarca, Francia e poi tornando in Italia in Alto Adige. L’inverno è il momento in cui la natura si riposa salvo i vegetali che riescono a riposare sotto la terra: radici, radicchio e poco altro. Il menu appunto sarà più confortevole e “di riposo” con sapori più tradizionali, idea più dolce e rotonda della cucina, quindi, non vuol essere eccessivamente sovraeccitato ma prediligerà sapore e godimento.


La Primavera, stagione “tiepida” durante la quale avviene il “risveglio” del palato con picchi di acidità controllati, amaro e sapore aromatico dei germogli appena nati ed erbe aromatiche spontanee, e poi l’ingrediente “uovo” che simboleggia la rinascita.


L’Estate che rappresenta le mie esperienze calde a Salina, a cui devo tra l’altro il ricordo dello stupore romantico alla vista di quel mare, l’energia dei vulcani circostanti che il cuoco ha portato con sé all’arrivo a Desenzano, incontrando nuovamente l’acqua ma in chiave più dolce e con messaggi subliminali davvero inaspettati. I piatti sono concepiti in “leggerezza”, gustosi e non eccessivamente rotondi ma piuttosto “secchi” al palato. L’estate è Fellini, italiana e mediterranea in storia e ingredienti all’insegna della libertà: prodotti lavorati in modo semplice, tendenza al fresco e all’arido, inteso in maniera positiva come pulizia e materia prima raccontata nella sua massima espressione.


L’Autunno, stagione intermedia, tiepida tendente al freddo e “selvatica” quindi funghi, selvaggina e tartufi protagonisti delle pietanze proposte nella nostra carta. Il pensiero creativo parte dalla necessità invernale di conservare gli alimenti quindi da padrone faranno conserve della stagione precedente e la cacciagione. Funghi e Tartufi del Lago di Garda a colorare la stagione più gustosa dell’anno.


Come si compone l’offerta

Il menu di Mos è composto da tre menu degustazione e una lista di piatti à la carte. Le persone e il territorio rimangono grande fonte di ispirazione non solo per l’ingrediente stesso ma anche per la storia che raccontano: i piatti sono genuini e incisivi nel gusto e nell’impatto visivo. Ogni portata racconta la ricerca di un equilibrio di sapori privi di costruzioni, codici e artifici: una spontanea armonia di gusti che trova nel palato la sua sinfonia perfetta. Ad oggi non esiste un vero e proprio percorso di abbinamento vino prestabilito, ma il maître e sommelier Mattia Moro è a disposizione del cliente per consigliarlo e accompagnare i piatti con un numero di calici che completi l’esperienza al meglio variando tra metodo classico e vini orange.

 


Spontaneo convivio: sei piatti: tre antipasti, un primo, un secondo e un dolce che cambiano quasi tutte le settimane accompagnati da un calice di vino al costo di 55 euro a persona. È un menu che descrive in maniera più completa l’idea di cucina di Zanini, la tavolozza bianca su cui dipingere per mettere sul piatto le idee e le intuizioni che derivano da continue prove e test per descrivere l’ingrediente, materia prima eccellente al centro del tavolo per condividere gusti e sapori con tutti i commensali.


Persone&Territorio: quattro piatti signature antipasto, primo secondo e dolce per trasmettere all’interlocutore il profondo legame che lo chef ha instaurato con la terra e il lago: questi sono i suoi “evergreen” che potranno subire piccole modifiche in base alla stagionalità ma di cui l’essenza rimarrà intatta. Il Friturin di Lago e la Trota marmorea alpina sono due esempi, con a concludere il gelato di malga condito. Il menu ha un costo di 60 euro a persona vini esclusi.


Equilibrio: è il menu che più abbraccia l’idea di complementarietà: «non tutto ai nostri occhi può essere equilibrato (terra e lago) ma, nel mio unire gli elementi in un gioco di consistenze, sapori, profumi, temperature in un piatto, come per magia tutti questi raggiungono equilibrio nel gusto e nella mente», spiega lo chef. Equilibrio in divenire, non perfetto e non statico bensì il filtro vero e proprio del suo pensiero creativo: parte da tutto ciò che ha da dire e da raccontare e lo filtra creando un equilibrio tra passato e presente, terra e lago, tradizione ed evoluzione e tanto altro. Il costo è di 70 euro a persona vini esclusi.


I piatti cambiano stagionalmente, alcuni possono diventare signature altri lasciano comunque una firma, temporaneamente nel palato delle persone.


Capitolo a parte il pane

Un capitolo importante del menu è costituito dal pane: la ricerca del Mulino è stata a dir poco maniacale, puntando alla fine sull’Antico Molino Rosso veronese e sul suo prodotto speciale la farina Varietà 180 grani antichi, una vera e propria “farina riscoperta”, con una storia molto antica. Il metodo risale a centinaia di anni fa quando non esistevano selezionatori del terreno e pesticidi, quindi mietendo le 180 varietà di grani il contadino era sicuro di assicurarsi il raccolto con le varietà che riuscivano a sopravvivere. A questa farina viene mescolata la Grano Gentil Rosso, sempre anch’esso grano antico, e la pagnotta viene fatta lievitare per 24 ore e portata al tavolo avvolta in un panno di lino e juta, come veniva conservata la farina una volta, accompagnata dall’Olio extravergine del Garda.


Artigiani nel piatto

La filiera di fornitori è stata prescelta tra artigiani e produttori locali con cui il cuoco ha stretto non solo un rapporto professionale ma anche umano. «Grazie alle varie visite ad ognuno di loro e al passaparola – spiega lo chef - abbiamo creato e ampliato la nostra rete di contatti, ancora da ottimizzare ma siamo a buon punto: dal tartufaio Facchera al pescatore Cavallaro, da Maroni Silvestro dell’Azienda Agricola Maroni a Trota Oro, azienda di proprietà della famiglia Leonardi, dal Sale di Cervia alla Malga PoF, dalla macelleria Brentaro all’olio de La Cavagnina, all’azienda agricola Giacomini».


Cantina quasi naturale

Mattia Moro maître e sommelier, classe 1995, è nato e cresciuto vicino al Lago di Garda. «Ho trovato in Mattia la figura complementare nell’universo di sala e cantina – spiega lo chef - Mattia, attore fusionale e ne sposa la visione ristorativa. Attualmente la Brigata Mos è formata da sei persone in totale: due persone in sala, Mattia e Letizia, e quattro persone in cucina. Il messaggio gastronomico è interpretato e adattato in sala con giovane eleganza e riserbo».


Ad oggi la carta dei vini vanta un’ottantina di etichette di cui l’80% sono vini naturali e un 20% vini convenzionali scelti con accuratezza. Una carta anch’essa di definizione “spontanea” con venti referenze di bolla (dieci champagne e dieci metodo classico) e il resto suddiviso tra bianchi e rossi provenienti soprattutto dall’Italia, poi da Francia e Germania.


Tra le etichette naturali spiccano cinque vini macerati importanti bianchi (tra cui Guadalupe di Josef Wine a Ponti sul Mincio e Cimento di cantina Mezzacane nell’Oltrepo Pavese), ben strutturati da uve bianche vinificate in rosso, di grande personalità in grado di reggere il sapore importante e deciso dei piatti di Stefano.


«Tra le cantine da segnalare – spiega il maître - Cascina Maddalena a Sirmione per il Lugana decisamente anticonvenzionale, la cantina Cantrina a Zamoniga per il Groppello uva autoctona del territorio e la famiglia Faccoli per un Franciacorta che ha subito pochissimi trattamenti e quindi in linea con la mia filosofia. Mi affido poi a piccoli distributori e selezionatori locali con cui ho stretto un bellissimo rapporto personale, come Ditevini e Tannarte, che attraverso il confronto mi aiutano a selezionare piccolissime produzioni locali in giro per l’Italia».


Il design: Modern Retro anni '50

Il progetto architettonico decorativo di Mos arriva dall’idea visionaria del designer bresciano Nicola Falappi di Studio40. I colori accesi, gli arredi, lo stile e l’atmosfera che si respira da Mos ricorda “la Grande Italia” degli anni '50, quando il dopoguerra italiano scandiva il fiorire del design, dell’architettura e della moda nel Bel Paese, quando tutto ruotava intorno al concetto di “bello e nuovo”. Tutti i fornitori sono stati capitanati da Nicola Falappi, affidandosi a piccole realtà più o meno locali.


Il bancone è realizzato come un tappeto in legno intrecciato a mano, di cui il motivo viene ripreso sulla vicina parete “a tenda”. Elementi di grande caratterizzazione e riconoscibilità sono le ceramiche maioliche riprese in tutto il ristorante e il tavolo in legno bruciato. I piatti provengono da piccoli artigiani di tutt’Italia, a citarne due: Enza Fasano a Grottaglie in Puglia e Kose Milano una coppia trasferitasi a Desenzano ma milanesi di origine che ha creato una linea di ceramiche improntata sui geometrismi. Il tavolo tondo in larice e il cappello intrecciato in salice sono di Massimo Villa, di Giardini Villa, azienda di Torino; tutti i lavori di falegnameria, dai vari separé, al cannettato, all'organizzazione degli specchi, sono stati eseguiti da Carlo Raccagni (mastro Geppetto di Gussago, in provincia di Brescia); la lampada è di Cini Boeri, designer donna in voga negli anni ‘70, lampada trovata in pessime condizioni e non funzionante; Marco Bertoli invece è stato il pittore che secondo indicazioni di Nicola, ha eseguito anche i lavori più minuziosi, come le righe fitte ed i triangoli azzurri presenti all’ entrata. Ma anche tutti i vari mobili costruiti da Carlo; le maschere sono create da Luca Simeone, artista che lavora ceramiche astratte che riprendono il suo viso, interpretato in mille modi, la carta da parati invece è Dedar, attenta nella selezione dei tessuti e degli artigiani stessi.


Mos
Via Porto Vecchio 28 - 25015 Desenzano d/G (Bs)
Tel 030 914 333
www.ristorantemos.it

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Alberto Lupini


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