Una delle migliori pizzerie del viterbese è Mactra, nel borgo di Vitorchiano
Andrea Pechini è il pizzaiolo e proprietario del locale. Trentaduenne con esperienza alle spalle, crea in un piccolo paese di origine etrusca qualcosa di inedito nel raggio di chilometri. Alla scoperta delle pizze di Mactra
La testardaggine, in senso buono, e la consapevolezza dei propri mezzi di Andrea Pechini le si colgono anche (se non soprattutto) considerando il momento in cui ha aperto Mactra, la sua pizzeria in un piccolo borgo della provincia di Viterbo come Vitorchiano. Le serrande si sono alzate nel gennaio 2021, quando ancora si brancolava nel buio e si navigava a vista data l’emergenza Covid.
Ma Andrea ha voluto aprire, limitandosi solo all’asporto in un primo momento, senza voler attendere tempi migliori. Tempi che sarebbero stati anche più lunghi, soprattutto. «Sentivo di dover aprire, non volevo aspettare: quando senti di fare una cosa la devi fare senza pensarci su. Se si inizia a procrastinare troppo si rischia poi di non fare nulla, per questo ho azzardato questa scommessa. Invece c’è stata l’occasione, ho trovato questo locale che era già in piedi e sono partito. Non nego come all’inizio sia stato un tuffo nel vuoto, era un punto interrogativo, ma la fortuna aiuta gli audaci e un po’ mi sono aiutato anche da solo».
Ma che cos’è Mactra? Mactra è, a modestissimo parere di chi scrive, una delle pizzerie migliori, più interessanti e per certi versi anche stimolanti di tutto il viterbese. O, perlomeno, è una delle pizzerie migliori tra quelle che ho avuto modo di provare. Giovane il manico dietro a questo progetto: Andrea Pechini, per l’appunto, trentaduenne che dopo un’importante esperienza alle spalle preso l’Agriturismo Il Casaletto di Grotte Santo Stefano (indirizzo che nel viterbese è un’istituzione), dove coadiuvato dal proprietario e dal suo team era riuscito a conquistare e mantenere i Tre Spicchi, ha deciso di mettersi in proprio tentando la navigata in solitaria.
La partenza un po’ a singhiozzo date le circostanze legate all’emergenza Covid, tant’è che da due anni e mezzo dall’apertura il lavoro effettivo è stato sicuramente inferiore. Ciò ha dato ad Andrea il tempo necessario per perfezionare la sua tecnica, dando vita oggi a pizze come forse non se ne trovano nel raggio di chilometri. Ma che cosa si mangia qui?
Cosa si mangia da Mactra a Viterbo. Un maritozzo salato da applausi
Se solitamente i fuochi d’artificio sono riservati alla fine di un evento, da Mactra si inizia subito con il botto: maritozzo salato con lingua di manzo, cipolla di Tropea e salsa verde che è una vera esplosione di gusto, sapori ed odori. L’impasto è qualcosa di incredibile, le consistenze degli ingredienti giocano tra di loro e si trovano al palato. Tanta roba davvero: da alzarsi e andare a stringere la mano ad Andrea. Con un inizio del genere le aspettative non possono che alzarsi. Si prosegue poi con una montanarina con mortadella e burrata, gustosa e anche un po’ furba negli accostamenti, per poi cominciare con le pizze vere e proprie.
Assaggiamo la bianca alla pala con porchetta laziale, arriva poi quella ripiena al sugo alla vitorchianese (pomodoro cotto a lungo aromatizzato con finocchio selvatico) e salsiccia alla brace, poi ne proviamo una più tradizionale come la Napul’è (di fatto una margherita, un’ottima margherita) ma l’effetto wow si replica (dopo il maritozzo) con una pizza gourmet a base di baccalà mantecato, crema di zucchine e fiori di zucca. Bella da vedere, buona da mangiare, croccante fuori e soffice dentro: niente da dire se non bravi. Il tutto accompagnato da vini del territorio, con etichette sia di rossi sia di bianchi locali e anche qualche proposta a più ampio respiro. E, all'occorrenza, ci sono anche gli champagne. Per farci spiegare meglio le sue pizze però abbiamo parlato direttamente con Andrea. Il quale si è anche tolto qualche sassolino per quanto riguarda il mondo della critica gastronomica...
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Andrea Pechini, il cuoco che si è riscoperto pizzaiolo
Oggi più che mai in cucina così come in pizzeria di parla di territorialità. Quanta territorialità c’è nelle tue, di pizze?
Abbastanza, in primis perché tengo conto di quello che abbiamo intorno e ciò che ci offre la Tuscia. Lavoro molto con produttori locali, tutto ciò che mettiamo sulle pizze viene da aziende agricole, piccoli artigiani che fanno formaggi, salumi, ortaggi vari e seguo molto la stagionalità. Non troverai mai una zucchina a dicembre o un broccolo a giugno, il menu varia molto spesso.
La stagionalità è uno dei fattori anche della cucina, noti dei punti in contatto tra cucina e pizzeria?
Il nostro punto di forza è questo: io essendo nato come cuoco avevo già una certa predisposizione in tal senso. Per me la pizza è esattamente ciò che per uno chef è il piatto: una base cioè, la differenza è che io con questa base posso giocarci, variarla, cambiarne consistenze, forme, presentazioni. Mi dà più margine di dinamicità.
Parlaci degli impasti che utilizzi.
Abbiamo 3 impasti in carta. Una pizza classica contemporanea che è un po’ un connubio tra una romana e napoletana: cornicione poco pronunciato, croccantezza esterna e sofficità interna. Poi abbiamo una pizza alla pala che solitamente facciamo ripiena, infine un impasto al padellino che facciamo lievitare in dei tegamini, precotto nel forno a gas e ultimato nel forno a legna.
Ci sono degli ingredienti ai quali difficilmente riesci a rinunciare?
Mi baso molto su ingredienti che ho introdotto nel menu per un unico motivo che è quello della conservazione. Quindi per esempio le alici le abbiamo tutto l’anno. Lo vedo anche un po’ come un ritorno al passato, quando nell’entroterra difficilmente riuscivano a portare pesce fresco, ma arrivava quello conservato sotto sale o sott’olio. Per quanto ho sperimentato l’uso anche di altri tipi di pesci di lago, non ce la farei a togliere le alici dal menu.
È complicato proporre in un piccolo borgo una proposta gourmet in un settore tradizionale come la pizza?
Inizialmente in effetti è stato un po’ complicato. Però oggi buona parte delle pizze che escono dal forno sono fuori dagli schemi classici, tradizionali. La maggior parte sono quasi tutte quelle con più inventiva, particolari e figlie di una maggiore ricerca. La tradizione ovviamente deve rimanere la base sulla quale poi poter giocare. Le tradizionali in carta le ho, una buona margherita alla fin fine è sempre una buona margherita, e pur non avendo carte troppo estese comunque abbiamo una quarantina di proposte che si dividono tra classiche e quelle un po’ più personalizzate.
Per le personalizzate il processo creativo come avviene? Ti basi su ricette esistenti o ti lasci ispirare da altro?
Cerco di portare avanti la tradizione, quindi uso condimenti che magari si trovano in un secondo di carne, oppure in un primo. Per esempio facciamo una pizza che ho creato in onore di mia nonna, che abitava nel centro del paese, e che mi ricorda quando la domenica andavo a pranzo da lei. Abbiamo fatto questa pala alla romana ripiena del cosiddetto sugo alla vitorchianenese: semplice pomodoro cotto per lungo tempo e condito con finocchio selvatico. Quindi farciamo la pizza con questo sugo, aggiungiamo la salsiccia alla brace, e si crea un profumo che mi ricorda tantissimo quello che sentivo da giovane entrando la porta del centro storico, perché in praticamente tutte le case veniva realizzato.
Mactra è una delle migliori pizzerie della zona. Ma le guide dove sono?
Da tempo si discute della questione, per te la pizza può entrare in Guida Michelin?
Per me sì, me ne sono reso conto dopo essere andato da Simone Padoan. Ai Tigli vedi veramente i livelli che può raggiungere la pizzeria, e capisci al contempo come si possa ancora fare di più nel lavoro personale di tutti i giorni se si vogliono raggiungere grandi traguardi. Ma credo ci possa essere spazio nella guida, c’è da fare un grande lavoro perché la pizza è storicamente e anche nell’accezione comune un piatto semplice accessibile a tutti, però si può fare qualcosa di importante.
Tu ci punteresti?
Non è il mio obiettivo primario entrare in queste grandi guide. Col tempo ho capito che non è tutto oro quel che luccica. Tante guide che ho visto, anche in cui son stato, non le considero diciamo così trasparenti. In passato ho avuto i Tre Spicchi (al già citato Casaletto, ndr), li ho mantenuti per anni ed erano sicuramente un motivo d’orgoglio. Poi quando ho aperto qui ho notato che le guide sono sparite. Son passato insomma dal massimo riconoscimento a non aver nemmeno una menzione in praticamente nessuna guida, se non quella di Osterie d’Italia.
Spiegami meglio la questione, ti sei sentito in qualche modo abbandonato dalla critica?
Più che altro sono rimasto deluso che, nonostante nello specifico avessi raggiunto il traguardo massimo del Gambero Rosso, riuscendolo a mantenere per 3 anni, e fossi anche nella classifica di 50 Top, da quando ho aperto il mio locale non sia stato più preso in considerazione da guide e critica. Il locale è sempre pieno, del mio prodotto se ne parla bene, quindi non capisco questa sorta di silenzio da parte della categoria. In passato sono stato anche menzionato tra i migliori 4 pizzaioli Under 30 del Gambero, ma dopo aver aperto il mio locale non ho avuto nemmeno una menzione, una segnalazione, un articolo che parlasse di Mactra. Al Casaletto i 3 Spicchi li abbiamo conquistati tutti insieme, li abbiamo mantenuti nel tempo, ecco perché mi aspettavo più considerazione quando mi sono messo in proprio. Mi son sentito un po’ abbandonato, tutto qua. Ciò mi ha portato a non avere più nemmeno così tanta fiducia nella credibilità delle guide. Ecco perché dico come oggi posso anche fare a meno di menzioni e citazioni. Avere la sala quasi tutte le sere piena, con clienti che vanno via contenti, per me quello vince su tutto. Da Tre Spicchi a “Sparito” comunque mi fa strano, ma la motivazione e la voglia di andare avanti la trovo sicuramente in altre cose.
Pizzeria Mactra
Via Francesco Aquilanti 1b – 01030 Vitorchiano (Vt)
Tel: 0761 371122
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Alberto Lupini