Maratona dles Dolomites A scuola di turismo sportivo
Può un evento sportivo essere in grado di bloccare completamente per un giorno 138 chilometri di strade sulle Dolomiti? La risposta è sì, l’Alta Badia lo insegna e deve essere un modello
14 luglio 2019 | 11:00
di Federico Biffignandi
Il serpentone alle prese con la scalata del Campolongo
Che Alta Badia e Val Gardena siano un emblema dell’accoglienza è ormai un dato di fatto. Le Dolomiti stanno al turismo di montagna come la riviera romagnola sta a quello di mare. Ma la grandezza del turismo dolomitico sta nella capacità della gente che ci vive e ci lavora di creare un ambiente così eccezionale da rimanerne per forza affascinati. È vero che le vette del Gruppo del Sella non esistono da nessun’altra parte. È vero che avere una serie di strade, non troppo aspre, che si inerpicano fino ad oltre 2mila metri in modo continuativo è una condizione rara a vedersi. Un parco giochi per adulti talmente straordinario e armonioso da sembrare costruito ad arte; e invece l’unico architetto intervenuto da queste parti è Madre Natura. Tuttavia si sa che disporre della materia prima buona è sì un’ottima base di partenza, ma non è tutto. Da queste parti lo sanno e ce ne si accorge subito. In primis, la gentilezza della gente, mai invadente. Poi: la pulizia dell’ambiente, la cura dei prati, l’ordine e i colori sui terrazzi delle case. Terzo: le strade prive di qualunque tipo di buca (e dire che d’inverno il gelo mette a dura prova l’asfalto). Quarto: accettare col sorriso che nel corso di una domenica di luglio, 9.038 ciclisti impediscano di circolare liberamente sulle strade di casa.Pubblico locale pronto ad incitare il gruppo
Perché la Maratona dles Dolomites ha questi numeri ed è capace di riempire in ogni ordine di posto qualunque tipo di struttura ricettiva per due, tre, anche quattro notti. La grandezza della Maratona è quella di offrire la possibilità di godere dei passi dolomitici in totale assenza di traffico. Il fruscio delle ruote, lo schioccare dei cambi, i fischi delle frenate, i fiatoni dei partecipanti si sostituiscono all’odore di frizione delle auto, ai clacson, alle sgommate, al fumo dei tubi di scarico. Meraviglia. Ristoranti, bar, negozi, attività artigianali, tutte godono dell’indotto di questo evento mondiale. La corsa, quasi, passa in secondo piano. Partecipare, significa vincere. I meno allenati si limitano al Sellaronda da 55 km (Campolongo, Pordoi, Sella e Gardena), i più coraggiosi arrivano a 106 km aggiungendo Falzarego, Valparola e Mur del Giat; quelli forti pedalano fino al Giau e arrivano a 138 km di distanza. Lungo il percorso, la gente del posto - volontariamente - serve i “corridori” nei sei punti ristoro con un entusiasmo, una dedizione, un amore per l’accoglienza, innate. Bambini, (quanti bambini!), compresi. E allora la fatica si allevia, il cuore a mille si rilassa e sorride, lo strudel, il panino col prosciutto e formaggio, e altri dolci del posto sono ancora più buoni di quanto già non lo siano. Ma il bello arriva alla fine quando, sul Mur del Giat a La Villa, due ali di folla ti applaudono, ti incitano, fanno suonare i campanacci, ti spingono verso l’arrivo. Più che al mal di gambe del momento, pensi chi glielo faccia fare di applaudire ognuno dei 9.038 dilettanti che si è alzato alle quattro per stare in sella dalle 4 alle 10 ore, in una domenica di luglio. La risposta è nel loro sorriso sincero e nelle loro parole di soddisfazione nel vedere l’ospite contento. Il tema dell’anno era il “Dùman”; sappiamo che “del doman non v’è certezza” ma sappiamo anche che le Dolomiti sono una certezza e che tornarci, in ogni giorno dell’anno, resta sempre una buona idea.
foto: Sportgraf
Per informazioni: www.maratona.it
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