Lima, la città con la migliore gastronomia del Sud America tutta da scoprire

In pochi anni la ristorazione peruviana ha fatto passi da gigante e la tendenza diffusa a recuperare i prodotti della tradizione andina e della etnia Inca hanno fatto nascere una gastronomia raffinata e con una identità ben precisa . Ma anche l'incontro con altre cucine internazionali e le tecniche apprese dagli chef in giro per il mondo

06 agosto 2024 | 09:30
di Carlo Raspollini

«Alcuni potrebbero descrivere Lima come una città triste o nostalgica a causa del suo cielo e del suo mare grigi», sostiene la scrittrice di cibo e viaggi Liliana López Sorzano, viaggiatrice colombiana per il continente. Tuttavia i colori e la vivacità dei suoi locali e le fantasie dei piatti della sua gastronomia bilanciano questa sensazione. Da qualche anno Lima è diventata la capitale della gastronomia sudamericana. Ma pare che stia assumendo anche un ruolo importante rispetto alla ristorazione mondiale. Nella classifica dei Migliori ristoranti del mondo, redatta ogni anno dai 1.080 esperti della rivista inglese Restaurants, ci sono ben cinque ristoranti della capitale del Perù tra i primi 55. Sono il Maido di Mitsuharu Tsumura, il Kjolle di Pia Léon, moglie di Virgilio Martinez del Central, il Mayta di Jaime Pesaque e il Merito, dei venezualani Juan Luis Martínez e José Luis Saume, che sono stati a lungo al Central come aiuti di Virgilio Martinez. Il Central è addirittura passato nella categoria Best the Best assieme a chi ha già vinto almeno una volta e resta, come si vede, il motore della gastronomia limeña.

Il Perù: un Paese ricco di storia, di cultura e di ingredienti

Quello che renda ricca la cucina peruviana è la storia del Paese. Indubbiamente in Latino America è il più bello da visitare (assieme al Messico), per chi ama l'archeologia e le antiche culture, di cui il Perù conserva resti importantissimi (Machu Pichu e Cuzco). Il Perù è il regno delle patate, ben 3.900 qualità se ne contano sulle Ande. Ma l'offerta è ricca anche di pesce, frutti di mare, vegetali come la quinoa, la chia e tuberi come la yucca e lo ñame.

Le influenze di altre cucine come la spagnola, l'italiana, la giapponese, l'araba, la cinese si nota nella preparazione dei piatti. Frutto anche dei viaggi che questi chef compiono prima di aprire il loro locale. Tutto contribuisce a porre le basi per una cucina di ampio respiro e di un numero indescrivibile di opportunità.

Lima una metropoli di 10 milioni di abitanti affacciata sull'Oceano Pacifico

Lima è una città di mare ma lo è in maniera diversa da come siamo abituati a pensarle noi Italiani. Non esiste una città affacciata sull'Oceano, neanche sul lato europeo dell'Atlantico, posta sopra una falesia, una sorta di bastione naturale tra i 40 e i 50 metri a picco sul livello del mare. Una scogliera erosa dal vento e dal mare che si estende per tutto il tessuto urbano, dal distretto di Chorillos a sud, fino a Callao a nord. Una capitale che è antica, per questi posti, ma tutto sommato giovane per noi europei. Fondata il 18 gennaio del 1535, pochi anni dopo la scoperta dell'America, da parte di Cristoforo Colombo. In origine era chiamata la Ciudad de los Reyes, nella regione indigena di Limaq, da cui ha preso poi il nome attuale.

Difficile fare confronti con le nostre città, perché in America le dimensioni sono sempre esagerate. Lima ha 10 milioni di abitanti, più di tre volte Roma. Una metropoli vivace e cosmopolita, con musei, teatri, gallerie d'arte, viali alberati e belle piazze residuo del colonialismo spagnole e tanti ristoranti, bar, luoghi per riunirsi e “compartir” una “bebida”, una “comida”, tanto per stare insieme.

Lima: Barranco è il quartiere bohémien, dove le coppie vanno ad ammirare il tramonto

Il quartiere più popolare è bohémien, quello che piace a noi che veniamo dal vecchio continente, è certamente Barranco. L'arte di strada è di casa qui ma in forme eleganti, non come sozzura delle mura periferiche. I “murales” hanno una dignità in America Latina e sono spesso usati per onorare personaggi, eventi, ciò che accomuna e che rende uniti attorno a un concetto di identità culturale. Qui si trova il Central di Virgilio Martinez. Si è spostato nel 2018 dal barrio Miraflores, per aprire il suo prestigioso ristorante, con l'aiuto d sua sorella Malena Martinez.

Nello stesso complesso di calle Pedro de Osma c'è il cocktail bar Mayo e l'altro ristorante peruviano più moderno, il Kjolle condotto da sua moglie Pia Léon. Come ormai spesso succede i prolifici Martinez hanno anche creato nel 2013 lo sperimentale Mater Iniciativa, un laboratorio di innovazione in cui gli chef e i loro aiutanti sviluppano nuove tecniche e ricette ed elaborano il rapporto con gli ingredienti del passato.

Il menu del Central è un viaggio nella cultura andina del popolo Inca ma con il gusto di oggi

Non a caso il menu degustazione del Central mette in mostra prodotti peruviani provenienti da diverse altitudini. Uno degli obbiettivi del centro Mater Iniciativa è proprio quello di esaltare la cucina del territorio, per questo in spagnolo la loro cucina viene definita “terriña”.  Accompagnato da un gruppo di ricercatori e cuochi, lo chef Martínez viaggia nei campi per raccogliere prodotti e conoscerne la storia. Una cucina che ricorda molto alcune esperienze italiane e che mira a coniugare la gastronomia peruviana e la biodiversità del territorio.

Tutto questo impegno ha condotto a un menu da 17 - 18 portate, dove la diversità si avverte e si apprende ad ogni passaggio. Ogni boccone è un prodotto riscoperto e salvato, è un rapporto con un campesino che torna a coltivare cose abbandonate e lo fa a diverse altitudini. Stessa esperienza di Rodolfo Guzman di Boragò in Cile, come altri chef in Colombia e Messico. Chi fa questo mestiere prima o poi deve fare i conti con la diversità biologica, vera ricchezza della natura che non possiamo disperdere per motivi di profitto della cucina omologata. Il Latino America sta cercando la propria identità anche nella gastronomia, senza per questo rinunciare a ciò che di buono è arrivato dalla vecchia Europa.

Kjolle mostra che l'affermarsi delle donne chef non è una moda passeggera

Doveroso soffermarsi anche su Kjolle (num. 16) di Pia Léon, aperto nel fatidico 2018, ante Covid. Un ristorante meno impegnativo del Central, aperto al piano superiore dello stesso stabile. Pia tratta gli ingredienti peruviani con tecniche moderne. I suoi piatti possono sembrare sofisticati come la spigola e cannolicchi con mashwa nera. Cos'è? Un tubero andino. In aggiunta con noci dell'Amazzonia. In Perù c'è in unico Stato tutto quello che trovi a segmenti negli altri. Con una storia e una natura incredibili.

Torniamo ai piatti di Pia Léon: un'anatra con calamari e kañiwa (un cereale andino). Qui quasi tutto viene dalle Ande. Grazie alla sua capacità venne nominata la miglior chef donna del 2018, dei 50 migliori ristoranti Latino Americani. Lei fa parte di una schiera di chef donne che stanno emergendo prepotentemente alla ribalta e delle quali sono certo che sentiremo parlare a lungo, come Leonor Espinoza del ristorante Leo di Bogotà. Elena Reygadas della Rosetta di Città del Messico e Daniela Soto Innes che ha lavorato a lungo con Enrique Olvera del Pujol di Città del Messico e del Cosme di New York.

La gastronomia del Giappone ormai fa parte integrante di quella del Perù

L'altro ristorante, al numero 5, che staziona sempre ai piani alti delle classifiche internazionali è Maido, nato nel 2009, dello chef Mitsuharu Tsumura, un peruviano di origini nipponiche come molti suoi connazionali. Noto per aver portato la cucina Nikkei al suo massimo livello. Nella sua carriera ha lavorato presso una innumerevole quantità di ristoranti, soprattutto in Giappone.

Nella cena meglio farsi guidare dallo chef per le degustazioni. Scoprirete mondi sconosciuti. Anche Tsumura sta introducendo ingredienti più autoctoni, come l'ollucos (un tubero andino), le patate autoctone, il seme di macambo (una noce della famiglia del cacao) e l'huacatay (un'erba aromatica). Sia Maido che il Central non si possono prenotare al momento. Bisogna farlo con mesi di anticipo.

Mayta, terra nobile, in lingua Aymarà, è il ristorante per una esperienza unica nella vita

In pochi anni, tutto sommato, anche Mayta (num. 41) ha guadagnato un posto importante tra i ristoranti fondamentali di Lima. Il nome significa "terra nobile" nell'idioma Aymara, una lingua nativa andina.   Anche la cucina di Jaime Pesaque, chef del Mayta, si ispira al patrimonio peruviano e ai sapori del passato. Il piatto principale è riso all'anatra con magret affumicato (petto d'anatra o d'oca ingrassato), uovo di anatra fritto e fois gras. Molti apprezzano il ceviche amazzonico con zenzero, coriandolo, charapita, chili e platani dolci (un vegetale imparentato con il banano). Il ceviche è un piatto che si incontra spesso in Latino America. Essenzialmente è un'insalata di pesce crudo piccante con aglio, cipolla e altre sostanze piccanti, tutte mescolate e marinato con il lime, però si trovano anche cheviche di pollo o di bovino.

Senza bisogno che ve lo spieghi sono tutti ingredienti che fanno della piccantezza il loro punto di forza. Il Mayta mette ottimi cocktail a disposizione dei clienti. Dove la cultura del vino tarda ad affermarsi i liquori e i cocktail sono spesso considerati alternative possibili a tavola. Qui funziona molto il chilcano, un cocktail a base di pisco (liquore tipico tratto dall'uva fermentata) con ginger ale e limone.

Virgilio Martinez va spesso a rilassarsi al Merito dai suoi ex dipendenti

Nello stesso barrio del Central c'è anche Merito, un ristorante gestito da due ex chef dello chef Martínez. Quando Virgilio termina di lavorare  esce e va a prendere un posto a sedere in questo piccolo ristorante. Gli piace quello che Juan Luis Martinez e José Luis Saume creano con l'incontro tra cucina peruviana e venezuelana. Lui si prende un “postre (dolce) a la crema volteada”, come un flan. Il cliente si siede davanti al bancone dove gli chef lavorano e assiste allo spettacolo dei piatti che nascono. Vedi le quesadillas di yucca con mashuas (sempre tubero andino) o capesante con ñame (vegetale americano) e sachatomate alla brace (tamarillo o tomate andino). Yucca fritta con guasacaca (una crema di avocado simile al guacamole). Arepas morbide dentro e croccanti fuori, che vengono servite con burro di chicha de jora (bevanda fermentata di mais maltato) con pesce del giorno o pancetta.

C'è animazione, fermento, gente che parla, siamo in un bar praticamente. Se si vuole più tranquillità meglio salire di un piano, dove l'ambiente è più sobrio e più raccolto. L'estetica dei piatti è molto curata, il fatto di mangiare a contatto con la cucina dà una sensazione diversa dal solito. Ti coinvolge e diventi più bonario nella critica. Gli chef hanno dovuto adattarsi ma cercano anche ingredienti venezuelani grazie ad alcuni imprenditori che si stanno inserendo nel mercato di Lima. Molti venezuelani sono transfughi dal loro paese verso tutti gli altri del continente. A Lima si produce un formaggio tipico del loro paese che si chiama Arte Queso. Una specie di mozzarella molto adattabile a differenti usi, compresa la pizza.

Osso non è un ristorante italiano anche se il proprietario si chiama Renzo Garibaldi

Un omone di quasi due metri, dai grandi bigote e le camice a quadri come un texano è lo chef di Osso e non Hueso come si direbbe in spagnolo. Ma la natura sanguigna e verace del proprietario, macellaio e fervente carnivoro ne hanno fatto un luogo conosciuto nel mondo. Anche per l'amicizia e l'alleanza stretta con altri “asadores” come Dario Cecchini di Panzano in Chianti, Diego Perez Sosa di Montevideo, Ariel Argomaniz argentino e Jeferson Rueda di São Paulo del Brasile. Tutti accomunati nella stessa missione, promuovere il consumo della carne di animali allevati liberi e felici e senza cedere alle offerte di allevamenti intensivi.

Renzo Garibaldi ha avviato Osso come macelleria nell'esclusivo sobborgo di La Molina e da allora si è ampliato con un ristorante completo e un franchising nel quartiere di San Isidro. La festa inizia con salumi fatti in casa, seguiti da tartare, hot dog, slider e tagli alla griglia in varie fasi di stagionatura, il tutto dimostrando le abilità dello chef e la profonda conoscenza sia della carne che della griglia.

Astrid e Gastón Acurio sono una coppia di chef che ha fatto la storia della città di Lima

Gastón Acurio è lo chef che ha reso popolare il ceviche in tutto il mondo e più di altri ha reso il Perù una potenza gastronomica. Il locale è uno dei più anziani della capitale, conta 20 anni di attività quest'anno. Il capo chef Jorge Muñoz, che ha diretto la cucina del Pakta a Barcellona, è tornato in Perù per prendere le redini del ristorante, visto che Gastón ha deciso di lasciare per dedicarsi a un nuovo progetto che lo porterà a viaggiare per il Paese e per il Sudamerica.

Più di chiunque altro Acurio ha rinnovato la cucina peruviana e ha aperto il cammino a una generazione di chef che abbiamo nominato prima. Sono tutti suoi eredi e gli riconoscono il ruolo di guida e di edificatore della comunità gastronomica del Paese. Acurio ha aperto 40 ristoranti in 11 paesi, contribuendo non poco alla notorietà della cucina del Perù e al turismo verso questo Paese. Astrid Gutsche, sua consorte, miglior pasticcera del latino America del 2015, resta a dirigere la pasticceria.

Il menu creativo storico di Gastón Acurio utilizza distinti condimenti del nord del Perù in piatti come il sudado (stufato di pesce saporito) e il ceviche che include la zucca di loche nel leche de tigre. Non è nient'altro che una zucca con un aroma gradevole messa nel sughetto residuo dopo aver cucinato il cheviche. Spesso i nomi delle pietanze su menu rievocano mondi fantastici e svelati diventano dei banali abbinamenti. Per questo sarebbe meglio non spiegarli ma il rischio è che non si capisca più di che si sta parlando. Alla fine del pasto, gli ospiti ricevono una mappa del paese che indica da dove il team ha acquistato tutti i prodotti. Bella iniziativa.

Isolina è collocato in una casa del 1900 ristrutturata nel quartiere Barranco

Andare a mangiare ad Isolina è un tuffo nel passato, almeno come atmosfere. Si ritrova infatti in un'antica taverna dove la nostalgia è il sentimento prevalente. Lo stesso chef Jose del Castillo recupera le ricette di sua madre (Isolina) e di sua nonna proponendo la cucina tradizionale di Lima, magari con qualche innovazione necessaria. Uno dei piatti più ricercati è il cau cau (stufato di trippa e patate con sanguinaccio) e lo spezzatino di animelle di pollo, o la tortilla di cervella di vitello oltre ad antipasti più leggeri come il ceviche o il panino pejerrey (un piccolo pesce).

Dal menu si capisce che l filosofia della madre dello chef era quella di usare tutte le parti dell'animale, compreso quello che noi chiamiamo il quinto quarto e che anni fa andava speso sprecato. Nelle culture povere non si butta via niente e anche le parti meno nobili possono dare vita a piatti meravigliosi. La maggior parte dei piatti sono pensati per essere condivisi, perché è un locale dove si va sempre con gli amici. C'è chi dice, anche con un po' di malizia che da Isola si mangia come si mangiava 50 anni fa a Lima. È un po' difficile visto che gli ingredienti sono quelli di adesso e i gusti pure. Inutile dire che le porzioni sono enormi e sono molto speziate.

Il Perù, un Paese che non smette di sorprenderti ad ogni tappa e ad ogni incontro

Usciamo da questa passeggiata pantagruelica per affacciarci sulle sponde della falesia e ammirare il buio completo del cielo che si fonde con l'Oceano. Il rumore delle onde e delle correnti opposte che lo attraversano è coperto dal traffico intenso dei viali lungo la costa e in città. L'idea di essere nel Paese dell'Impero Inca, dei deserti e della foresta amazzonica, delle Ande e degli altipiani, dei torrenti impetuosi e delle piccole donne col cappello che masticano foglie di coca, dà un brivido per il senso di avventura che si respira ma anche di rispetto per quello che la storia e le popolazioni hanno saputo creare e che è arrivato fino a noi e che non va disperso.

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Alberto Lupini


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