Hotel a 5 stelle in profondo rosso A Firenze chiude Villa La Vedetta

La fase post lockdown si è rivelata drammatica per il comparto; nel capoluogo toscano i primi 15 licenziamenti. In città ha riaperto il 70% delle strutture, ma molti chiuderanno ancora

23 settembre 2020 | 10:31
di Sergio Cotti
La crisi del settore alberghiero continua a mordere anche dopo l'estate, come purtroppo era stato ampiamente pronosticato dalle associazioni di categoria. In Italia sono ancora oltre il 20% gli hotel che non hanno neppure più riaperto dopo i mesi del lockdown ed oggi sono tanti quelli che stanno pensando di chiudere di nuovo dopo una stagione estiva corta e avara di soddisfazioni.

La vista su Firenze dalla piscina di Villa La Vedetta

A soffrire sono stati - lo abbiamo scritto più volte - gli alberghi delle città d’arte, che più di altri hanno dovuto fare i conti con la mancanza di turisti stranieri, vera linfa non solo in estate, ma tutti i mesi dell’anno. E tra questi, la mazzata più pesante l’hanno subita le strutture di lusso: quelle che hanno riaperto, sono rimaste con le camere pressoché deserte anche in agosto: di americani e cinesi non se ne sono visti e le chiavi delle stanze sono così rimaste appese in reception.

Tra le residenze di maggiore pregio che non hanno addirittura più riaperto i battenti dopo la primavera c’è la storica Villa La Vedetta di Firenze, da dove ora arriva l’annuncio della chiusura definitiva. Una notizia che era nell’aria già da tempo: troppi i 44mila euro di affitto al mese, per un albergo vuoto ormai da otto mesi e senza una reale prospettiva di ripresa, almeno nel breve-medio periodo. E a rimetterci saranno i 15 dipendenti a tempo pieno e le loro famiglie. «Non sarà l’unico caso - spiega Giancarlo Carniani, presidente della sezione industria alberghiera di Confindustria Firenze, parlando a La Nazione - Alcuni alberghi di lusso, come il St. Regis e il Gallery, ancora sono chiusi. I grandi gruppi alberghieri non hanno riaperto tutte le loro strutture: al massimo, e coraggiosamente, una o due. Altri invece hanno riaperto puntando su settembre e immaginando un mondo che non c’è più».

Strade deserte in centro a Firenze

Circa il 70% degli alberghi di lusso non sono di proprietà e le cifre altissime chieste per l’affitto non sono sostenibili in momenti di crisi prolungata come quello che stiamo vivendo. E per di più, nella maggior parte dei casi i canoni non sono stati ritoccati al ribasso, come invece era stato auspicato dalle associazioni di categoria e applicato a tanti bar e ristoranti della città.

Nei prossimi giorni le associazioni degli albergatori si riuniranno per tracciare un bilancio e trovare delle soluzioni ad una crisi gravissima, che coinvolge tutti, i grandi alberghi di lusso e i piccoli. In queste settimane la media di occupazione delle camere sfiora il 25%, quando abitualmente a settembre si aggira intorno al 90%. «Siamo nel momento più complicato. Dobbiamo riuscire ad arrivare alla primavera 2021», dice Carniani, mentre secondo il presidente di Federalberghi Firenze Francesco Bechi, «i mesi peggiori saranno dicembre, gennaio, febbraio. Non tutti ce la faranno a sopravvivere - dice - Bisogna assolutamente abbattere tutte le imposte locali, arrivare a una revisione a livello nazionale della tassa di soggiorno e trovare un accordo con i proprietari del pagamento del canone di locazione».

Come dire, non basta aver lavorato nel mese di agosto, con una percentuale di camere occupate comunque bassa e a prezzi scontati, per credere di aver passato, come dicono a Napoli, la nottata. «Servono interventi di sostegno da parte del Governo che siano mirati per le città d’arte vocate al turismo internazionale. Lo stiamo dicendo dal primo giorno di questa pandemia - sottolinea Cristina Pagani, di Asshotel Confesercenti Firenze - Siamo lieti che i bilanci del Comune siano salvi, ma bisogna salvare le aziende. Solo così si mantengono i posti di lavoro. Prorogare oltre dicembre il blocco dei licenziamenti non è una soluzione, perché se siamo obbligati, in questa situazione, a tenere i dipendenti le aziende falliscono e non si salva nessuno».

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Alberto Lupini


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