L’autunno nelle Langhe rappresenta la stagione gastronomica più ricca e variegata per antonomasia, in grado di regalare prodotti locali unici e pregiati, che vanno dal tartufo ai porcini. La sapienza degli chef permette di trasformare le materie prime del territorio in piatti dai sapori inconfondibili. Alle ricette stagionali, che si possono gustare nei numerosi ristoranti, tra le colline astigiane e i vigneti cuneesi, si affiancano le preparazioni della tradizione, in alcuni casi rivisitate dagli chef: dagli agnolotti del plin ai tajarin, dalla bagna caoda al vitello tonnato ottenuto da carne piemontese, dalla carne all’albese ai numerosi dolci che valorizzano soprattutto la Nocciola Tonda Gentile Igp. Il tutto innaffiato da etichette eccezionali, frutto di vendemmie ottenute dai vitigni più famosi al mondo come Barolo, Barbaresco, Nebbiolo, Dolcetto e Barbera.
Al Piazza Duomo (3 stelle Michelin) l’Insalata del vignaiolo è un omaggio al lavoro agricolo
Fra le tappe imperdibili c’è sicuramente il Ristorante Piazza Duomo ad Alba (Cn), una location dal fascino secolare, che vanta tre stelle Michelin. La famiglia Ceretto da inizio anni Duemila si avvale della collaborazione dello chef Enrico Crippa, membro Euro-Toques Italia, che ama stupire i suoi ospiti con degustazioni artistiche, dinamiche e sorprendenti, dove ricette centenarie ed eccellenze del territorio incontrano un palato senza frontiere. La prima stella arriva nel 2006, segue la seconda nel 2009 e la terza tre anni più tardi. Dal 2013 la cucina di Crippa porta il Ristorante Piazza Duomo nella lista dei 50 migliori ristoranti del mondo. L’Insalata del vignaiolo rappresenta l’omaggio dello chef a coloro che lavorano alla vendemmia. Questa ricetta, presente nel menu Barolo, fa parte della tradizione contadina delle Langhe e rappresenta la fusione tra regale e popolare, senso di appartenenza e gusto per il nuovo, un invito a conoscere e riconoscere la storia ruvida e preziosa di un territorio dove la tradizione contadina è da sempre intrecciata con la vita dei re. L’insalata del vignaiolo recupera gli avanzi di bollito, accompagnati dalla salsa verde, per dare forza nei giorni di lavoro nei campi, senza tralasciare l’invito a reinventare i piatti senza sprecare.
Risotto al profumo di bagna caoda a La Madernassa (2 stelle Michelin)
La Madernassa di Guarene (Cn), che ha conquistato nel 2019 la seconda stella Michelin, è attualmente il regno dello chef Michelangelo Mammoliti (che tuttavia lascerà a febbraio 2022 per passare alla guida del ristorante gourmet del Boscareto Resort & Spa, sempre nelle Langhe, a Serralunga d'Alba). Da casa di campagna il ristorante è diventata una delle insegne da provare, soprattutto nel cuore del periodo del tartufo. La consolidata tecnica francese si approccia al sapore piemontese, con un menu dedicato al cosiddetto “Oro Bianco”. Irrinunciabili i tajarin di farina 7F, cotti in estrazione di pollo, burro d’alpeggio e il suo jus. Unica la ricetta del riso cotto in estrazione di sedano rapa, emulsione di bagna caoda, cardo di Nizza e fava di Tonka. Dopo aver estratto il sedano rapa e ottenuta la sua crema, vengono stufati i cardi in olio di acciughe e brodo, che vengono poi frullati. Il riso cuoce per 12 minuti, ma a cinque dalla fine cottura si aggiungono le puree di cardo e sedano rapa. A questo punto si lascia riposare e si manteca con burro e Parmigiano Reggiano 48 mesi, si gratta la fava di Tonka, si dispone il cardo nel centro del piatto e si aggiunge l’emulsione alla bagna caoda. Si può infine completare tagliando generosamente delle lamelle di tartufo bianco d’Alba sopra il riso.
Salsiccia e peperoni nel risotto di Guido da Costigliole (1 stella Michelin)
Anche il ristorante stellato Guido da Costigliole del Relais San Maurizio, ricavato all’interno dell’antico monastero di Santo Stefano Belbo (Cn), ha un forte legame con il territorio. Notevole la proposta a base di tartufo, elevato all’ennesima potenza dallo chef Luca Zecchin. Fra le ricette con i prodotti delle Langhe è imperdibile il Risotto con salsiccia di Bra cruda (un prodotto tradizionale della salumeria braidese, preparata con carni magre di bovino e pancetta di suino) e melassa di peperoni rossi di Carmagnola, il peperone autoctono per eccellenza, da abbinare con un bel Langhe Nebbiolo, giovane e vibrante. Da una lunga tradizione in ambito vitivinicolo del Relais San Maurizio - che sin dalla sua nascita ha voluto fare della valorizzazione del territorio la propria cifra stilistica - è nato anche il San Maurizio Wine Club, un luogo phygital dove il vino è il vero e indiscusso protagonista con un’accurata selezione di etichette di produttori locali dal Piemonte, insieme ad una ricchissima collezione di etichette italiane e internazionali custodite nella cantina e disponibili anche tramite lo shop online.
All’Enoteca di Canale (1 stella Michelin), da provare il Porcino arrosto
La mano del cuoco piemontese Davide Palluda è una garanzia per il ristorante All’Enoteca di Canale, in provincia di Cuneo, una stella Michelin confermata dal 2000. La cucina racconta il territorio e la saggezza casalinga di tante anonime massaie contadine, ma senza indulgere sulla nostalgia e senza chiudersi sulla tradizione e sul déjà vu. Il menu, pertanto, segue le stagioni di Langa e Roero, ma si apre a contaminazioni di colori e di sapori che sono frutto di viaggi, ricerca e creatività dello chef. L’autunno offre imperdibili piatti dedicati al tartufo, ma anche ricette veramente originali, come il Porcino arrosto, reso dorato e croccante grazie alla cottura in olio evo. Per il fondo vegetale vengono utilizzate carote, sedano rapa, cipolle rosse, radice di scorzonera, topinambur, radice di prezzemolo, melanzane, pomodoro in pasta, alga kombu, olio extravergine di oliva, sale, pepe bianco ed erbe aromatiche come salvia, prezzemolo, alloro, origano, timo e maggiorana. Il piatto viene servito con il suo fondo vegetale, lamelle di crudo ottenute con un tagliatartufo e polvere di anice stellato.
Gli agnolotti del plin de La Piola
Ristorante che vai, tradizione che trovi, a partire dagli agnolotti del plin, che nelle Langhe sono uno dei primi più amati e ricercati. Piatto immancabile nei menu dei ristoranti delle Langhe, si differenzia da locale a locale proprio per la lavorazione a mano e per gli ingredienti utilizzati. Lo chef Dennis Panzeri del ristorante La Piola di Alba (Cn), aperto nel 2005 dalla famiglia Ceretto, prepara la pasta a mano con 1 kg di farina e 700 g di tuorlo d’uovo. Dopo aver sapientemente arrostito tre diverse carni (reale di vitello, capocollo di maiale e coniglio) con vino bianco, sedano, carote, pomodori, cipolle e aglio assieme a salvia e rosmarino, il tutto viene macinato a freddo, aggiungendo 300 g di bietole sbianchite. L’impasto, a cui viene aggiunto Parmigiano Reggiano grattugiato, 5 o 6 uova, sale, pepe e, se necessario, la panna per dare grassezza, viene posto in una sac-à-poche, in modo da farcire la pasta chiudendola con il classico “pizzicotto” che dà il nome a questa pasta. La ricetta prevede poi una generosa porzione di burro.
Vini e cucina del territorio alla Locanda in Cannubi
Anche per la Locanda in Cannubi, un’istituzione della cucina tradizionale delle Langhe, gli agnolotti del plin rappresentano il piatto più richiesto dalla clientela. La famiglia Bertolini-Boggione gestisce il locale nel paese di Barolo, in provincia di Cuneo, con una particolare attenzione ai sapori freschi e di stagione, con una costante ricerca delle materie prime e un’abile rivisitazione delle ricette più antiche, che non vengono snaturate ma semmai rese più moderne con tocchi originali ed artistici. La Locanda è il luogo ideale dove degustare i vini della Tenuta Carretta, tra i quali l’eccezionale Barolo Cannubi, prodotto con le uve Nebbiolo raccolte vicino al ristorante. Gianni Bertolini serve i grandi classici piemontesi, fra i quali non possono mancare, giustappunto, gli agnolotti del plin. In questo caso la sfoglia all’uovo contiene un ripieno ottenuto da polpa di Fassona, coniglio, maiale e vitello, insieme a scarola, Parmigiano Reggiano, vino bianco, burro, noce moscata, sedano, carota, cipolla, alloro, rosmarino, sale e pepe. L’impasto, che deve risultare omogeneo, liscio ed elastico, viene lasciato riposare in frigorifero, avvolto nella pellicola. Per il ripieno vengono fatte soffriggere le verdure con le carni e le erbe, rosolate e infine sfumate con il vino. A questo punto i plin vengono cotti in acqua salata per un paio di minuti, dopodiché vengono scolati e serviti con un ristretto di vitello, oppure con burro e salvia.
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Alberto Lupini
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