Da Polignano a Matera, un viaggio nel bianco Sud
Dal candore delle architetture di Polignano a Mare, al bianco dei sassi di Matera, alla scoperta di luoghi, tradizioni, prodotti tipici, hotel da sogno in cui soggiornare e ristoranti con giovani talenti
15 ottobre 2020 | 06:42
di Nadia Afragola
Polignano a Mare affascina per il suo borgo antico a picco sul mare
Polignano a Mare è un borgo medievale famoso nel mondo per tante ragioni: per aver dati i natali a una delle voci più rappresentative della musica leggera italiana (Domenico Modugno), che proprio su queste coste si ispirò per i versi di Volare, e che il comune decise di omaggiare con una statua che sembra appunto abbracciarlo quel “blu” di cui canta. Per il suo borgo antico, il suo labirinto di vicoli bianchi che si aprono sul mare, le tante scale, gli archi e gli scorci inimitabili. Per le sue case, che osano sfidare la scogliera; per i suoi ponti di impronta romanica, per la sua architettura, da Piazza Vittorio Emanuele II, all’ex ghetto ebraico fino a Piazza Garibaldi, dove sono ancora visibili i resti delle torri difensive; per le sue grotte, scavate pazientemente dal mare, per la sua Lama Monachile, che quasi nessuno conosce nel suo nome originale, ma che tutti riconoscono non appena guardano una sua immagine. Da qui ogni scatto diventa una cartolina, fin dalla discesa alla spiaggia, passando per il ponte borbonico che collega il paese attraverso un dolce dislivello che prepara all’incanto.
DOVE DORMIRE
Aquamarea a Polignano a Mare (Ba)
È proprio alzando lo sguardo dall’insenatura più caratteristica di Polignano (la Lama Monachile), che si intercettano le finestre delle stanze dell’Aquamarea (www.aquamarea.it), che con il suo claim “Charming rooms, food and spirits”, sintetizza perfettamente l’anima del progetto. Qui la natura, prima, e il tocco dell’uomo, dopo, dialogano da oltre cento anni. Insieme generano un senso di stupore e di autenticità che lasciano davvero senza fiato.
Aquamarea è affittacamere con possibilità di integrare la formula b&b
Abbiamo incontrato Dino Galetta, proprietario dell’Aquamarea.
Cos’è l’Aquamarea?
Un progetto rispettoso del passato. Siamo nel borgo antico di Polignano, uno dei luoghi più rappresentativi di tutta la Puglia. Il nostro intento è sempre stato quello di fare di questo immobile un punto di riferimento per il territorio. Ne abbiamo preservato l’architettura, gli antichi pavimenti in pietra calcarea leccese e le volte; gli arredi riprendono il linguaggio originario in ferro battuto e legno. E anche i tessuti parlano lo stesso linguaggio. Abbiamo utilizzato fibre naturali e lino, proprio come un tempo.
Cosa si devono aspettare gli ospiti?
Non è un hotel, ma un affittacamere con possibilità di integrare la formula b&b. Da noi si può gustare un piatto o un intero menu a base di materia prima locale, bere un drink sulle magnifiche terrazze, leggere un giornale e naturalmente riposare, cullati dal rumore delle onde che si infrangono sulla scogliera.
Di quali spazi si compone la struttura?
La struttura ha una forma molto semplice: quattro stanze dotate di ogni servizio e due terrazze panoramiche, una utilizzata come angolo caffetteria e colazione, l’altra per pranzo e cena. In tutti i punti dell’Aquamarea non si perde mai il contatto con i colori e i suoni del mare. È questa la caratteristica più forte e unica per cui la gente ci sceglie.
Come è nato il progetto?
L’edificio era in uno stato di abbandono avanzato, lasciato a sé stesso da 10 anni. Lo abbiamo acquistato nel 2017 e aperto a fine 2018. L’estate del 2019 è stata la prima; quella del 2020 avrebbe dovuto essere la consacrazione, ma le cose non sono andate come speravamo per le ragioni che tutti sappiamo.
E lei come è arrivato a Polignano a Mare?
Come sono “tornato” a Polignano, sarebbe più giusto dire. Mi sono laureato in Economia a Bari, per poi spostarmi a Bologna e iniziare la mia carriera finanziaria, in giro per il mondo. Ho lavorato per multinazionali come Colgate, Palmolive e Natuzzi, ricoprendo il ruolo di responsabile marketing per intere aree, come Russia e Oriente. Sono stato praticamente ovunque, ma ho sempre avuto l’idea di rientrare in patria e occuparmi dello sviluppo di un’idea che fosse tutta mia. Così sono tornato in Italia e a Firenze ho aperto un ristorante con quelli che sono i miei attuali soci. In quel contesto siamo entrati in contatto con un’agenzia immobiliare di Polignano, la quale ci ha proposto questo immobile. Ricordo di non averci pensato poi molto. Sono rientrato nella mia Puglia e oggi a 51 anni, sono certo di aver fatto la scelta giusta.
DOVE MANGIARE
Ristorante La Colonna a Polignano a Mare (Ba)
Proseguendo verso nord, rimanendo sempre sul litorale di Polignano, si raggiunge la località di San Vito, con il suo borgo e il suo porticciolo naturale stretto tra un passato di tradizioni e il blu dell’acqua. Sulla sua suggestiva baia si affaccia l’imponente Abbazia dei Benedettini, roccaforte di tradizioni e di leggende. Ed è proprio in quell’abbraccio tra storia e mare, che si trova il ristorante e lounge bar La Colonna (www.ristorantelacolonna.it), punto di riferimento per chiunque voglia assaggiare il meglio della cucina marinara pugliese. Qui si viene principalmente per il pesce e per i crudi. Il menu è ispirato alla tradizione gastronomica regionale, aperto alle influenze del Mediterraneo. A garanzia di freschezza, basta dare uno sguardo ai pescatori nella baia, sempre intenti a lavorare sulle loro barche. Lo sguardo, dalla terrazza del ristorante, spazia dal borgo alla Torre, dalla baia all’Abbazia, fino a incontrare i colori dei tramonti che si spengono nel mare. Un paesaggio che di per sé vale una sosta.
Il menu de La Colonna è al 90% di pesce
Siamo stati nelle cucine di Alessandro Scatigno, chef del ristorante La Colonna.
Cosa troviamo in carta?
Il menu è per il 90% di pesce. È il mare a pochi metri di distanza a dettare la nostra carta. Utilizziamo rigorosamente materie prime locali. In cucina cerchiamo di reinventare le tradizioni, per fare in modo che vengano tramandate e apprezzate, rimanendo comunque in linea con il nostro tempo.
Che rapporto ha con suo padre, che è anche il proprietario del ristorante?
Compirò 28 anni a dicembre. Quindi di per sé il ruolo che ricopro in cucina, data la mia giovane età, impone una grande responsabilità. Poi se aggiungiamo il fatto che mio padre è la proprietà del ristorante, la faccenda si complica ulteriormente. Ci sono le aspettative alte da soddisfare e i rapporti famigliari che vanno sempre rispettati, così come i ruoli. Spesso è difficile dettare una gerarchia, perché il personale sconfina nel lavorativo. Prima il mio ruolo era in sala, anche se ho sempre avuto la passione per la cucina. Così col tempo sono passato dall’altra parte della “barricata”, affiancando il nostro chef, da cui ho appreso tutto. Il passo successivo è stato appunto prendere in mano le redini dei fuochi.
Quali sono i numeri de La Colonna?
A pieno regime gestiamo fino a novanta coperti. In cucina siamo in tre, più una persona addetta alla sola pulitura del pesce e dei frutti di mare. In sala siamo quattro, a pranzo e cinque a cena. Siamo aperti da marzo a fine ottobre, in base anche alla stagione. Nei mesi di chiusura mi dedico allo studio e alla ricerca, mettendo a punto nuove ricette. Una fase, questa, importantissima del nostro lavoro.
Come è andato il post lockdown?
Non pensavamo di lavorare così tanto. Siamo rimasti sorpresi nel vedere tanto afflusso. Abbiamo chiuso una stagione davvero positiva. Dal prossimo anno torneranno in carta i menu degustazione, che quest’anno avevamo deciso di eliminare. Un’idea in controtendenza, che però ci ha portato bene.
Ristornate Terranima a Bari
È nel cuore di Bari, all’interno di una corte dei primi del Novecento che si chiude la parte pugliese del tour gastronomico che va dal candore delle architetture di Polignano, al bianco dei sassi di Matera. Una tappa obbligata per chi ricerca i veri sapori di questa terra, nel centro storico di una delle città più rappresentative del Sud. Al Terranima (www.terranima.com) la cucina è rispettosa del chilometro zero, è tradizione, è la materia prima migliore declinata nelle ricette più tipiche, dove ogni piatto racconta una storia, da assaporare ma anche da ascoltare, grazie al caffè letterario all’interno del ristorante.
Il Terranima è come la “casa della nonna”
Abbiamo fatto due chiacchiere con Georgia Colombo, general manager del ristorante Terranima.
Come è cambiata la vostra cucina a causa del Covid?
La nostra cucina non è stata stravolta dall’avvento del Covid e dal successivo lockdown. Ciò che è cambiato molto sono stati i flussi di turisti, che sono diventati esclusivamente italiani. C’è stata un’ottima ripresa, e il clima era davvero vivace, nonostante il grande dramma appena vissuto.
Che tipo di cucina proponete?
La nostra cucina è fatta dei piatti del territorio, ricette antiche che attingono non solo dalla provincia più vicina, quella di Bari, ma anche dal Salento e dal Gargano. I piatti sono a base di pescato locale del giorno, di carne e anche vegetariani. Il nostro è un bel viaggio culinario dal nord, al sud della Puglia.
Quale piatto non potete proprio togliere dalla carta?
Non siamo identificati con un piatto iconico. Ma se dovessi scegliere, direi le orecchiette con le cime di rapa e la pasta con la carne di asina.
Terranima. Cosa c’è oltre al ristorante?
Si può riassumere il Terranima come la “casa della nonna”. Sessanta coperti divisi in due sale. Una nasce come ristorante, l’altra come caffè culturale, con eventi che parlano della Puglia, di poesia, di musica e di letteratura. Vogliamo rappresentare e veicolare, non solo in tavola, tutta la nostra tradizione popolare.
Senza mai dimenticare i bambini…
Assolutamente. Siamo consapevoli che i bambini sono la nostra risorsa più importante. È per questo che ci dedichiamo alla loro educazione alimentare attraverso corsi di cucina, in cui possano imparare, fin da piccoli, a valutare autonomamente le sane e le cattive abitudini. Il tutto senza dimenticare l’aspetto ludico.
Matera, un giello senza eguali
Matera è una perla famosa nel mondo. È un luogo dove la pietra di tufo riluccica come una pietra preziosa. È un set cinematografico naturale, che non ha bisogno di accorgimenti o di abbellimenti di nessun tipo. È la città scelta da Mel Gibson per il film “The Passion”, proprio per il suo aspetto così simile a una piccola Betlemme. È incanto, stupore, unicità irreplicabile, a partire dal suo impianto medievale ai piedi del suo colle, fino al centro storico più antico, con la sua acropoli impreziosita dal Duomo di epoca romanica. I suoi sassi ne sono il simbolo, una roccia friabile e molto lavorabile, scavata fin dai tempi antichi. Nel 1993 l’Unesco l’ha inserita nella lista dei Patrimoni dell’Umanità riconoscendo in essa «un modello di vita in equilibrio con l'ambiente, con cui si integra senza stravolgerlo, pur sfruttandone le risorse».
Nel 1993 l’Unesco ha inserito Matera nella lista dei Patrimoni dell’Umanità
DOVE DORMIRE
Palazzo Gattini a Matera
Salendo fino al cuore del centro storico di Matera, raggiunta la splendida cornice di Piazza del Duomo, con un affaccio sui Sassi che toglie il fiato, si aprono le porte di uno dei palazzi nobiliari più importanti della città, nonché il più alto (in termini altimetrici). Palazzo Gattini (www.palazzogattini.it) è un hotel 5 stelle dove in un’epoca non così lontana, risiedevano i conti omonimi. Un attento lavoro di restauro ha mantenuto tutta la magnificenza originale, la ricchezza dei dettagli, i materiali locali recuperati, i colori vivi dei tendaggi a contrasto con il candore della pietra calcarea, le atmosfere morbide e avvolgenti, che sono un invito a rallentare e perdersi in tutta quella bellezza. Tra le suite, quella con piscina privata è certamente la più ambita. E poi ancora, spa con vasca di galleggiamento, percorsi e trattamenti, un ristorante e un lounge bar, il Duomo Cafè, l’unico presente in Piazza, dove godersi il risveglio o un aperitivo a contatto con la città.
Palazzo Gattini è in uno dei palazzi nobiliari più importanti della città
DOVE MANGIARE
Ego a Matera
Dopo essersi inebriati della bellezza di Matera, a pochi passi dal centro storico si trova il ristorante Ego (www.egogourmet.it), piatto Michelin 2020, dove lo chef Nicola Popolizio e la sua compagna Annamaria Zaccaro propongono una cucina fatta di tradizioni e di materie locali, con forti e persistenti accenti di note esotiche. Il locale ha i colori della terra, è semplice e onesto. Specchio delle due personalità che lo dirigono. Ragazzi innamorati di Matera, che hanno visto nella rinascita della loro città l’occasione perfetta per provarci. E riuscirci.
La sala di Ego ha i colori della terra, è semplice e onesto
Finito il servizio, abbiamo incontrato Nicola Popolizio, chef e patron del ristorante Ego.
Come ha maturato l’idea di aprire un ristorante a Matera?
Tutto è nato da un personale bisogno di rivalsa. Nel 2016, dopo un’esperienza di dodici anni in giro per cucine e di nove nella brigata di Felice Lo Basso (chef Stella Michelin dal 2011), sono tornato a Matera con la voglia di lasciare la mia impronta. Non avendo trovato nessuno che credesse nella mia idea, ho deciso di dimostrare a tutti cosa sapevo fare in cucina e cosa avrei potuto fare per la città.
Di cosa è fatta la sua cucina?
Lavoro con prodotti del territorio, perché ho il dovere di valorizzare la mia terra, e con prodotti dimenticati o poco usati, tipo il quinto quarto. Senza disdegnare naturalmente degli accenti dati da sapori più esotici che non ci appartengono per tradizione. Nei miei piatti c’è molta tecnica, perché bisogna dare qualcosa in più alle persone per essere ricordati in mezzo a tanti.
Che genere di clientela avete?
Ci sono gli habitué materani che sono la nostra più grande soddisfazione. Poi i turisti stranieri e italiani. Ci sono quelli che passano dalla città, ora che è sulla bocca di tutti, e ci sono quelli che seguono itinerari gastronomici e fanno tappa da noi.
Di quanti elementi si compone la sua brigata?
La mia è una brigata davvero corta. In cucina siamo in due, come in sala. Nei giorni di maggiore affluenza, riusciamo a coprire un massimo di 30 coperti, con uno staff di 6 persone. Abbiamo trovato il nostro equilibrio e siamo molto soddisfatti dei risultati.
Durante il lockdown vi siete convertiti al delivery?
Non abbiamo fatto servizio di delivery per due ragioni: la prima è che non potevamo garantire la stessa qualità dei piatti consegnati, rispetto a quelli serviti al ristorante. Avremmo dovuto attrezzarci con packaging e mezzi di trasporto, ed era un investimento azzardato. La seconda è che Matera non è una metropoli dove la gente non ha il tempo di cucinare. Qui in ogni casa c’è ancora una mamma o una nonna che cucina e lo sa fare anche molto bene.
Che impatto ha avuto il Covid su Matera?
La città ha risposto bene all’emergenza. Ci sono stati pochi contagi e le attività erano tutte rigorosamente chiuse. La ripresa ha visto la presenza di tantissimi turisti italiani. È stata una stagione di cui non possiamo certamente lamentarci.
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Alberto Lupini