La Corteccia di Cristiano Tomei "nasconde" una cucina sincera
Lo chef stellato racconta la sua nuova avventura milanese: l’intenzione è proporre una sorta di osteria contemporanea e piatti dalle solide radici, riconoscibili al palato, schiettamente stagionali
Chef e istrione, cuoco e mattatore, spignatta e interpreta. È diventata una formula ricorrente, nell’ambito della ristorazione, e in questo campo Milano già offre asilo a un po’ di nobiltà. Trovato, allora, il motivo per cui Cristiano Tomei inaugura il “Corteccia” in corso Europa, a cento metri dall’abside del Duomo? Lo chef stellato dell’“Imbuto” di Lucca, nonché executive dell’Hotel Bauer a Venezia, è stato protagonista di programmi tv come “La prova del cuoco”, “Masterchef Magazine”, “Pupi & fornelli”, “I re della griglia”, “Cuochi d’Italia”. Il suo palcoscenico (secondo, terzo o sesto che sia) è ora “Corteccia”, format ristorativo ideato da Tomei insieme a Food Media Factory. L’intenzione è proporre ai milanesi una sorta di osteria contemporanea e piatti dalle solide radici, riconoscibili al palato, schiettamente stagionali (“cucina di mercato”, direbbe Tomei) come i Tortelli all’olio d’erbe e il Fritto misto di mare e terra su fazzoletto.
Cucina immediata e sincera
Da “Corteccia” il cibo è protagonista ma in modo immediato, perché il rapporto con la cucina ha da essere genuino e sincero: proprio come nelle osterie di una volta, luoghi storici dell’accoglienza e dello stare a tavola all’italiana. L’approccio dello chef è sempre concreto, generoso di pietanze inconfondibili che sanno farsi capire al primo assaggio: Una triglia a Milano, ad esempio, o il Cervo al Vermut. La proposta gastronomica include una sezione signature dei piatti iconici dello chef come i Pennoni panna e prosciutto e la Crema catalana al Parmigiano e cervella, oltre a una selezione di vini curata personalmente da Tomei. Tra i dolci, sbarca a corso Europa la mitica “Peschina” di Prato del Maestro Paolo Sacchetti, un classico della pasticceria a base di pasta brioche, crema pasticciera e alchermes. Non manca infine una proposta cocktail per l’aperitivo e il dopocena con i grandi classici del buon bere.
La parola allo chef
E proviamo ora, vis-à-vis, a interrogare sui fondamentali lo chef stellato/televisivo: da dove arriva il nome Corteccia, cosa ci sta dietro, simboleggia qualcosa?
Un simboleggia nulla (esordisce toscaneggiando il toscano). Molto semplicemente, il mio piatto più iconico è la Bistecca primitiva, una corteccia di pino marittimo riscaldata con sopra del manzo stracciato e condito col suo grasso. Questa pietanza in un certo senso ha fatto svoltare la mia carriera ed è quella da cui voglio far partire l’avventura di Milano, tutto qui.
Ecco, proprio Milano, la capitale del business. Tanti maestri della cucina cercano ulteriori successi qui, in questo ginepraio (“troiaio”, direbbero i toscani) di concorrenza: ma perché?
Me lo hanno proposto le persone giuste, anzitutto. In secondo luogo, sappia che io vengo qui con molta tranquillità e senza ansie da prestazione, quelle che poi ti fanno fallire tra i fornelli, e pure a letto. La concorrenza è forte, mi rendo conto, ma non crederà mica che a Lucca e a Venezia siano rose e fiori? A Milano l’offerta è ampia e ricca, e allora il segreto è rimanere sé stessi dopo aver trovato il giusto format, adatto a questo contesto urbano così pieno di energie.
Il format, appunto, ci dà qualche altro dettaglio?
Il mio obiettivo è far assaggiare una cucina ad alta densità di sapore. Da Corteccia abbiamo una semplice lista di piatti e uno ordina quel che gli garba senza vincolarsi alla scaletta di antipasto, primo e secondo. Offro anche una degustazione al buio che segua le mie fantasie quotidiane, proprio come accade all’Imbuto di Lucca, dove il menu manca ormai da tanti anni.
A questo punto la domanda televisiva è obbligatoria: dopo tutti i programmi che ha attraversato, cosa devono aspettarsi i telespettatori?
C’è più di un progetto in divenire ma per ovvi motivi non posso essere più preciso. In qualche modo sarà toccato anche il tema della sostenibilità, termine oggi un po’ abusato. Credo infatti che la cucina, quella vera e genuina, sia il posto dove non si butta via nulla, e quindi sia sostenibile per sua natura. Ma da sempre, non da oggi.
A parte la visibilità, cosa le ha dato la carriera televisiva?
Guardi, io ho avuto una gran fortuna, ché a un certo punto della carriera, e avevo già trentotto anni, ho imparato un altro mestiere: ma proprio diverso da quello del cuoco. Ho appreso molto e ne vado fiero: come stare davanti a una telecamera, gestire i tempi televisivi, ascoltare gli altri con la massima attenzione, tutto molto utile. Bisogna, certo, avere una predisposizione: a me per esempio, le telecamere non fanno né caldo né freddo, non sono uno che si emoziona.
E dunque il “Corteccia” di Milano, costruito attorno alla personalità debordante di un istrione, è ora in attesa dei suoi clienti, ma non solo; serve anche gente che abbia voglia di una piccola o grande avventura gastronomica, di stare al centro di una scena teatrale a pranzo o a cena, con la guida del regista e primattore Cristiano Tomei. Il quale vive per cucinare, ma ancor più per interpretare.
Corteccia
Corso Europa 12 - 20122 Milano
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Alberto Lupini