Come si mangia in… Paradiso? Scopriamolo nel cuore delle Risorgive friulane

L'antica Trattoria al Paradiso di Pocenia ha festeggiato le 80 primavere del mitico patron Aurelio Cengarle. "Rivisitati" i piatti che hanno fatto la storia del locale tra selvaggina più ricercata, erbe di campo, funghi

02 ottobre 2021 | 12:11
di Giuseppe Casagrande

In paradìs a si manje pan d'aur e luanjes de sede (in paradiso si mangia pane d'oro e lucaniche di seta) recita un vecchio adagio friulano. Adagio che calza a pennello con la filosofia dell'antica "Trattoria al Paradiso" di Pocenia (Ud), un ristorante di campagna che profuma di storia, ricavato da un casale del Seicento ristrutturato a regola d'arte con arredi d'epoca, pentole in rame alle pareti e il "fogolar furlan" sempre acceso che rende l'atmosfera più intima e suggestiva. Siamo in provincia di Udine in quell'angolo di paradiso tra le Risorgive, il fiume Stella, il torrente Torsa, le zone umide popolate da fenicotteri, garzette, alzavole, folaghe, germani reali e il bosco di Muzzana ricco di tartufi, tra cui il pregiato Tuber Magnatum Pico.


In festa per il patron Aurelio Cengarle

Sono tornato, dopo anni di "latitanza", in occasione dei festeggiamenti in onore del patron, il mitico Aurelio Cengarle che proprio in questi giorni ha tagliato con la baldanza di un giovanotto il traguardo delle 80 primavere. Ospiti d'onore, autorità, giornalisti enogastronomici, ma soprattutto tanti amici ieri si sono stretti attorno a lui, alla moglie, l'altrettanto mitica Anna Maria Mauro, alla figlia Federica e ai familiari per condividere le prelibatezze proposte in questo giorno di festa.


I piatti storici del locale rivisitati

Un pranzo sontuoso, un trionfo di cose belle e buone con la "rivisitazione" delle pietanze che hanno fatto la storia del locale preparate dagli chef che nel corso degli anni hanno lavorato al "Paradiso".


Come saluto di benvenuto con l'aperitivo Nonino Botanical Drink e i cocktail analcolici di Anna Maria (centrifugato di mela verde, lime, zenzero e infuso all'erba limoncina) non poteva mancare naturalmente la leggendaria sopressa di cui Aurelio, nella veste di norcino, va molto orgoglioso. Una bontà al pari della tartare con i funghi di bosco e il foie gras con riduzione di Porto proposti dallo chef Michele Zucchiatti. Leccornie abbinate alla Ribolla Gialla Ronco Vieri dei Vigneti Pittaro e al Moscato Giallo Paradiis.


Quanto mai suggestivo (tra passato e presente) il tributo gourmand degli chef che si sono alternati ai fornelli del "Paradiso", tempio della tradizione. Come prima portata Paolo Migliore ha proposto un piatto da Oscar: bocconcini di coda di rospo alla segale con polpettina di stracotto d'asino, agro di radicchio, rafano, perle di birra, cavoletti alla senape e purea di ceci. Piatto abbinato allo Chardonnay Sun of winter 2018 di Bortolusso. Da standing ovation anche gli gnocchi alla carnica con ricotta affumicata di malga Sauris (omaggio al mitico Gianni Cosetti) preparati da Domenico Monte e abbinati al Pinot Nero 2018 dell'azienda Forchir. Altro piatto della tradizione l'oca in tecja al Refosco, piatto interpretato in maniera esemplare da Claudio Bassobondini ed impreziosito da una succulenta polenta biancoperla macinata a pietra del Mulino Zoratto. Piatto abbinato al Refosco dal Peduncolo Rosso Vinea Mea Electa 2015 Terre Rosse.


Incontri di generazioni

Dulcis in fundo, per chiudere in bellezza l'incontro tra due generazioni, un Sandwich di purea di lampone ripieno di una mousse leggera al cioccolato bianco e anice stellato con sorbetto di uva fragola. Piatto peccaminoso che Mario Spanu ha realizzato con straordinaria maestria, meritevole pure questo, al pari della fantastica Millefoglie di Anna Maria, della standing ovation finale. Entrambi i dessert sono stati abbinati ad uno spumeggiante Moscato Rosa dell'azienda Forchir. E con il caffè, prima dei saluti finali, i distillati della famiglia Nonino. Prosit. E lunga vita Aurelio.


La storia della mitica "Ostarie al Paradiis"

La storia dell'antica trattoria al Paradiso di Pocenia, piccolo borgo rurale di poche anime in provincia di Udine, ha inizio nei primi anni Sessanta. Renzo Lepajer ingrandisce il piccolo bar nonché negozio di generi alimentari del paese utilizzando alcune stanze di una latteria dismessa per servire cibi e bevande ai paesani e agli avventori. È qui, presso il "paron" Renzo, che Anna Maria Mauro, nume tutelare del locale, inizia a lavorare come cameriera.
Sono gli anni in cui l'Osteria è frequentata da giocatori di carte e di morra che, inseparabili dalle loro fumose "Nazionali" senza filtro, ricordano gli eventi bellici vissuti a Paradiso e discutono animosamente sul comunismo, attirando così le ire del parroco del paese. Il luogo è frequentato anche dai cacciatori che, attratti dalla ricchezza faunistica della Zona delle Risorgive, spesso arrivano con abbondati carnieri di selvaggina, facendo il loro ingresso trionfale con i cani ancora eccitati dalla giornata e movimentando la già brulicante atmosfera. È così che si alzano i calici, vola il vino e il bottino viene subito spiumato e messo in tecja.


Anna Maria, riversando le sue doti naturali in cucina fin da subito, si appassiona talmente alla variopinta atmosfera dell'osteria che nel 1972 ne rileva la gestione. Passati pochi mesi e dopo un periodo di formazione presso diverse botteghe alimentari storiche come Ridolfo a Lignano, il marito Aurelio Cengarle lascia il suo lavoro di agente di commercio di prodotti alimentari per affiancarla e per iniziare quella straordinaria avventura che ancor oggi vivono ogni giorno.


Le radici storiche della cucina di Anna Maria Mauro

Le proposte della tavola si caratterizzano subito per l'utilizzo della selvaggina più ricercata, delle erbe di campo, dei funghi e delle pietanze tipiche, sapientemente trasformate dalle delicate mani di Anna Maria Mauro secondo le ricette della tradizione nobiliare e popolaresca friulana lasciatele in eredità dalla signora Rosalie Del Negro si presenta come una donna esile e minuta, ma tenace e frizzante come "un gran di pevar": non vi è famiglia nobile o agiata che non richieda le sue mani da cuoca sopraffina per le occasioni speciali. È lei che diviene mentore di Anna Maria durante i primi passi nel mondo gastronomico, lasciandole un’impronta definitiva che si riconosce ancor oggi nei suoi piatti.


Pochi anni dopo inizia a lavorare in Trattoria Domenico Monte, giovane paradisino doc, che affianca Anna e Aurelio negli anni del boom economico: la piccola Trattoria di campagna si trasforma in una meta frequentatissima dai buongustai e alcuni piatti diventano immortali come i famosi "Gnocchi alla carnica".


L’anno della svolta è il 1994 con l'acquisto del locale

Nel 1994 la svolta decisiva: dopo anni di speranze, preghiere e insistenze la proprietà cede l'immobile alla famiglia Cengarle che ora può contare anche sull'aiuto della figlia Federica che, terminati gli studi universitari, decide di fermarsi a casa. Iniziano così lunghi lavori di restauro diretti dall'architetto Giovanni Pante di Belluno. La sensibilità, lo studio del contesto e la grande preparazione portano l'architetto a valorizzare gli antichi caseggiati del '600 in cui si sviluppa la Trattoria.


Ne risulta un locale di grande fascino e accoglienza, dove gli spazi funzionali ben si sposano con i particolari architettonici secondo un linguaggio nascosto che rivela grande attenzione e radicamento verso il territorio e la cultura friulana.


Interpretare con rigore il territorio attraverso la cucina

L'amore per "Paradiso" si riflette non solo nella struttura, ma anche nell'indirizzo filosofico da dare al locale. Anna intuisce l'importanza di interpretare il territorio attraverso la cucina ed è grazie al felice incontro con Gianni Cosetti (patron del mitico Ristorante "Roma" di Tolmezzo) che compie questo definitivo passaggio. Gianni, uno dei cuochi più celebrati del Friuli Venezia Giulia, condivide la passione per la caccia con Aurelio e, su tavole imbandite di beccaccini, quaglie, starne e ogni altro "ben di Dio", si discute come al solito di gastronomia. La grandezza di Gianni, non sta solo nelle sue doti di cuoco, ma soprattutto si rivela in quella grande valorizzazione del territorio da lui operata secondo la convinzione che non si può prescindere dal contesto in cui si cucina. Un pensiero questo che oggi appare comune ed ampiamente consolidato, ma che pone Gianni come un illuminato precursore.


Per lui questo contesto è la Carnia, per "Paradiso" è il fiume Stella, le Risorgive, le zone umide, i boschi planiziali, ambienti unici dove poter attingere materie prime del tutto particolari come erbe spontanee, funghi, tartufi, bacche, selvaggina, rane, lumache, anguille, temoli. Non si può di certo dimenticare la vocazione agricola del luogo costellato di piccoli orti, aie, cortili, campi e "camarins" che offrono pollame, frutta e verdura, insaccati, e tutte quelle produzioni di cui i contadini sono atavici custodi.


L’apporto di vari chef a una cucina rimasta fedele a sé stessa

Oggi il menu del locale, pur differendo nella forma, non si scosta nella sostanza dal percorso operato, sebbene molte siano state nel corso della storia le spinte verso la sperimentazione di tecniche e pietanze diverse. Una svolta in questo senso è stata compiuta grazie all'arrivo nel 2000 di Claudio Bassobondini, allievo del "decano" Aldo Morassutti (Ristorante Da Toni, Gradiscutta) e nel 2008 di Claudio Turrin, chef di grande preparazione che annovera tra le sue esperienze collaborazioni con personaggi del calibro di Alain Ducasse, Ferran Adrià, Heinz Beck, Eckar Witzigmann. Dopo la fruttuosa collaborazione con Claudio Turrin, ma anche con Andrea Trivellato, Paolo Migliore e Matteo Contiero, oggi è Michele Zucchiatti ad aver raccolto l'eredità della cucina del "Paradiso". A lui spetta il compito di lanciarla verso traguardi ancor più prestigiosi coinvolgendo gli ospiti in un percorso gourmand sempre più easy.


La cucina segue il fluire delle stagioni

I piatti della primavera e dell'estate sono contraddistinti dall'utilizzo delle erbe spontanee di campo come germogli di tarassaco e di papavero (Tale e Pevarine), asparagi selvatici (sparc salvadi) e germogli di pungitopo (ruscli o rusculins), germogli di luppolo (urticions), Silene (sclopit), asparagi bianchi, verdi e violetti di Paradiso, fiori d'acacia e di sambuco. E si potrebbe continuare. D'autunno e d'inverno sono le carni a farla da padrone. Animali ruspanti di "bassa corte" come polli, oche, anatre, faraone, piccioni e conigli; selvaggina da piuma coma beccaccini, quaglie, fagiani, germani reali, canapiglie, alzavole, fischioni; selvaggina da pelo come lepri, caprioli e cervi. Le preparazioni sono diverse: dalle cotture espresse a convezione alle reinterpretazioni di lunghe ricette medievali, ma su tutte capeggiano lo spiedo e le cotture delle carni  alla griglia preparate con maestria da Aurelio, magari accompagnate da un buon Pignolo d'annata. Il locale è un vero e proprio  punto di riferimento per gli amanti dei funghi: vi si trovano diverse qualità sia di montagna che di pianura, in un'esaltante fantasia di sapori che coinvolge tutto il menù. Squisiti sono anche i radicchi di campo invernali, magari conditi con li "fricis", ovvero i ciccioli del maiale a cui è lo stesso patron Aurelio a fare la festa, ottenendo quelle sopresse di cui è giustamente orgoglioso.

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Alberto Lupini


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