Capitale della Cultura... a tavola: Casa Rossini, il Tournedos e la Barbajata

Continua l'appuntamento con Capitale della Cultura... a tavola, vi presentiamo la Casa di Rossini con il Tournedos (o filetto alla Rossini) e la Barbajata, due piatti iconici legati alla storia del compositore pesarese

18 febbraio 2024 | 12:30
di Carla Latini

La notte del 31 dicembre 2023 un grande spettacolo, organizzato da RaiRadio2 nella piazza del Comune, ha celebrato Pesaro Capitale della Cultura Italiana. La città delle biciclette e della musica. Con questa targa vengono accolti i visitatori che arrivano in macchina o in bici sulla statale. Per trovare un legame stretto fra arte, cultura, musica ed enogastronomia ci siamo recati nella casa natale del mitico compositore Gioachino Rossini.

A Pesaro nella casa di Gioachino Rossini

Gioachino Rossini nacque il 29 febbraio 1792, nell'odierna via Rossini al 34. Nel 1892, a cento anni dalla sua nascita, il Comune di Pesaro acquista il palazzo e lo adibisce a museo. Nel 2015 Casa Rossini viene rinnovata con un’importante riqualificazione che ha ampliato gli spazi e reso protagoniste le tecnologie di ultima generazione. Alla superficie espositiva si è aggiunto il secondo piano che ospita documenti di interpreti, opere rossiniane e mostre tematiche temporanee. Al piano terra, un piacevole store accoglie il pubblico, dove poter acquistare testi, spartiti e gadget.

Oltre alla sala audio e video, nuovi contenuti e materiale grafico digitalizzato (spartiti autografi di opere e lettere) sono consultabili su touch screen lungo il percorso e apposite postazioni consentono l’ascolto di registrazioni sonore dei documenti/lettere per un approfondimento più dettagliato. Casa Rossini è anche dotata di ausili alla visita per i non vedenti e i non udenti, videoguide in lingua italiana dei segni LIS.

La vita e la musica di Gioachino Rossini

Qui, Rossini, visse i primi anni della vita assieme alla sua famiglia come racconta la scrittrice romanziera Ketty Magni autrice di “Rossini la musica del cibo” «Mia madre sbarcava il lunario nei teatri a Pesaro e dintorni, e talvolta mi portava con sé, perché avevo una bella voce bianca, simile a quella acuta dei castrati, di moda e ben pagati. Ma crescendo, la mia voce mutò e per mia fortuna lei non diede l’assenso alla castrazione!».

L’adorata mamma lo chiamava bell’adone e, in effetti, era proprio un bel ragazzo che grazie alla sua copiosa attività compositiva e teatrale, produsse 39 opere in soli 19 anni, divenne così famoso in Europa e nel mondo che venne coniato il sostantivo Rossinimania. Il Cigno di Pesaro impresse al melodramma ottocentesco uno stile destinato a fare storia fra farse, commedie, tragedie, opere serie e semiserie. Stendhal nel suo “Vita di Rossini” ricorda che: «dopo la morte di Napoleone c’è stato un altro uomo del quale si parla ogni giorno a Mosca come a Napoli, a Londra come a Vienna, a Parigi come a Calcutta. La gloria di quest’uomo non conosce limiti».

Cosa vedere a Casa Rossini a Pesaro

I materiali esposti in Casa Rossini provengono da collezioni di fine Ottocento. La parte più consistente da Parigi e si tratta di stampe e incisioni, litografie e ritratti appartenuti al grande Alphonse Hubert Martel, collezionista di cimeli rossiniani. Nella dimora sono esposte le stampe delle opere e dei suoi celebri interpreti: Adelina Patti (Rosina/Barbiere di Siviglia), Giovan Battista Rubini (Otello), Giuditta Pasta (Tancredi), Gilbert-Louis Duprez (Arnold/ Guillaume Tell). Molti anche quelli della sua prima moglie, la cantante Isabella Colbran che contribuì all'affermazione, fra le altre, dell’Otello, l’Armida, Mosè in Egitto, Ricciardo e Zoraide.

Da non perdere la raccolta di trenta ritratti a stampa, cronologicamente ordinati dalla giovinezza alla vecchiaia e il disegno di Gustave Dorè che lo ritrae sul letto di morte. Interessante la lettura e l’ascolto del suo testamento nel quale lascia ampio spazio di manovra alla seconda amatissima moglie Olympe Pellisier. Oltre ai ritratti ufficiali, è esposta una serie di caricature, tra cui una statuetta di Jean Pierre Dantan che mette alla berlina Rossini e altri personaggi dell’ambiente musicale dell’Ottocento.

Infine, nella stanza della musica, sono ospitati un fortepiano, strumento a tastiera costruito a Venezia nel 1809, e alcuni autografi del maestro. Qui, alle pareti, le immagini, suggestive, dell’opera Semiramide che fu eseguita al Teatro La Fenice di Venezia il 3 Febbraio del 1823 proprio con la Colbran. 200 anni di rappresentazioni tratte dalla tragedia di Voltaire che racconta l’assurda morte della Regina di Babilonia. Abiti da scena stupendi accolgono i visitatori ad ogni pianerottolo e in cucina il grande camino annerito dalla fuligine ricorda pranzi succolenti e ospiti importanti.

Ci siamo fermati a lungo sui video che il Conservatorio Rossini e il Ros (Rossini Opera Festival) in collaborazione con la Fondazione Rossini hanno selezionato per una migliore e profonda comprensione dell’intera opera. Siamo rimasti colpiti dal giovane direttore d’orchestra Michele Mariotti che attribuisce alla musica di Rossini un potere “fluido” mai uguale ad ogni interpretazione. Come accade ne “La Donna del Lago” la cui composizione traccia ad ogni passo il dubbio su chi sarà felice alla fine e se lo sarà. Il famoso tenore Josè Carreras insegna al Conservatorio ai giovani aspiranti cantanti il pathos che trasmettono le note rossiniane e Elio, al secolo Stefano “Elio” Belisari, (Elio e le Storie Tese) definisce Rossini un suo amico senza tempo. Uno con cui scambiare opinioni musicali. Uno che ha avuto il coraggio di far ridere. Un grande pregio.

Ci sarebbe anche un terzo piano con l’insegna “Rossini Gourmet” ma non è possibile salire le scale. E una lettera scritta di suo pugno e diretta al Sig. Belentani ad avvicinarci al Rossini “gourmet”. Un ordine da far arrivare a Parigi di 6 cappelli da prete, 4 zamponi e 4 cotechini con la richiesta di ottenere i “prezzi più miti” e le modalità per effettuare il pagamento.

L’improvvisa interruzione del suo lavoro di compositore di opere liriche fece molto scalpore soprattutto perché era all’apice della carriera. Ce lo ricorda sempre Ketty Magni: «Con il Guglielmo Tell aveva chiuso la sua produzione operistica, per dedicarsi a forme musicali differenti. Non erano servite, nemmeno per dissuaderlo dai suoi pensieri, le preparazioni culinarie realizzate in omaggio alle sue composizioni. Per l’ultima opera erano state confezionate dall’amico Carême, fantasioso pasticcere, torte di mele decorate con una mela trafitta da una freccia di zucchero, che richiamavano il leggendario eroe protagonista del suo capolavoro musicale. Pasticcini molto raffinati erano stati ideati per Figaro, il suo immortale personaggio. Pur soddisfacendo ampiamente il suo spirito di buongustaio queste delizie non bastarono a far desistere il musicista dai suoi propositi».

Il Rossini gourmet

Carême era il cuoco di casa Rothschild che Gioachino frequentava a Parigi e che fu fonte di ispirazione e stimolo per le scelte culinarie che sono, oramai, passate alla storia come ricette di Rossini che, in realtà non fu mai ai fornelli ma, come leggerete più avanti, si appassionò così talmente alla cucina da correggere e modificare molte preparazioni.

A tal proposito abbiamo incontrato Mario Remigio proprietario del Ristorante Polo, Pasta e Pizza a Pesaro che contribuisce alla nostra ricerca così: «è giunto il momento di coccolarsi un po’, concediamoci una bella Barbajata... Gioachino approverebbe! Golosa bevanda della prima metà dell’800 a base di cioccolato, caffè e panna, fu inventata da Domenico Barbaja. Da garzone di caffè, divenne prima fondatore del celebre Caffè dei Virtuosi di Milano e poi impresario teatrale, e proprio in qualità di impresario strinse un lungo e fruttuoso sodalizio professionale con il nostro Rossini. Secondo tradizione fu il creatore di quella cioccolata mescolata al caffè e servita con panna, chiamata appunto “Barbajada” e servita nei locali pubblici, la cui ricetta è descritta anche nel ricettario del 1854 di Giovanni Vialardi. Questa invenzione gli procurò lauti guadagni e segnò il primo passo di una lunga carriera, nella quale il talento commerciale si unì all’intuito artistico. Nel 1808 il Barbaja ebbe la concessione dei giochi d’azzardo nel ridotto del Teatro alla Scala di Milano.»

«L’anno successivo - continua Remigio - fu chiamato a Napoli, dove gli fu affidata l’impresa dei teatri reali San Carlo. Egli fece arrivare a Napoli nel 1815 Rossini, allora ventitreenne, con un contratto che impegnava il musicista a comporre due opere l’anno e ad assumere la direzione musicale del San Carlo. Tale incarico comportava numerose mansioni, più tardi Rossini diceva celiando che, se avesse potuto, il Barbaja gli avrebbe affidato anche la cucina. Domenico Barbaja gli commissionò come prima opera la realizzazione dell’Otello, in cambio gli diede ospitalità nel suo bellissimo palazzo nel centro di Napoli. L’artista rapito dal fascino della città partenopea e dalle tentazioni che essa offriva, non scrisse nemmeno una nota dell’opera commissionatagli. Racconta Dumas che il grande pesarese passava intere giornate seduto ai tavolini dei Caffè di via Toledo gustando le mille prelibatezze della cucina partenopea; in particolare amava bere dopo lunghi e interminabili pasti uno speciale caffè la Barbajada, in onore a Barbaja che lo ospitava».

«Quando mancavano meno di due settimane alla prima e non si vide consegnata l’opera promessa disperato Barbaja decise di “rinchiudere” Rossini in una stanza del suo palazzo fino a quando non gliela avesse consegnata. Vistosi “prigioniero” Rossini decise finalmente di mettersi a lavoro. Fu così che in pochi giorni compose l’Otello che fu rappresentato per la prima volta a Napoli il 04 dicembre1816. I rapporti fra l’impresario e il compositore subirono un raffreddamento quando nel 1822 la celebre cantante Isabella Colbran, che era stata per parecchi anni l’amante del Barbaja, si sposò con Rossini il 15 marzo. Ispirati da questa storia e dalla bevanda abbiamo creato un dessert, la Barbajata del Polo, mantenendo gli ingredienti originali cremina di zucchero, caffè, cioccolata, panna, includendo il nostro territorio con l’aromatizzazione della Moretta».

Uno dei piatti dell'icona rossiniana sono i Tournedos Rossini che hanno una storia molto originale. Rossini stringe amicizia, come avete già letto, con Marie-Antoine Carême, l’autore de L’art de la Cusine Francaise. ll connubio tra i due artisti arriva al parossismo: uno invia terrine e paté, l’altro fagiani e tacchini. Rossini smette di comporre musica e trascrive e modifica ricette. La passione comune è certamente quella dei tartufi, nel caso di Rossini quelli di Acqualagna, che si fa inviare dalla famiglia Vitali, per Carême invece sono quelli di Périgord.

La leggenda del filetto alla Rossini

La fama di gourmet di Rossini è data, oltre che dalla notevole passione, anche dal rispetto che otteneva nei ristoranti salutando tutto il personale in sala e, alquanto inusuale, entrava direttamente nelle cucine dei locali, per parlare con gli chef. Questo comportamento, così stravagante per il periodo, provoca la nascita di una leggenda. Alla richiesta di Rossini di una variazione al tartufo per il suo filetto, uno chef gliel’avrebbe negata. Rossini, irato, esclama: “Alors, tournez le dos!”, letteralmente “Giratevi di spalle” ossia “Fatevi da parte”. Da qui i Tournedos Rossini, ossia un filetto di manzo cotto nel burro, accompagnato da foie gras fresco e aromatizzato con tartufo nero e Madera.

A tal proposito abbiamo incontrato Roberto Dormicchi, in arte Triglia di Bosco che è il nome del suo blog e del suo home restaurant a Piobbico e che insegna nel locale alberghiero. Dormicchi cammina sul territorio pesarese con padronanza da molto tempo. In occasione dei 150 anni dalla morte di Gioachino Rossini ha realizzato un video molto suggestivo che unisce la città natale con l’entroterra tanto amato dal compositore.

Rossini, la sua storia, le sue opere e la sua cultura enogastronomica rappresentano appieno lo spirito di Pesaro Capitale Italia della Cultura. Nelle prossime pubblicazioni esploreremo per voi i luoghi più significativi di tutta la provincia fra arte, architettura, bellezze naturali e cucina. Dalla montagna al mare.

La ricetta dei Tournedos alla Rossini dello chef Roberto Dormicchi del ristorante Triglia di Bosco di Piobbico

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Alberto Lupini


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