Zafferano del vulcano ed Etna Bianco Doc: abbinamento riuscito al ristorante Km.0
Una cena brillante a Catania firmata dallo chef Marco Cannizzaro, che ha esaltato i sapori intensi e al contempo delicati della preziosa spezia di “RossoRaro” abbinata ai vini di Masseria Setteporte
L'Etna è sempre in grado di stupire, da qualunque versante la si contempli. O “lo” si contempli, se vogliamo ricordare che è al contempo montagna e vulcano, ghiaccio e fuoco, sogno e realtà. Un incantevole groviglio di emozioni e relazioni naturali, tra cielo, suolo, clima e, non ultima, l’opera dell’uomo. È alla portata di tutti: turisti, esploratori, sciatori, montanari. Ma è anche merce rara, angolo prezioso del pianeta, che va tutelato e contemplato, quasi fosse custode di storie ancora non dette, di leggende non ancora raccontate. Merce rara, come uno dei prelibati e preziosi protagonisti della cena che qualche sera fa è andata in scena a Catania, in quello scrigno custode di sapori che è il ristorante Km. 0, dello chef patron Marco Cannizzaro.
Protagonista lo zafferano
“RossoRaro” è il nome dell’azienda che coltiva sull’Etna il Crocus sativus, lo zafferano, che ha adornato i piatti della cena “Oro della terra”, che ha avuto proprio in questa preziosissima spezia (doppiamente preziosa perché prodotta sul vulcano!) l’affascinante filo conduttore dell’evento enogastronomico. Sono quegli appuntamenti che ti fanno comprendere che c’è qualcosa di più profondo di una semplice cena e di quattro chiacchiere tra amici e colleghi. C’è il sapere di un territorio che si tramanda, la sapienza di professionisti che si intreccia con le esperienze personali, per trarre alla fine una conclusione che sia per tutti, che possa mettere d’accordo le anime più diverse, che appaia gradevole a chi sceglie di assaggiare la terra attraverso i suoi prodotti.
L’azienda RossoRaro di Ragalna
“RossoRaro” trova spazio a Ragalna (Ct), in circa due ettari e mezzo di terreno, di cui appena uno è coltivato a zafferano. È sul mercato dal 2019, ha partecipato con successo già ad alcune importanti fiere di settore, nazionali e internazionali, e fa parte di quei due o tre produttori di questa spezia sull’Etna. A definirla “di nicchia” si rischia di essere banali, ma è così: merce rara, appunto! E tutti quei valori che siamo abituati a riscontrate, ad esempio, nei vini (mineralità, terreno vulcanico, proprietà organolettiche particolari, microclima…) le ritroviamo anche qui. «Il terreno vulcanico si rivela perfetto anche per questo tipo di coltivazione - ci racconta il fondatore e titolare dell’azienda, Giuseppe Pennisi - e fa anche di questa parte di Sicilia un ottimo angolo per la sua coltivazione».
Scorriamo un po’ nella mente la cartina geografica d’Italia, per ricordare le altre aree vocate a questa coltura: Abruzzo, Sardegna, Toscana, la stessa Sicilia a macchia di leopardo. Rompiamo così il ghiaccio, siamo seduti accanto a tavola, e questo ci dà modo di trasformare l’intervista in una gradevole conversazione. Commercialista fino a qualche anno fa, Pennisi lascia letteralmente la vecchia professione per dedicarsi ai terreni di famiglia, dove prima abbondavano le classiche coltivazioni “della domenica”, da consumare privatamente o da regalare a qualche amico. Si innamora della coltura dello zafferano e noi ce ne convinciamo mentre dialoghiamo, perché si deve anche essere un po’ folli per coltivare una simile spezia, con una produzione difficilissima per un guadagno non troppo elevato. Basti pensare che per produrre un chilogrammo di zafferano occorrono circa centomila fiori. Centomila! Crediamo bene che la si consideri la spezia più cara al mondo! Piantumazione, coltivazione, raccolta a mano. A queste condizioni, chiunque dovrebbe emozionarsi pensando alla delicatezza e al contempo alla potenza di un mazzolino di fiori di zafferano! Un aspetto, questo, che comporta anche dinamiche socio-economiche non indifferenti: come in Iran, Afghanistan, Turchia, dove ad esempio il costo della manodopera è molto basso, incidendo notevolmente su aspetti umani e commerciali. Ma torniamo alla gradevolezza della cena, mentre arrivano già le prime portate e il primo vino.
«Non abbiamo la certificazione biologica, ma in realtà operiamo già in biologico - afferma il giovane Pennisi - infatti non usiamo concimi o fertilizzanti. La nostra forza è quella di puntare su tutta una linea di derivati, con una materia prima così preziosa. È anche più facile vendere il prodotto, come ad esempio attraverso i nostri panettoni». E, mentre iniziamo a degustare, scopriamo che i maggiori clienti di “RossoRaro” si trovano nel nord Italia e in Germania e che ai panettoni hanno fatto seguito anche le confetture con altri prodotti made in Sicily, come le albicocche della Piana di Catania, o ancora il miele allo zafferano o la crema con il caciocavallo siciliano.
Nei calici l’Etna Bianco Doc
E, all’arrivo del benvenuto dello chef, chiediamo a Giuseppe se i due si conoscono: «Non da molto, ma stasera sono certo che lo chef ci confermerà che sa adoperare davvero in maniera abile le materie prime e manipolarle nel modo giusto, regalando la massima espressione». Così come parole di elogio Pennisi le ha spese per l’altro prestigioso interlocutore della serata, che ha avuto la voce di Masseria Setteporte, di Piero Portale. Ancora un altro angolo originale e, forse, meno contemplato del vulcano Etna: quel versante sud-ovest in grado di donarci espressioni decisamente nobili del territorio catanese. È qui che nasce l’Etna Bianco Doc proposto in abbinamento alle creazioni dello chef Cannizzaro, incentrate sull’oro rosso. Brindisi che si sono tradotti in una vera verticale di Magnum di N’Ettaro, il bianco superlativo dell’azienda della famiglia Portale. La fetta di Etna questa volta è Biancavilla (Ct), dove sorge la Tenuta Masseria Setteporte. Un altro pezzo di territorio etneo nato da strati su strati di colate laviche in migliaia di anni. Qui la viticoltura diventa quasi testardaggine, condita da grande amore per la terra, paura per gli sbuffi di lava, di stagione in stagione, ed emozioni sincere quando le bottiglie, infine, si stappano e si rivelano in abbondanti calici di gioia ed elisir di felicità.
Piero Portale è seduto distante da noi, ma non abbastanza da nascondere emozioni ed esternazioni. «Alla fine di questa vendemmia, mi sono emozionato… Durante la raccolta ho pianto, temevamo il peggio per il maltempo…» percepiamo, tra una risata e l’altra. E queste rivelazioni sono meglio di qualunque dichiarazione. È lui che nel 2002 dà una svolta aziendale ai terreni e alla Tenuta di famiglia, dopo le brillanti intuizioni del padre, il notaio Ferdinando Portale. Intuisce la forza che scaturisce da quei vigneti, una dozzina di ettari coltivati in biologico, compresi tra i 650 e gli 800 metri s.l.m. Le annate che degustiamo sono la 2020, 2019, 2018 e 2017.
L’olio Evo dell’isola
Dopo la penultima, recente cena che Marco Cannizzaro ha dedicato ad un altro grande protagonista siciliano della tavola, l’olio evo nelle sue mille sfaccettature isolane, quest’altro appuntamento si è confermato esaltatore di materie vive e vere, superlative e rare. E ci sarà un motivo se Forbes ha deciso di inserire “RossoRaro” tra le cento eccellenze italiane e se Piero Portale ha subito accettato di accompagnare i piatti dello chef. Un Marco Cannizzaro in piena forma che, presentando la serata, l’aveva paragonata alla composizione di un quadro, con colori e sfumature differenti, che infine riescono a donare una visuale armoniosa.
I piatti della serata
Così è stato e il sapore forte e intenso dello zafferano ha prima incontrato il suo aperitivo di benvenuto, un Arancinetto allo zafferano e un muffin con zafferano e panna acida, cui è stato abbinato il sorso intenso del primo Etna Bianco Doc di Portale, il 2020, tra note agrumate e sfumature minerali. Cui ha fatto subito seguito il gioco di intensità e croccantezza della Millefoglie allo zafferano con spuma di Normanno e olive nere, carezza ruvida e sapida di bontà, con sorsi del 2019 di N’Ettaro. Ma il piatto che forse ha più stupito, per il suo intrigo di sapori, è stato il Riso al salto con le sarde, dove l’intreccio di ingredienti ha rivelato quanto sapere ci fosse dietro, abbinato al 2018 di Portale. Delicatissima la Cernia alla spuma di zafferano e prezzemolo, avvolta nella morbidezza della spezia e nella sapienza dello chef e che ha chiuso ufficialmente la verticale dei vini Setteporte, con un 2017 di rara consapevolezza enoica. La nota dolce della serata è stata, infine, affidata alla Bavarese allo zafferano, sbrisolona e lamponi, accompagnata da un Passito di Siracusa Jaraya 2021 di Cantine Gulino.
© Riproduzione riservata
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini