World Farmers Markets Coalition, l'agricoltura del futuro nei mercati contadini

Centinaia di agricoltori, rappresentanti di oltre 20mila mercati contadini, si sono riuniti per discutere di temi cruciali per il futuro: climate change, biodiversità, giustizia sociale ed equa remunerazione

15 luglio 2024 | 14:44
di Mariella Morosi

La Capitale ha ospitato per tre giorni, nella sede di Campagna Amica della Coldiretti, al Circo Massimo, la seconda Assemblea della World Farmers Markets Coalition con la presenza di centinaia di agricoltori in rappresentanza dei 20mila mercati contadini di 40 Paesi del mondo. Considerati salvatori della tradizione, della biodiversità e dell’ambiente, con passione e buona volontà si prendono cura di preziose varietà che rischierebbero di scomparire, favorendo l’omologazione e la banalizzazione del cibo. La Fao ha già denunciato la riduzione della diversità delle coltivazioni e l’aumento delle razze animali a rischio d’estinzione. Su 6mila specie di piante coltivate per il cibo, meno di 200 contribuiscono significativamente alla produzione globale, con solo 9 che rappresentano il 66% della produzione totale.

World Farmers Markets Coalition, punto sul clima

Dominante, al convegno, il tema del cambiamento climatico che impone nuove e concrete strategie a tutto il mondo agricolo per evitare effetti catastrofici per la popolazione mondiale in costante aumento. Ma si è parlato anche di giustizia sociale, di equa remunerazione, di sostegno da parte delle istituzioni. Alfonso Pecorario Scanio, tra i numerosi relatori, ha proposto l'abolizione della tassazione per chi porta i suoi prodotti ai mercati contadini.

Un impegno per la biodiversità e la giustizia sociale

A introdurre i lavori sono stati Richard McCarthy e Carmelo Troccoli, rispettivamente presidente e direttore della World Farmers Markets Coalition, seguiti dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri, da Ettore Prandini e da Vincenzo Gesmundo, presidente e segretario generale della Coldiretti, a cui fa capo Campagna Amica. Intervenuta anche una vasta rappresentanza di istituzioni internazionali, dall'ambasciatore Usa alle Nazioni Unite Jeffrey Prescott ad Hans Hoogweveen responsabile Fao per l'alimentazione e l'agricoltura. Alla presenza di Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, è stato anche anche firmato l’accordo tra WorldFMC e Slow Food International sul tema “Giù le mani dalla dieta dei popoli”.

Il vicepremier Antonio Tajani ha sottolineato l'impegno del nostro Governo nel rapporto sempre più stretto con la filiera agroalimentare italiana ponendo la sicurezza alimentare tra i settori prioritari di intervento della cooperazione internazionale. «Soprattutto con l'Africa - ha detto- stiamo costruendo partenariati paritari in agricoltura, pilastri del piano Mattei, contribuendo allo sviluppo sostenibile delle filiere agroalimentare e limitare la malnutrizione. Ai Paesi di questo continente, come Egitto, Kenya e Tunisia, è stato destinato Il 70% del Fondo per il Clima che dispone di 840 mln di euro. Con la cooperazione sosteniamo i contadini per promuovere lo sviluppo di politiche locali del cibo sostenibili, resilienti di fronte al cambiamento climatico e rispettose delle tradizioni».

Vincenzo Gesmundo ha denunciato l'attività lobbistica delle multinazionali del food e anche la tendenza europea di considerano il cibo una commodity. «Spingono al consumo di cibi ultraprocessati o cellulari - ha detto - che secondo il rapporto dell'Oms uccidono milioni di persone. Già 120 scienziati Usa avrebbero infatti chiesto al governo di indicarne i pericoli sul packaging come sul tabacco. Inoltre, l’agricoltura italiana è ingiustamente accusata di inquinare. Eppure, le sue emissioni sono le più basse d'Europa». Tra i temi dominanti, il cambiamento climatico che nette a rischio le coltivazioni ma anche il contrasto alle povertà alimentare e le sfide allo sviluppo dell’economie locali. «In Italia - ha detto Ettore Prandini - abbiamo salvato il lavoro per più di 30mila imprese agricole sviluppando un valore all'interno della filiera superiore ai 4 miliardi e mezzo di prodotti venduti direttamente dai nostri agricoltori. Soprattutto abbiamo creato cultura, anche in termini di informazione, legata alla nostra biodiversità e distintività, con attenzione al tema dello spreco del cibo».

I cibi salvati dall’oblio

I tre giorni dell'assemblea sono stati anche l'occasione per conoscere, direttamente da chi li coltiva, i cibi salvati dall’estinzione nei Paesi più sviluppati e in quelli più poveri grazie allo sviluppo dei mercati locali di vendita diretta a chilometri zero, a difesa dell’economia, del lavoro, dell’ambiente e della biodiversità. Ne hanno portato piccole quantità, poco conosciute ma fondamentali per l'apporto nutrizionale alle popolazioni locali, come la Mashua, un tubero dalle proprietà antitumorali che si coltiva nelle regioni andine, le noci kenyote di Lamu, e l’australiana e aromatica Kunzea ottima per la preparazione di salse. Una patata danese, detta “tuorlo d’uovo” è gialla e particolarmente nutriente, come l'Adana topagi, una varietà di olive turche coltivate alle pendici delle catene montuose del Tauro. In mostra anche tante varietà autoctone di mais colombiano e la segale coltivata in Ucraina tra le difficoltà della guerra in corso. C’erano anche una sorta di aceto balsamico vietnamita fatto di piante fermentate e il sapone al latte di capra con menta piperita e rosmarino.

Ma sono emerse anche storie di riscatto sociale dei contadini, come quella di Dennis Andaye che per una malattia aveva bisogno di un nutrimento speciale per lui inaccessibile e ha decise di coltivare da solo i prodotti necessari creando un'azienda agricola o quella di Maria Isabel Balbuena di Santo Domingo che ha fondato una filiera del caffè di donne. Ma c'era anche il libanese Jean-Charles Khairallahdi, che dopo anni nel commercio tradizionale di alimenti ha realizzato Terres Gourmandes, un progetto agricolo in permacoltura.

«La nostra rete di Campagna Amica con i suoi 1.200 mercati contadini, il circuito più grande d'Europa, è diventata un modello mondiale - ha aggiunto Prandini - per un valore pari a 4 miliardi di euro e 15 milioni di consumatori coinvolti. Inoltre, gli acquisti diretti rispondono all'esigenza di genuinità, di freschezza dei prodotti e di garanzia sulla sicurezza alimentare. Premia, inoltre, una visione socio-economica che punta sul sostegno delle aree, alla conservazione del paesaggio e della biodiversità agricola e naturalistica». La regione con il maggior numero di farmers market è il Veneto, davanti a Piemonte, Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna. Nei giorni della manifestazione, con il contributo della Regione Lazio e dell’Arsial (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio) sono stati mostrati e degustati i prodotti tipici dell'agroalimentare regionale.

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Alberto Lupini


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