Wasabi, dalle origini alle trasformazioni occidentali
Una pianta perenne di origine giapponese che negli ultimi anni sta soffrendo a causa del cambiamento climatico. Presente ormai anche nella cucina occidentale, non la assaporiamo però nel suo sapore originale
Wasabi è il nome di una pianta perenne di origine giapponese, l’Eutrema japonicum o Wasabia japonica, chiamata anche ravanello giapponese. Appartiene alla famiglia delle Brassicacee, cugina del rafano e della senape, cresce spontaneamente in alcune regioni del Giappone in zone montuose fredde, con le radici nell’acqua. La difficoltà di coltivazione, i lunghi tempi di crescita, circa 2 anni, aggiunti al fatto che il condimento che si ottiene dal rizoma grattugiato perde in pochi minuti gran parte dell’aroma e delle proprietà organolettiche ha complicato la conservazione e le modalità di distribuzione, trasformando il wasabi in un vero e proprio cibo di lusso.
Coltivazioni e mercato in crisi
Le varietà più diffuse sono Daruma di color verde intenso e Mazuma più chiara e più piccante, ma ne esistono molte altre. L’80% del fabbisogno del paese viene dalla prefettura di Shizuoka, meno di duecento chilometri più a sud di Nagano, che nel 1998 ha ospitato i Giochi Olimpici Invernali). In quest’area viene coltivata su terrazzamenti la varietà Mazuma, quella più ricercata. Negli ultimi dieci anni la quantità di wasabi prodotto nella prefettura di Shizuoka è calata quasi del 55% a causa del cambiamento climatico e delle attività dell’uomo che hanno alterato le condizioni ideali in cui cresce la pianta.
La trasformazione in Occidente
La maggior parte del condimento commercializzato in Occidente, sotto forma di polvere da diluire o pasta, viene prodotto con il rafano (Armoracia rusticana), brassicacea simile come sapore ma facile ed economica da coltivare, al quale viene aggiunto del colorante verde ed, in certi casi, solo una minima percentuale di Wasabia japonica. Se diamo un’occhiata agli ingredienti del tubetto che troviamo al supermercato ci accorgiamo che la salsa contiene rafano ed il rapporto tra rafano e polvere di wasabi spesso non viene indicato.
Il composto che si ottiene ha un sapore abbastanza simile all’originale; il wero wasabi (hon-wasabi) ha un gusto piccante, ma meno bruciante e più profumato. Le piante del rafano possono essere coltivate più facilmente in tutto il mondo, elemento fondamentale in quanto diminuisce di molto il prezzo. Nei ristoranti dove si usa il vero wasabi si vedrà il cuoco grattugiare la radice, di colore verde pallido, con una tavoletta di legno ricoperta da pelle di squalo. Non è solo il rizoma ad essere commestibile: anche le foglie e le infiorescenze, che hanno un gusto più delicato e possono essere ottenute e raccolte facilmente anche in ambiente domestico, sono cucinate in svariati modi, fra cui fritte in tempura o conservate sotto aceto di riso.
Ricco di vitamina C, il wasabi stimola la digestione e, grazie alle sue proprietà antisettiche, è particolarmente indicato per essere consumato insieme al pesce crudo. È abitudine della maggior parte dei consumatori in Occidente sciogliere una piccola quantità di salsa verde nella ciotolina dove in genere si versa la salsa di soia: questo gesto serve a smorzarne il sapore pungente e, allo stesso tempo, conferire un gusto particolare, tra il salato e il piccante. Nell’ultimo decennio se ne sono diffuse coltivazioni in Nuova Zelanda e Australia, in Vietnam, in Cina nella regione dello Yunnan a Taiwan ed in Inghilterra nel Dorset.
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Alberto Lupini