Virus, la paura nel carrello Scorte per 4 italiani su 10

L’accaparramento dei generi alimentari è iniziato a febbraio (+8,2%), prima delle misure che hanno portato all’isolamento. Un comportamento pericoloso, che ha mandato in tilt il servizio di consegne a domicilio

07 aprile 2020 | 15:34
L’hanno definita “spesa di guerra” e i dati diffusi dall’Istat (e rielaborati da Coliretti) ora lo certificano: ad oggi in quasi 4 case su 10 (38%) gli italiani hanno accaparrato scorte di prodotti alimentari e bevande per il timore di non trovali più disponibili sugli scaffali a causa della pandemia coronavirus.

Una paura immotivata, visto che – anche in questo periodo di massima emergenza – la filiera alimentare è sempre garantita. Eppure i dati rilevano un aumento record della spesa alimentare dell’8,2% con punte del 9,6% per i discount alimentari e del 9,9% per i supermercati. Ad essere presi d‘assalto sono state anche le piccole botteghe alimentari, con un balzo del 5,3% delle vendite.

Carrello pieno per paura di restare senza cibo

«Si tratta di una tendenza che – sottolinea la Coldiretti in una nota – con l’avanzare della pandemia si amplifica a marzo con aumenti delle vendite degli alimentari che nel dettaglio tradizionale aumentano addirittura del 19% mentre le consegne a domicilio sono esplose con un balzo del 90%. Nonostante l’emergenza Coronavirus e gli inviti a restare a casa quasi 1 italiano su 3 (30%) non resiste nemmeno 72 ore prima di dover uscire per fare la spesa in negozi, supermercati e alimentari».

Il risultato è che nelle dispense sono stati accumulati soprattutto nell’ordine, pasta, riso e cereali (26%), poi latte, formaggi, frutta e verdura (17%), quindi prodotti in scatola (15%), carne e pesce (14%), salumi e insaccati (7%) e vino e birra (5%). Un comportamento pericoloso per la salute, per l’attesa nelle lunghe file, ma che favorisce le speculazioni dal campo alla tavola e anche gli sprechi di cibo in un momento delicato per le forniture alimentari del Paese.

Una situazione che mette sotto pressione il lavoro di oltre tre milioni di italiani ai quali è stato richiesto di continuare ad operare nella filiera alimentare, dalle campagne all’industrie fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione.

«Una realtà che allargata dai campi agli scaffali – continua la Coldiretti – vale 538 miliardi di euro pari al 25% del Pil grazie al lavoro tra gli altri di 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari e 230mila punti vendita in Italia, tra ipermercati (911) supermercato (21.101), discount alimentari (1716), minimercati (70081 e altri negozi (138.000)».  L’aumento esponenziale della domanda ha mandato in tilt il sistema di consegne a domicilio della grande distribuzione con un allungamento dei tempi e difficoltà per i cittadini con maggiori problemi ad uscire da casa.

Una esigenza che è stata colta dalle aziende agricole che hanno avviato appositamente la fornitura dei prodotti agricoli direttamente alle famiglie, senza intermediazioni. L’obiettivo della Coldiretti è garantire, soprattutto alle fasce più deboli della popolazione, a partire dagli anziani e dai malati, la spesa alimentare direttamente dai contadini con prodotti freschi e di qualità.

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Alberto Lupini


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