Il virus azzoppa i cocktail bar Per 1 su 2 perdite di oltre il 50%
La stima nei risultati di una ricerca della Guida BluBazeR. A preoccupare, oltre ai mancati introiti, l’affitto dei locali, la retribuzione del personale, la gestione dei fornitori e le rate dei mutui
15 aprile 2020 | 10:35
Un cocktail bar su due, in Italia, prevede per il 2020 una perdita di fatturato superiore al 50% a causa dell’emergenza coronavirus. È quanto emerge da un’indagine condotta dalla Guida BlueBlazeR ai Migliori Cocktail Bar d'Italia, app gratuita scaricabile sul sito www.blueblazer.it/app. Le atività sono chiuse e non c'è ancora una data certa per la riapertura, che sarà comunque graduale e con restrizioni mai viste prima.
La Guida ha sottoposto ai locali presenti nell’edizione 2020, un questionario per fotografare l’attuale condizione del settore, stimarne le prospettive economiche e proporre possibili soluzioni. Ad essere interpellati, oltre ai cocktail bar, anche bistrot-restaurant, hotel bar e i locali cosiddetti “speakeasy”.
Il dato più evidente mostra quanto l’emergenza del coronavirus pesi già adesso sul settore del cocktail bar, avendo la quasi totalità degli intervistati (99%) registrato segnali di crisi. In particolare, a preoccupare manager e proprietari sono, nell’ordine: canone di affitto delle strutture (70% degli intervistati); retribuzione del personale (67%); gestione dei fornitori (51%); oneri relativi a finanziamenti e mutui (45%).
Per quel che riguarda le previsioni per l’andamento del settore per l’intero 2020, il 56% degli intervistati ritiene che subirà un calo superiore al 50% del proprio fatturato. In particolare, il 23% delle persone interrogate, prevede di subire un danno superiore all’80% del proprio fatturato.
L’indagine ha inoltre evidenziato alcune differenze relative alla percezione del calo di fatturato, sia dal punto di vista geografico che dal punto di vista delle tipologie dei bar. A Roma, per esempio, emerge che il 90 % dei locali stima di avere un calo tra il 21% e l’80% del proprio fatturato. Mentre, oltre la metà (55%) dei bar di Milano immagina una perdita limitata fra il 21% e il 50% di fatturato.
Dal punto di vista di tipologia di bar, il 79% degli hotel bar stima un calo del proprio fatturato superiore al 50% (in particolare, il 32% superiore all’80%), mentre, il 77% dei cocktail bar prevede un calo compreso tra il 21% e l’80% (in particolare, il 48% limita la propria previsione di perdita tra il 21% e il 50%). Più in generale, il settore appare meno dipendente dal mancato afflusso turistico. Il 56% degli intervistati, infatti, quantifica l’apporto turistico al proprio fatturato, inferiore al 50%.
L’ultimo quesito dell’indagine chiedeva, attraverso una domanda aperta, quali possano essere gli interventi necessari per arginare la crisi. La quasi totalità dei manager e proprietari dei bar troverebbe necessario un deciso alleggerimento della pressione fiscale e un immediato accesso agevolato alla liquidità, premiando in particolare le società più virtuose o quelle che siano in grado di garantire la piena occupazione. Una delle proposte più condivise concerne la possibilità di favorire la produzione di distillati, vini, liquori e birre artigianali italiane, attraverso forme di riduzione delle imposte indirette. Un’altra delle risposte più frequenti, riguarda, infine, il riordino della regolamentazione del settore, anche atto ad arginare il lavoro sommerso.
Il drink Hulk Smashes realizzato dai Maestri del Cocktail (Giovanna di Lisciandro)
La Guida ha sottoposto ai locali presenti nell’edizione 2020, un questionario per fotografare l’attuale condizione del settore, stimarne le prospettive economiche e proporre possibili soluzioni. Ad essere interpellati, oltre ai cocktail bar, anche bistrot-restaurant, hotel bar e i locali cosiddetti “speakeasy”.
Il dato più evidente mostra quanto l’emergenza del coronavirus pesi già adesso sul settore del cocktail bar, avendo la quasi totalità degli intervistati (99%) registrato segnali di crisi. In particolare, a preoccupare manager e proprietari sono, nell’ordine: canone di affitto delle strutture (70% degli intervistati); retribuzione del personale (67%); gestione dei fornitori (51%); oneri relativi a finanziamenti e mutui (45%).
Per quel che riguarda le previsioni per l’andamento del settore per l’intero 2020, il 56% degli intervistati ritiene che subirà un calo superiore al 50% del proprio fatturato. In particolare, il 23% delle persone interrogate, prevede di subire un danno superiore all’80% del proprio fatturato.
L’indagine ha inoltre evidenziato alcune differenze relative alla percezione del calo di fatturato, sia dal punto di vista geografico che dal punto di vista delle tipologie dei bar. A Roma, per esempio, emerge che il 90 % dei locali stima di avere un calo tra il 21% e l’80% del proprio fatturato. Mentre, oltre la metà (55%) dei bar di Milano immagina una perdita limitata fra il 21% e il 50% di fatturato.
Dal punto di vista di tipologia di bar, il 79% degli hotel bar stima un calo del proprio fatturato superiore al 50% (in particolare, il 32% superiore all’80%), mentre, il 77% dei cocktail bar prevede un calo compreso tra il 21% e l’80% (in particolare, il 48% limita la propria previsione di perdita tra il 21% e il 50%). Più in generale, il settore appare meno dipendente dal mancato afflusso turistico. Il 56% degli intervistati, infatti, quantifica l’apporto turistico al proprio fatturato, inferiore al 50%.
L’ultimo quesito dell’indagine chiedeva, attraverso una domanda aperta, quali possano essere gli interventi necessari per arginare la crisi. La quasi totalità dei manager e proprietari dei bar troverebbe necessario un deciso alleggerimento della pressione fiscale e un immediato accesso agevolato alla liquidità, premiando in particolare le società più virtuose o quelle che siano in grado di garantire la piena occupazione. Una delle proposte più condivise concerne la possibilità di favorire la produzione di distillati, vini, liquori e birre artigianali italiane, attraverso forme di riduzione delle imposte indirette. Un’altra delle risposte più frequenti, riguarda, infine, il riordino della regolamentazione del settore, anche atto ad arginare il lavoro sommerso.
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Alberto Lupini
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