Vini proibiti, la storia di quelli banditi in Europa
In un libro, la raccolta e le vicissitudini di quei vitigni ritenuti vietati, soprattutto per l'alta percentuale di metanolo, lesiva del nervo ottico e delle cellule cerebrali
“Vino sconosciuto, o meglio, mal conosciuto. Non commerciabile, accusato di essere nocivo, oggetto di traffici, ma anche di culto. Condizione che riguarda, in realtà, un gruppo di vitigni, e vini, assai ampio”, così nella prefazione del libro "Vini Proibiti", Elisabetta Tiveron parla del Clinton, vitigno proibito in tutta l’Unione Europea per l’altissima concentrazione di metanolo, lesiva del nervo ottico e delle cellule cerebrali.
Dei vitigni proibiti poco se ne parla, nei manuali dei sommelier e degli assaggiatori di vino se ne fa un accenno, ricordando il testo di legge con il quale si vieta l’utilizzo di queste uve per la vinificazione a scopo commerciale senza spiegare molto di più, ma fanno parte della nostra storia alimentare. Senza saperlo almeno l’uva fragola la conosciamo per averla vista ed anche assaggiata, essendo spesso presente nelle pergole delle case in campagna, non solo una presenza decorativa, ma un’uva da tavola dal sapore dolce che viene utilizzata anche in alcune ricette della tradizione: dalla Caccia con l’uva fragola di tradizione toscana, ai budini di mosto d’uva Clinton della campagna veneta.
La storia delle proibizioni
In un momento in cui la ricerca sta cercando di ottenere vitigni con resistenze alle malattie con metodologie moderne, di cisgenesi e di genome-editing sarebbe interessante conoscerli più da vicino. La loro proibizione ebbe luogo molto tempo dopo l’introduzione in Europa degli ibridi americani utilizzati per sostituire i vigneti distrutti dalla trilogia parassitaria dell’Ottocento: oidio, peronospora e fillossera. La Vitis Labrusca con le varietà Concord, Niagara e Isabella o Uva fragola fu la prima e più importante specie utilizzata in Europa per tentare una difesa dalla nuove malattie giunte dall’America.
Nel volume scritto da Michele Borgo e Angelo Costacurta, con i contributi di Enos Costantini e Sergio Tazzer viene ricostruita la storia di questi vitigni che, soprattutto nei periodi di guerra, diventavano quasi alimenti per la sussistenza dato il loro basso grado alcolico, e che oggi stanno conoscendo un nuovo periodo di attenzione da parte degli appassionati. Un manuale di facile consultazione che comprende anche un ampio capitolo dedicato alle viti del nuovo mondo con i primi ibridi produttori diretti e quelli di seconda generazione. Interessante le storie letterarie che riguardano il nord-est italiano: si parla di Clinton con il romanzo "La casa sul fiume" di Bepi Orlandi, negli scritti dell’economista Fedele Lampertico, di Mario Soldati. Nelle Muse di Bacò il prof. Enos Costantini, studioso dei temi legati al mondo rurale, fa invece un’analisi sul versante friulano di quei personaggi che “invero sempre più rari nei nostri paesi, che hanno volti brùmbui, cioè paonazzi, a causa delle libagioni a cui non si sono sottratti".
"L’espressione - prosegue - viene dal nome di un vitigno che, pur essendosi fatto raro, tuttora adorna alcune delle nostre case, corti e bearzi. Ne deriva un vino dal carattere forte e di schiena robusta, non a tutti accetto, aborrito dagli enologi, ma parte della nostra storia alimentare, e quindi della nostra storia tout court e, si parva licet, almeno quanto le poesie di Zorutti, gli Alpini e la Democrazia Cristiana”.
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Alberto Lupini