La Camera ha votato a favore della legge che devia il traffico croceristico sul porto di Marghera. Che effetti sull'accoglienza? Claudio Scarpa (Albergatori veneziani): «Pronti a promuovere l'entroterra»
12 maggio 2021 | 18:56
Dopo 1.600 anni di storia,
Venezia è giunta a una soluzione sulla questione Grandi Navi. Con il sì espresso dalla Camera al decreto legge in materia di trasporti e disciplina del traffico croceristico nella Laguna (370 voti a favore
dopo il voto positivo al Senato), i vascelli delle
compagnie croceristiche non potranno più entrare nella città veneta passando per San Marco. Ma cosa significa tutto ciò per il turismo? «Le crociere sono molto importanti per Venezia, ma molto spesso la discussione è stata preda di radicalismi opposti.
Una soluzione alternativa c'è sempre stata. Ora bisogna farla diventare operativa», è il commento di
Claudio Scarpa, presidente di Ava - Associazione veneziana albergatori.
Cosa prevede la nuova legge? Approdo a Marghera
La nuova legge prevede da subito
il divieto per le navi da crociera di arrivare alla stazione marittima di Venezia passando per il bacino di San Marco e dal canale della Giudecca per sfilare davanti al centro storico della città.
Il nuovo percorso prevede l'attracco al porto industriale di Marghera. Per raggiungere la destinazione le navi dovranno percorrere il canale dei Petroli come suggerito dal sindaco della città lagunare, Luigi Brugnaro.
«Là si potrebbe poi costruire un terminal croceristico che potrebbe ospitare tre, quattro grandi navi lasciando libero accesso alla città alla piccola croceristica. D'altronde, bisogna sempre ricordare che questo settore coinvolge 5mila lavoratori e relative famiglie e sostiene un traffico turistico consistente. Tanto è vero che, al di là dello stato attuale delle cose fortemente impattato dalla pandemia,
il problema di Venezia semmai era l'overtourism», sottolinea Scarpa.
Scarpa: «Si aprono nuove possibilità per i territori circostanti»
Problema che lo spostamento dell'attracco a Marghera potrebbe riuscire a smorzare. «Quando arrivavano cinque, sei navi in un giorno potevano riversarsi sulla città 20-25mila turisti al giorno. Con questa soluzione c'è la
possibilità di distribuire maggiormente i flussi al contempo promuovendo e rilanciando altre mete; a partire dall'entroterra. Penso alle ville venete, all'itinerario palladiano e molto altro», racconta Scarpa. Cosa più difficile, invece, se le grandi navi fossero state deviate a Trieste o Ravenna.
Biennale e Salone nautico primi appuntamenti, poi spazio all'enoturismo
Insomma, la decisione certificata dal voto alla Camera, oltre a mettere fine a uno dei temi più dibattuti degli ultimi anni ha il merito di aprire nuove possibilità. Magari non subito, visto che Venezia in quanto città d'arte "soffre" la concorrenza delle vicine spiagge, sebbene qualcosa si stia già muovendo: «La scelta di tenere in presenza la
Biennale di Architettura e il
Salone nautico ci daranno la
possibilità di rodare i motori e presentarci pronti ai clienti che arriveranno per prendere parte a questi eventi. Leve da sfruttare per far ripartire le prenotazioni. Oltretutto, a partire
da metà giugno, se tutto va bene saremo in grado di vaccinare tutti i nostri dipendenti per offrire agli ospiti esperienze in strutture Covid-free», afferma Scarpa. L'idea è quella di affinare l'offerta per farsi trovare pronti in autunno e la prossima primavera. Magari
puntando sulla ristorazione: «Su sei stelle Michelin a Venezia, quattro sono detenute da ristoranti d'hotel. Questo per dire che è ora di smetterla con la tiritera che in albergo si mangia male. L'obiettivo, semmai, è quello di spingere ancor di più su questo aspetto
agganciando le possibilità offerte dal turismo enogastronomico», conclude Scarpa.