Venezia e le grandi navi Che farà Toninelli il 30 giugno?

Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva annunciato una soluzione entro il 30 giugno. Siamo fiduciosi, nella speranza che il “Governo del cambiamento” non sia uguale ai precedenti

24 giugno 2019 | 18:47
di Alberto Lupini
Denunciare la condizione del turismo a Venezia è un po’ come sparare sulla Croce Rossa. L’incoming della Serenissima è indifendibile, un po’ come un ospedale da campo sotto attacco aereo. Per tentare di controllare l’orda di barbari in infradito e con le mani unte di kebab o panini con il ketchup, il Comune gioca la carta di tornelli o tasse di ingresso, ma di controlli e sanzioni per chi non rispetta i delicati equilibri della città lagunare se ne vedono proprio pochi. E non si fanno neppure le cose più semplici, quelle capaci di migliorare i comportamenti collettivi: dare la multa (salata) a chi getta immondizia nei canali o nei vicoli o, cosa ancora più importante, sanzionare le pessime condizioni igienico-sanitarie di troppi esercizi pubblici, molti dei quali sarebbero da chiudere e buttare la chiave. L’esplosione di una finta cucina etnica e la possibilità praticamente per chiunque di fare somministrazione di cibo e bevande hanno creato nel tempo un’offerta ristorativa che penalizza i locali che puntano sulla qualità e la territorialità, che sono poi lo strumento più importante per soddisfare quel turismo enogastronomico che a Venezia, più che altrove, è marginale rispetto al proliferare di discutibili pizzerie al trancio o bar tavole calde.


Si stima che il turismo crocieristico valga circa 280 milioni di euro di incassi annui per i commercianti veneziani (foto: venetoeconomia.it)

Ma tutto ciò è ancora nulla rispetto al pericolo oggettivo rappresentato oggi dall’attività crocieristica. I flussi di visitatori giornalmente sbarcati a Venezia (non sempre peraltro così danarosi come si pensa...) sono certamente un plus per il turismo, ma stanno generando grandi preoccupazioni per i danni che un nuovo incidente navale potrebbe causare a livello di immagine. Parliamo di un’attività che secondo le stime de Il Sole-24Ore dovrebbe valere circa 280 milioni di euro di incassi annui per i commercianti veneziani. Un importo a cui la città non può rinunciare, ma che comporta rischi e costi ambientali forse superiori.

Nonostante la tragedia sfiorata il 2 giugno scorso, le gigantesche navi da crociera continuano infatti ad attraversare il Canale della Giudecca per un “inchino” a San Marco e i politici polemizzano su soluzioni da adottare. Progetti che in qualunque caso richiederebbero degli anni per essere attuati e che proprio per i tempi lunghi, ironia della politica italiana, sono continuamente fatti slittare. Invece di fare in fretta, come si dice, le istituzioni allungano il brodo, accendendo magari qualche cero a Santa Lucia sperando che 95mila tonnellate di acciaio non si schiantino contro Santa Maria della Salute o sul Palazzo Ducale...

Eppure, 7 anni fa il vituperato Governo Monti aveva bloccato l’accesso alle navi sopra le 40mila tonnellate imponendo all’autorità che gestisce il porto di trovare in fretta una soluzione. Nulla è stato fatto, anche per colpa del solito Tar che ha riammesso in laguna le grandi navi. Si parla ora di nuovi canali da tracciare evitando di entrare in città; di spostare le navi più grandi a Marghera, dove ci sono le petroliere; di un nuovo porto a Chioggia (per rovinare così anche questa piccola cittadina) o di scali alle bocche sulla laguna della struttura del Mose. Non essendo tecnici non abbiamo soluzioni, ma una cosa è certa: le navi da crociera non devono più arrivare a San Marco. Il Ministro Toninelli aveva garantito che entro il 30 giugno avrebbe dato l’indicazione precisa su cosa fare. Attendiamo con ansia il rispetto di questa data anche se ci è francamente difficile essere ottimisti. Se poi il 1° luglio passerà senza alcuna novità saremo tutti autorizzati a dire che il Governo del cambiamento è purtroppo uguale a tutti quelli che lo hanno preceduto.

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